Dawlat Mahmoud Moustafa, membro della giuria Piuculture 2012 del MedFilmFestival sceglie di partire per l’ Italia nel 2003 quando la famiglia non vuole soddisfare il suo desiderio di andare a studiare negli Stati Uniti. Abbandona gli studi in archeologia al Cairo e si trasferisce a Roma per iscriversi a medicina o farmacia:
Alla ricerca del padre perduto. Dawlat era già stata in Italia nel 2001 in seguito al ricongiungimento familiare richiesto dal padre, venne a Roma insieme ai due fratelli più grandi, potevano arrivare solo tre persone alla volta. “ Mio padre ci mancava tantissimo, lui era per noi l’angelo che lavorava lontano e ci manteneva, mentre la mamma ci faceva da entrambi i genitori. Ci ha lasciati ragazzini e ci ha ritrovati adolescenti dopo 7 anni, seguendo la nostra crescita attraverso le lettere. Le sue parole erano sempre molto affettuose.” Quando riuscì a fare il ricongiungimento l’incontro con il loro idolo fu una delusione: un uomo cupo, invidioso dell’armonia tra i figli, cercava di metterli l’uno contro l’altro, voleva controllare e imporre le sue regole, “non era capace di comunicare con i propri figli e trasmettere loro affetto”. Non gli piaceva che loro apprezzassero di più la madre con la quale avevano confidenza, si aspettava più gratificazione per i sacrifici fatti per vederli crescere. “Voleva fare da padrone con noi e sbagliava”.
Il ritorno in Italia. “A 19 anni volevo già isolarmi dalla famiglia. Arrivata a Roma dal Cairo sono rimasta da mio padre lo stretto necessario, il tempo per imparare l’italiano, poi me ne sono andata per conto mio”. Purtroppo il lavoro era sempre mal pagato e un posto letto costava tanto. Un tentativo per mantenersi è stato scrivere il nome dei turisti con i geroglifici egiziani a piazza Navona, ma la concorrenza dei cinesi con i loro disegni più colorati e vivi la fatta desistere. Siccome aveva studiato all’università pittura a olio, decide di dipingere per strada. Il padre non approvava le sue scelte e non è mai venuto a cercarla e nemmeno lei l’ha più cercato.
L’amore incontrato al Colosseo. Dawlat guardava i pittori disegnare e rubava con gli occhi. S’informava sulle tecniche, i trucchi, i materiali. Ha incontrato tanti bravi artisti, ma nessuno come Igor Sava. “Mi affascinava vedere la leggerezza del colore sul foglio, non riuscivo a credere che si possano fare dei quadri così belli con gli acquarelli, una tecnica mai incontrata in Egitto. Lo ammiravo tanto e l’ho scelto come maestro”. Lui le insegnava a dipingere i paesaggi, lei apprendeva in fretta: giorno dopo giorno la loro amicizia si trasformava in amore. L’allieva copiava tutti i quadri del maestro, fino al giorno in cui la gente non distingueva più l’autore. La sua bravura le è costata l’amore; geloso della sua arte, Igor era pronto a rompere il rapporto. Senza pensare troppo, Dawlat ha strappato tutti i dipinti e ha buttato i passe-partout: “I quadri non possono separarci”. E si è messa con pazienza a studiare la tecnica dei ritratti.
Un ortodosso e una mussulmana sposi. Da questo amore sono nati due figli: Gesabel e Karem. Dawlat era una mamma giovane e Igor ha dovuto interrompere per 1 anno il lavoro per occuparsi con lei della prima figlia. Oggi i bambini hanno quasi 10 anni e quando si chiede se sono moldavi o egiziani, rispondono: “Italiani!”. Il desiderio di studiare restava dentro di lei, appena i bambini sono cresciuti, si è iscritta all’università per studiare chimica e tecnologie farmaceutiche. Il matrimonio ha creato tantissimi problemi sia nelle famiglie d’origine, che negli amici. La loro unione è un disonore per la famiglia di Dawlat, perché il capo famiglia non è mussulmano. Non è più tornata nella sua città da 10 anni: “Dopo le rivolte tante piazze e monumenti del Cairo sono distrutti: non voglio fare vedere ai bambini questa faccia della mia città natale”.
Raisa Ambros
(17 ottobre 2012)