
Per cinque giorni, dall’Auditorium all’Isola Tiberina, L’Estate Giapponese 2012, promossa dall’Ambasciata del Giappone, unita al primo Japanese Music Fest, ideato dalla Fondazione Musica per Roma, ha coinvolto la capitale con la sua musica e la sua cultura. Dal 9 luglio l’inaugurazione con due mostre, ancora in corso fino al 29 luglio 2012 presso lo spazio AuditoriumArte e il corridoio del Foyer Petrassi, in cui tradizione e innovazione si sono incontrate: l’arte contemporanea della multimedialità e della calligrafia.
*Candy Factory Projects. Takuji Kogo è un artista giapponese che iniziò la sua carriera con la fondazione di una galleria alternativa a Yokohama, che oggi sotto il nome di *Candy Factory Projects, sviluppa progetti collaborativi online o in spazi espositivi. Una sorta di piattaforma multimediale che indaga i processi di stagnazione dell’economia globale. A Roma presenta due installazioni: la prima è “invisibile”, entrerete nella sala bianca dello spazio AuditoriumArte e ciò che sentirete è l’opera: Online Ads, brani musicali originali creati collezionando frammenti di informazioni mediatiche.
NON_SITES. Nella sala interna, dietro le tende, sono proiettati in loop per una durata di circa 20 minuti, una collezione dei NON_SITES, ricerca visiva evidentemente ispirata ai Nonluoghi dell’antropologo francese Marc Augè, che negli anni ’90 definì così tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. Fanno parte dei nonluoghi sia le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni (autostrade, svincoli e aeroporti), sia i mezzi di trasporto, i grandi centri commerciali, i campi profughi… Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione sospinti dal desiderio frenetico di consumare, di accelerare le operazioni quotidiane o come porta di accesso a un cambiamento (reale o simbolico). I nonluoghi sono prodotti della società della surmodernità, incapace di integrare in sé i luoghi storici confinandoli e banalizzandoli in posizioni limitate e circoscritte alla stregua di “curiosità” o di “oggetti interessanti”.

Una serie di foto-sculture, caleidoscopi digitali realizzati con scatti in sequenza, tratti da momenti di vita quotidiana in ambienti standardizzati, dai ristoranti fast-food ai centri commerciali. I movimenti sempre più vicini, frenetici e ripetuti, oltretutto specchiati, fanno sì che perfino un sorriso suggerisca una certa inquietudine. Un uomo che parla da solo mille volte, un ragazzo che mangia patatine, beve Cocacola o versa la salsa sul suo cibo da fast food mille volte. Mentre scorrono marche di prodotti mescolate a icone in plastica, Prada e Dior tra Elvis e Marilyn. Soprattutto si rappresenta “la schiavitù da video”: chi scrive messaggi o guarda il cellulare mille volte, il bambino o la signora anziana che giocano mille volte alle macchinette dentro una sala giochi ipnotica. Chi è fermo è solo chi dorme nel caos, per terra dentro un aeroporto o riverso su un tavolo in un fast food che prepara zuppa di organi di maiale. E chi ha gli occhi puntati verso l’alt(r)o. Ma il suggerimento è chiaro: lì su c’è una televisione. Il lavoro più recente di Kogo è su Kitakyushu Biennial – Art online, una continuazione di questi progetti dove è possibile avere un assaggio dei NON_SITES.

L’arte, prima antica e poi contemporanea, della calligrafia è “un flusso vivo che si effonde dall’intimo dell’autore verso l’esterno” dice Ikuyo Toba, pittrice giapponese, trasferitasi a Roma nel 1959 con il marito e pittore Sho Chiba, dove ha aperto una scuola di pittura e ikebana, l’arte giapponese della disposizione dei fiori recisi – “il calligrafo è davanti alla carta in una situazione emotiva di estrema concentrazione e dal momento in cui poggia il pennello a quando lo solleva il senso ritmico determinato dal tocco in apertura, il suo orientamento, la velocità, la pressione, decide del destino dell’opera. Non ci sono correzioni. Per perfezionare una calligrafia l’autore, portando all’estremo la propria emotività, ripete la creazione sino a che non ne è soddisfatto; cinquanta, cento volte e di esse una è l’opera che verrà mostrata in pubblico.” Le creazioni scelte sono molto evocative, 10 stampe per 10 parole che rappresentano, davvero come fossero disegni, la tranquillità Ke, l’esistenza Sonzai, il vento Kaze, avvolgere Tsutsumu, la complementarità Dekoboko, la capacità di comunicare con immediatezza nella sfera spirituale Nenge mi shyo.
Anche l’Isola Tiberina il 9 e 10 luglio ha offerto i suoi spazi cinematografici per degustazioni di Fujinomiya Yakisoba – gli spaghetti del Monte Fuji, saltati alla piastra con il cavolo – e Sake, il famoso liquore di riso, mercatini, dimostrazioni di Kendo – letteralmente “La via (dō) della spada (ken)”, arte marziale evolutasi come versione sportiva delle tecniche di combattimento con la spada katana anticamente utilizzate dai samurai; e Aikido – una disciplina psicofisica giapponese praticata sia a mani nude sia con le armi bianche tradizionali del Budo giapponese che significa “Via che conduce alla cessazione della guerra attraverso il disarmo”.

