FGM, quando il problema diventa europeo

il logo della campagna europea End Fgm

Si è svolto tra tante informazioni su leggi e iniziative, con qualche “scontro” tra definizioni e intenti, il gruppo di lavoro tra Governo, Regioni e Associazioni – il 18 ottobre 2012 presso la Sala Capitolare del Senato – sul tema della prevenzione delle MGF, le Mutilazioni Genitali Femminili, sottolineando gli impegni per l’Italia e l’Europa.Il gruppo di lavoro parlamentare ha aderito alla campagna END FGM – promossa da Amnesty International Ireland con la rappresentanza di Christine Loudes, coordinatrice, e Aidos, attiva dal 2010 – che, curiosamente adotta come logo di forte impatto visivo un fiore cucito come quello ideato nello stesso anno dall’artista romano Jacopo Rinaldi e che Piuculture aveva successivamente diffuso tramite l’articolo “Un taglio alle Mutilazioni Genitali Femminili” che presentava proprio un’iniziativa Aidos svoltasi presso l’Angelo Mai di Roma.La campagna, raccontata da Carlotta Sami, direttrice di Amnesty International Italia, intende far ricadere nell’ambito una serie di altre pratiche simili che si traducono in una “forma di controllo” sulle donne, come gli aborti e le sterilizzazioni forzate. Dal 2010 “la campagna ha adottato un approccio artistico e creativo” che ha toccato tanti paesi, dal Portogallo a Cipro: “abbiamo raccolto firme a sostegno su petali di rosa: 42mila fino a oggi e il numero più elevato si è registrato in Italia. Qui, la fashion designer Ilaria Venturini Fendi, che descrive la pratica come “un’ignobile barbaria, una tragedia”, ha ideato una borsa ottenuta da una zanzariera per raccoglierli tutti.

L’opera “Undo” (2010) ispirata alle MGF dell’artista romano Jacopo Rinaldi

“Quando le donne subiscono, subisce tutta la società”. Citata una frase di Tawakkul Karman, giornalista yemenita premio Nobel per la Pace nel 2011, il Ministro degli Esteri, Giulio Terzi, sottolinea che la lotta alle MGF “è un imperativo del mio Ministero” e questo è un buon momento perché sulla questione “l’Italia sta mantenendo il ruolo di coordinatore europeo e di best practice” – dal 1 luglio 2014 gli spetterà anche la Presidenza di turno al Parlamento Europeo – “che ha permesso l’approvazione, il 14 giugno del 2012, di una risoluzione UE, con 564 voti a favore, sull’abolizione delle MGF, definite “un atto di violenza nei confronti delle pratica, ma è necessario dar loro un beneficio pari a quello spazio sociale, nuovi poteri o nuovo consenso. Altrimenti non avremo successo, facendo anzi altri danni. Spero che la risoluzione dell’Italia e dell’Unione Europea tenga conto del rispetto dei diritti umani e della donne”.

 

Dov’è finita la Primavera Araba? “L’Egitto per esempio vuole eliminare tutte le leggi pro donne che il regime precedente di Mubarak aveva comunque stabilito”. I resoconti della commissione costituente, composta per la maggioranza da Salafiti e Fratelli Musulmani, che proprio in questi giorni sta discutendo la nuova Carta, sono effettivamente preoccupanti, volendo imporre una serie di norme che vanno dall’abolizione del midonne e un abuso sui minori che non può in nessun caso essere giustificata nel rispetto di tradizioni culturali”, prevedendo sanzioni efficaci contro i responsabili.Con best practice italiana il ministro intende riferirsi alla Legge 7/2006 che definì per la prima volta le MGF reato da codice penale, non mancando anche da parte sua definizioni  forti come “modo orrendo che va contrastato e sradicato”. Roberta Angelilli, vicepresidente del Parlamento Europeo, sottolinea che è fuorviante pensare a un problema solo africano: “il problema è anche europeo nel momento che le MGF ricadono tra i motivi di richiesta di asilo”, per questo dal 2006 è previsto “il ritiro della licenza ai medici che la praticano”.Rita Ghedini, senatrice Pd, presenterà al Senato una mozione presentata alla Camera dal suo partito, che “impegna il Governo a promuovere e sostenere a livello nazionale e internazionale tutte le iniziative atte a far sì che la 68esima Assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una risoluzione per la messa al bando a livello globale delle MGF”.

