Il sole cocente splende sulla Grande Moschea di Roma per il penultimo giorno del ramadan. Fuori dai cancelli, numerosi fedeli si soffermano a parlare passeggiando tra le bancarelle, ricche di dolci e bevande, nonostante il periodo di digiuno. Abdel Latif Chalikandi, studioso ed esperto di sharia, si è recato, come ogni venerdì, alla moschea, per pregare. “Oggi, è un giorno importante. L’ultimo venerdì del mese di digiuno, per questo ci sono tante persone. Di solito siamo meno”. Passato il cancello, sono molti gli uomini e le donne mussulmani che si apprestano ad entrare. Prima di poter varcare la soglia della moschea è necessario compiere le abluzioni, ovvero un rito di purificazione, che prevede il lavaggio di mani, piedi e viso. Dopo essersi accuratamente pulito, Abdel sale le scale per giungere nella grande sala della moschea, dove si svolgono le preghiere. “ Meglio posare le scarpe vicino a dove siamo, più di una volta le hanno rubate”.Una leggera luce filtra dalle fessure che si trovano sul soffitto, più che sufficiente per illuminare la sala. L’immam, sale sul minbar, un pulpito interamente fatto in legno, e inizia a parlare. “ E’ un discorso che non deve per forza avere carattere religioso, spesso può toccare temi etico politici, o che riguardano la comunità”spiega Abdel. La stanza continua a riempirsi, l’ora della preghiera si avvicina. Gli uomini si dispongono nel centro, mentre donne e bambini si trovano per lo più sui lati. Una volta terminato il discorso l’immam inizia a recitare il corano. La preghiera, come tutti i riti religiosi dell’Islam, non dura più di dieci minuti, ma l’intensità dei volti e dei gesti dei fedeli racchiudono la forza e l’energia di questo credo. Terminato il rito, molte persone escono dalla sala ma più di qualcuno rimane per pregare ancora.” Nell’Islam molte preghiere sono volontarie e non obbligatorie, per questo si resta anche dopo la cerimonia ufficiale.” La moschea, tuttavia, non è solo un luogo di preghiera. Le varie comunità, si incontrano e utilizzano queste occasione per tenere vivi i rapporti e per socializzare. Così si conoscono tante storie e tante opinioni sul significato di questo periodo e dell’Islam in generale. Alvaro D’Ottavi è un mussulmano italiano di ottantacinque anni, che, nonostante il periodo di digiuno, e il caldo opprimente dell’estate romana, non rinuncia a pregare in moschea. “ Sono 15 anni che mi sono convertito. Da molto tempo ero in cerca di Dio, e finalmente l’ho trovato.” Romano verace Alvaro è nato in una famiglia cristiana di Trastevere che ancora oggi si stupisce della sua scelta. “Di solito i miei parenti mi chiedono preghi cinque volte al giorno? Ma come fai! Io cerco di spiegare loro che per me non è assolutamente un peso, anzi mi sento migliore da quando ho scoperto l’Islam. In particolare questo periodo di digiuno l’ho vissuto sin dalla prima volta come una novità, uno stimolo per accrescere la mia spiritualità. Ogni venerdì prendo la macchina e vengo qui per pregare. Anche in questi giorni, che l’ho dovuta portare dal meccanico, mi sono fatto forza e sono riuscito a venire, non potevo mancare”
Adriano Di Blasi
(21 agosto 2012)