E ovviamente i film. Soprattutto un’anteprima, Confessions (2010) di Tetsuya Nakashima, vincitore di 8 premi e 14 nomination, tra cui il Japanese Academy Award, l’Hong Kong Film Award e l’Udine Far East Film Fest, in uscita in Italia in autunno, un intenso thriller psicologico di un’insegnante, madre single in lutto, che si trasforma in una vendicatrice a sangue freddo che medita un complesso piano per far pagare ai responsabili l’uccisione della figlia. Un film forte che rivela una profonda analisi sulla figura della madre, sofferente, che abbandona, impazzisce o vendica, in un inedito rapporto conflittuale con i propri figli, con la consueta tendenza giapponese a esaltare le emozioni negative per una regia a incastro, veramente notevole.

Chiude l’Estate Giapponese, il Japanese Music Fest all’Auditorium. Dopo Shusuke Kimura e Etsuoro Ono con un concerto di tsugaru-shamisen, strumento a corde suonato con un grosso plettro, su brani tradizionali rinnovati nel blues e TsuguKaji-KOTO, duo al femminile che suona il koto a 13, 17 e 25 corde su repertori vecchi e nuovi, un concerto unico nel suo genere con la GOCOO Tokyo Tribal Groove Orchestra. Nello scenario sempre suggestivo della Cavea, una vera e propria orchestra di percussioni composta da 7 donne e 4 uomini per 40 taiko, i tamburi giapponesi, un gong e altri strumenti o oggetti improvvisati tali, come quando “il primo tamburo”, una bellissima e carismatica “strega tribale” sotto il nome di Kaoly Asano, suona una melodia che sembra venire da lontano, con una conchiglia di quelle tortuose, giganti. Anche loro, nati nel 1997 a Tokyo, prendono spunto dal repertorio tradizionale per spaziare in tutti gli stili, dall’Oriente all’Occidente, oltre gli obblighi rituali: basti vedere la predominanza femminile e la contaminazione di altri generi, dal rock all’elettronica. Tra gli autori della colonna sonora di Matrix Reloaded e Matrix Revolutions – Teahouse e Tetsujin con Juno Reactor -, i loro concerti – proprio da Roma è iniziato l’Europe Tour 2012 tra Svizzera, Germania, Ungheria, Portogallo, Francia e Belgio – sono un vero spettacolo che unisce i ritmi tribali ai movimenti danzanti, perfettamente sincronizzati, di tutti i componenti. I musicisti, uno dopo l’altro, emergono da dietro i tamburi come apparizioni in un crescendo che arricchisce il suono dirompente dei taiko. In occasione del tour, tra loro c’è anche Goron, l’unico musicista senza percussioni, interprete di una serie di strumenti curiosi, dal didgeridoo – luminoso!, “strumento del vento” di origine australiana – a un piccolo strumento a corda di sua fattura costruito in legno 27 anni fa durante un viaggio in India: suona solo, cantando, una canzone mistica conosciuta in Giappone, una sorta di preghiera per i bambini, che “voglio dedicare a tutti i bambini del mondo, alle generazioni future”. Un’altra melodia tradizionale eseguita con un altro strumento a fiato, simile al flauto per forma, allo scacciapensieri per suono, ma con la potenza di una chitarra elettrica: è il suo fiato a modulare il timbro fino a profondità inaudite.
Alice Rinaldi
(13 luglio 2012)
Un assaggio di GOCOO presso la Cavea dell’Auditorium di Roma