Tawakkul Karman, la giornalista yemenita premio Nobel per la Pace nel 2011

Non “messa al bando” ma “abbandono”. Ma Daniela Colombo, che nel 1981 fondò Donne per lo sviluppo (Aidos), dice di fare attenzione alla “messa al bando”: è troppo facile parlare di pratiche “primitive”. “Tagliare una figlia è darle quel piccolo spazio sociale che spesso è l’unico concesso alle donne. Potremmo far passare la durezza di alcune leggi o della religione quando è quella che prescrive la nimo di 18 anni per il matrimonio delle ragazze alla depenalizzazione delle mutilazioni genitali femminili, da considerare una “questione privata”, dalla non perseguibilità per molestie sessuali (“stiano a casa”) alla cancellazione “della parità dei diritti tra i sessi”, perché “anti-islamico”. Ma dopo il bel fermento della cosiddetta Primavera Araba, anche altri paesi, come la Tunisia, stanno prendendo una strana piega. Sarà forse che molte donne hanno contribuito a questa primavera?

Una donna egiziana grida slogan che criticano l’assemblea costituente dominata dagli islamisti mentre le compagne sorreggono cartelli in arabo con su scritto “No alla Costituzione che mi impedirà di lavorare, no all’articolo 36”, durante le proteste al Cairo del 2 ottobre 2012 (Foto da The Washington Times – Credit to AP Photo/Nasser Nasser)

Fortunatamente il Ministero della Salute e quello delle Pari Opportunità sembrano avere questa “visione più simbolica” delle MGF. “Non vi preoccupate”, rassicurano, “continueremo le audizioni con le associazioni che meglio conoscono queste specificità culturali” che possono portare a problematiche inaspettate. Michele Palma, direttore dell’ufficio del Dipartimento delle Pari Opportunità che si occupa di interventi sociali, traffico umani, minori ecc., conferma l’attuazione della piattaforma di Pechino del 1995, sui diritti umani delle donne: “almeno con i diritti umani non siamo indietro”. La Commissione MGF voluta inizialmente dall’allora ministra delle Pari Opportunità sotto il Governo Prodi, Barbara Pollastrini, “è stata sempre riconfermata. Anche l’attuale ministra Elsa Fornero conferma l’orientamento, ma dobbiamo superare la spending review: abbiamo fatto richiesta di rifinanziamento per la legge 7/2006 di 3 milioni di euro per il 2014. Le nostre proposte sono: creare una rete, un bando per progetti che affrontino il problema, come stiamo facendo con la tratta e la violenza di genere, (in)formazione e sensibilizzazione. In questo quadro ricade la firma della Fornero, il mese scorso, della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e lotta contro la violenza sulle donne”, nota come Convenzione di Istabul.

Le varie tipologie di MGF diffuse in Africa (soprattutto in Guinea, Somalia e Djibouti) – da una pagina del Vademecum MGF della Regione Lombardia

