Nuovi italiani al Pd Parioli

da sinistra Fermariello, Sarubbi, Ciraolo

Tempo di bilanci sulla cittadinanza alla vigilia del compleanno di Roma con un incontro sui diritti dei nuovi italiani, con la moderazione di Giuseppe Ciraolo, coordinatore dei Giovani democratici Parioli.

Andrea Sarubbi, deputato Pd e già promotore insieme all’on. Granata della proposta di legge per allargare la cittadinanza ai nati in Italia, ha portato un sostanziale quadro pessimista dello scenario politico italiano. “Purtroppo il mio lavoro è raccontarvi come stanno le cose e fare un quadro veritiero della situazione in parlamento. Allo stato attuale delle cose, pur con un ministro come Riccardi nel governo, dobbiamo prendere atto l’esecutivo è cambiato ma il parlamento è rimasto lo stesso di prima”. La proposta di legge non è mai riuscita ad andare avanti a causa del voto traverso della Lega. “Anche adesso il Pdl è freddo sulla materia visto che non si sa ancora quali equilibri si giocheranno alle prossime elezioni. Finché non sarà chiaro se si tratta di un alleato il Pdl non prenderà posizioni chiare in merito”. Nonostante l’inerzia della classe politica, i dati fanno riflettere. Rispetto i 3000 bambini stranieri che nascevano in Italia nel 1991 oggi se ne contano 78 mila. Il che già nel 2001 – ricorda Sarubbi – era evidente, visto che il secondo cognome più diffuso a Milano è Hu. “Sia la Germania che gli Stati Uniti hanno affrontato un tipo di migrazione che ha cambiato aspetto. Non più transitoria ma stanziale. Il Bracero Program nacque in America per aprire le porte ai lavoratori messicani. Oggi il 15% della popolazione statunitense è formata da ispanoamericani. Allo stesso modo i turchi sono entrati nella Germania del dopoguerra come “ospiti lavoratori”. Quello che questi paesi non capirono allora è che cercavano braccia, ma sono arrivate persone. La situazione in Italia è la stessa. L’immigrazione stanziale è un dato di fatto, che piaccia o no. La politica deve capire se governarla o subirla, ma non si può fingere che non esista”.Una soluzione al problema, secondo Sarubbi, sarebbe “slegare la questione della cittadinanza dalla legge che porta anche il mio nome. Sarebbe stato un orgoglio per me portare a compimento questa battaglia personale ma non è il momento. Adesso bisogna legare la cittadinanza ai bambini per fare in modo che abbia qualche chance in parlamento”.

Stefano Bellu, dei Giovani democratici Roma, racconta animatamente di quali e quante difficoltà e discriminazioni le seconde generazioni siano costrette ad affrontare. Dal non essere liberi di andare fuori corso all’università al non poter giocare nelle squadre di calcio. “Se quantomeno il percorso di regolarizzazione potesse cominciare prima, intorno agli otto anni, tutto sarebbe molto più semplice. Ottenere la cittadinanza ai diciotto anni, spesso, si trasforma in un calvario con le lungaggini della burocrazia che non è possibile tollerare.

Carla Fermariello, avvocato della cooperativa sociale Befree, porta l’accento sulla tragica situazione dei Centri per l’identificazione e l’espulsione. “Si tratta di vere e proprie strutture di sospensione del diritto” dice. Lavorando nel Cie di Ponte Galeria, l’avvocato ricorda come quindici giorni siano sufficienti per procedere all’identificazione di una persona. “Eppure adesso la permanenza nei Cie supera, a volte, i 18 mesi. Molte volte donne nigeriane, o cinesi vengono fermate in mezzo alla strada e portate nei Cie senza essere in grado di avvisare nessuno. Neanche i figli che hanno lasciato a casa. Se una volta i Cie erano strutture funzionanti adesso si sono allineate alla direttiva Bossi e tutta la macchina amministrativa funziona al solo scopo del rimpatrio. Anche per noi professionisti le informazioni sono così vaghe che il nostro lavoro è fondato su favoritismi personali e sui rapporti con lo staff. Nel Cie di Ponte Galeria non ci sono criminali, ma vittime”.Per l’associazione Befree, che da 30 anni lavora a Ponte Galeria, la situazione è al collasso anche nel merito delle cooperative ed associazioni che lavorano nel settore “I Bandi per le associazioni si sono drasticamente accorciati a volte anche a sei mesi. In questo modo è impossibile fare una programmazione e le buone pratiche finiscono per passare inosservate e depotenziate”.

Davide Bonaffini3 Maggio 2012