Nessuno sceglie di essere rifugiato

Per i rifugiati l’alternativa è tra l’orrore e qualcosa di peggio. La giornata mondiale a loro dedicata dalle Nazione Unite, il 20 giugno, è stata quest’anno improntata sul tema del dilemma, “come condizione imposta tra due alternative indesiderabili, rischiare la vita ed effettuare dolorose rinunce. In certi casi non ci si può sottrarre”, spiega Laurens Jolles, delegato dell’Unhcr per il sud Europa, intervenuto alla conferenza organizzata alla Casa del Cinema, dove nel pomeriggio sono andate in onda le proiezioni dei film “Terraferma” di Emanuele Crialese, “Il volo” di Wim Wenders, “Mare chiuso” di Andrea Segre e Stefano Liberti e “Il villaggio di cartone” di Ermanno Olmi.

Secondo il rapporto statistico dell’Unhcr nel 2011 si è toccato il numero più alto di rifugiati nel mondo dal 2000, ben 800 mila. La cosa meno nota è che di questi, quattro su cinque chiedono asilo in paesi limitrofi a quelli di provenienza, non è l’Europa la meta più ambita, anzi è il Sudafrica ad attirare maggiormente, con 107 mila domande negli ultimi dodici mesi. Nel nostro continente è la Germania ad ospitarne il maggior numero, con oltre mezzo milione, dieci volte più dell’Italia, al quarto posto nonostante l’impennata di sbarchi dovuti alla cosiddetta “primavera araba”.

“Lo sforzo da fare è di provare empatia, comprendere le ragioni dei rifugiati”, prosegue Jolles, “gli effetti dolorosi restano anche dopo l’espatrio, dovuti alla fuga, i rischi, le condizioni estreme, i lunghi viaggi”. Solo di ieri la notizia di sette dispersi nel canale di Otranto, ma si stimano in 1500 i partiti e mai arrivati dalla Libia nell’ultimo anno, nonostante l’impegno dei corpi di salvataggio. “Lampedusa deve tornare ad essere dichiarata porto sicuro, per non rallentare queste operazioni. Gli obblighi degli Stati vanno rispettati anche in alto mare, secondo la Convenzione di Ginevra e la Carta Europea dei diritti dell’uomo”. Il mancato inserimento di accordi sui respingimenti nei nuovi trattati con il governo di Tripoli è dunque per Jolles “un’opportunità persa”.

La prima accoglienza In Italia si è fatto molto affinché tutti ricevessero una sistemazione, “ma sempre in condizioni di emergenza nazionale. È una prassi che andrebbe superata, serve flessibilità per affrontare arrivi più consistenti delle normali capacità di capienza”. Così come andrebbe strutturato un sistema di inserimento lavorativo per colmare gli svantaggi con i nostri concittadini: “in alcuni comuni è difficile ottenere la residenza e il riconoscimento degli studi è limitato”.

Fiorella Mannoia posa con la t-shirt della campagna Unhcr

Cinema, musica, spettacolo vicini al problema Fiorella Mannoia, testimonial italiana della campagna, si è avvicinata a queste tematiche in dopo la lettura del libro Terroni di Pino Aprile, che apre una diversa prospettiva storica su come i problemi del Mezzogiorno dall’unità d’Italia ad oggi siano dipesi dallo sfruttamento delle risorse da parte del nord, questione che può essere allargata al mondo intero: “Sudamerica e Africa sono state e continuano ad essere saccheggiate dall’Occidente, le cui politiche condizionano ogni scelta in questi continenti”. Di molte storie è venuta a conoscenza grazie a contatti con musicisti senegalesi e del Burkina Faso: “bastano poche domande per sapere chi sono e da dove vengono, cosa fanno per vivere, dove si trovano le famiglie. La paura del diverso  può anche essere un sentimento umano, ma troppo spesso è stata cavalcata per fini elettorali”. Ermanno Olmi, regista de “Il villaggio di cartone”, auspica il giorno in cui “tutti i popoli diverranno uno. Per realizzare il progetto servirà la volontà di aprire la porta agli altri. Questa giornata è importante, ma già da domani non ci sarà lo stesso calore partecipativo, per cui bisogna chiedere scusa a questa gente”. “La Rai deve essere presente, cercare di far capire l’importanza non solo delle informazioni ma anche della comunicazione”, si unisce al coro Carlo Romeo, direttore del segretariato sociale della tv pubblica. “Bisogna puntare al cuore del grande pubblico”.

Il ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione Andrea Riccardi

La politica del governo La giornata è per Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione, non solo spunto di analisi partendo da dati e statistiche, ma soprattutto possibilità di incontro con l’umanità dei rifugiati. “Ho ascoltato il racconto di chi ha lavorato negli accampamenti dei profughi in Mozambico, noi crediamo che tutti vengano in Europa ma invece una delle principali destinazione è il Sudafrica”. L’obiettivo è far sì che il Mediterraneo non sia più una tomba per migliaia di persone, oltre 20 mila dal 1988 secondo i dati di Fortezza Europa, 2352 nell’ultimo anno, ma torni ad essere “un mare d’approdo. È la cultura che intendiamo promuovere nel nostro paese, secondo i principi della Costituzione, evitando allarmismi. Dobbiamo prenderci le responsabilità nei confronti di chi ha diritto a chiedere asilo nel territorio italiano. Non ci saranno più respingimenti indiscriminati”, in riferimento alla condanna subita dall’Italia lo scorso febbraio dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo per la violazione dell’articolo 3 sui Diritti Umani, frutto di accordi tra il precedente governo Berlusconi e la Libia di Gheddafi, sostanzialmente immutati dopo gli incontri tra il ministro dell’Interno Cancellieri e il pari ruolo Fawzi Al Taher.

Gabriele Santoro(21 giugno 2012)

http://www.youtube.com/watch?v=B3JuBN1zxBA