Maria Grazia Privitera, della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, sottolinea il “peso del contesto”: secondo l’Oms questi “interventi culturali non terapeutici” riguardano per il 90% l’escissione e per il 10% l’infibulazione. Dal 2007 il Ministero della Salute ha pubblicato delle Linee Guida, che aiutino a capire ogni aspetto lesivo della pratica, “dalla perdita della bellezza del parto al dire loro che non saranno donne migliori se mutilate”. Ricognizioni annuali sul fenomeno e servizi sul territorio nazionale sono disponibili sul sito del Ministero, nella sezione Salute delle Donne. La sensibilità delle associazioni sembra davvero imprescindibile a sentire parlare la Colombo sullo storico dell’Associazione Aidos: “ci siamo commosse quando nel lontano 1988 presso la Sede del Parlamento somalo a Mogadiscio una poetessa lesse dei versi sul dolore femminile e c’eravamo quando nel 2005 fu firmato il Protocollo di Maputo sui diritti delle donne africane”. Ma oggi si respira una certa “titubanza sul piano programmatico con le Regioni perché vorremmo sapere come vengono spesi i soldi. E poi dove sono le associazioni del Lazio? E cosa ha fatto la Regione?”L’assenza del Lazio a Roma, colpisce non poco: c’è la Lombardia con Maryan Ismail di Adir, Associazione Donne In Rete, italiane e somale, per lo sviluppo e la pace, con sede a Milano, che sfruttò i finanziamenti realizzando “un Vademecum sulle FGM per operatori sanitari e scolastici, perché solo in Europa ci sono 18mila donne a rischio, in Italia 3mila”. C’è Saida Ahmed Alì, dalla Somalia, del Centro Studi Africani di Torino, collegata al Progetto Aurora – “percorsi di consapevolezza e azioni di prevenzione alle MGF” – della Regione Piemonte insieme ad Ahmed Faghi Elmi dell’Associazione Sagal – “aurora in somalo” – promotrice dello stesso progetto in Friuli. La percentuale di Saida fa ancora più paura: “il 98% delle donne somale sono mutilate o mutilatrici, forse oggi il numero è troppo alto, perché  la Somalia, che è uno stato federale, sta lavorando contro le MGF: il Puntland per esempio le ha già normate come reato”.

Dal Vademecum MGF: opinioni sulla continuazione della pratica. Per il sì solo egiziane, nigeriane e somale. Per il no soprattutto etiopi, eritree e senegalesi.

Teresa Marzocchi, assessore alle Politiche Sociali dell’Emilia Romagna, elenca le regioni con maggiore incidenza: Lombardia, Romagna, Veneto e Lazio, anche se ormai “il fenomeno in Italia è in calo grazie alle nuove generazioni”, mentre sono 13 le regioni che hanno attuato il “piano MGF”, in modi diversi e secondo la creatività e i finanziamenti della legge 7/2006. Si tratta soprattutto di quelle del sud, tra cui la Basilicata, la Calabria e la Puglia, “ma tra il 33 e il 50% dei mediatori ancora non conosce questa pratica, bisogna aumentare la formazione, e si può fare, sono tanti soldi che settori forse più importanti non hanno”.A questo proposito parla un mediatore culturale e docente universitario a Padova, originario dell’Uganda, John Baptist Onama, comunicando la gratitudine da parte delle comunità dei migranti e uno dei tanti modi in cui questi soldi si possono usare: “la nostra associazione – Culture Aperte – ha realizzato un docu-fiction, Vite in cammino, e oggi le 16 comunità che seguo, da Benin, Guinea Bissau, Burkina Faso ecc sono d’accordo con l’abbandono, le donne iniziano a parlare apertamente della questione, finalmente. Il film affronta il delicato tema dei rientri in patria: anche se i genitori sono contrari alla pratica bisogna considerare la famiglia, allargata, in Africa”. La campagna informativa deve ancora lavorare. Esemplare un caso a Verona che ha stabilito 1 anno e 6 mesi di prigione per una donna nigeriana che praticava le MGF all’interno della comunità e l’allontanamento della piccola dai genitori. “Ma questo non è giusto, a parte che la donna non sapeva di questa legge, per la bambina si è trattato di un doppio trauma eliminare la potestà. Non si dovrebbe agire attraverso punizioni ma attraverso l’accompagnamento. Le basi ormai ci sono serve solo più coordinamento.”

Alice Rinaldi(18 ottobre 2012)

http://www.youtube.com/watch?v=7zEQZHRLH2s