Vahid Hosseini: la musica del mio cuore al MedFilmFestival

“In Iran se alzi la voce ti soffocano. Ti impongono una strada predefinita. Se vuoi essere te stesso, agire secondo l’istinto, mettere in evidenza il tuo carattere e personalità, non lo puoi fare”. Optando per l’Italia ha scelto la libertà Vahid Hosseini, musicista iraniano, membro della giuria Piuculture 2012 del MedFilmFestival. Nel suo paese si è laureato in Relazioni internazionali, ma non poteva seguire la sua professione. “Fare un concerto in Iran è molto difficile. Ci vogliono tanti permessi e le regole sono dettate dalle persone che non conoscono la musica, ma decidono per la vita degli artisti. Per i musicisti della cultura persiana che prevede l’improvvisazione, la libertà è importante. In Iran è vietato suonare un pezzo dal ritmo troppo allegro, anche battere le mani non va bene. Le donne non possono cantare e nemmeno suonare nello stesso gruppo con gli uomini”. Questi sono alcuni dei motivi per quali Vahid ha deciso di ricominciare tutto da zero.“Abbiamo comprato questa libertà a prezzo d’oro”. La nuova vita in Italia è costata a Vahid Hosseini sofferenza e sacrifici, in 3 anni si è integrato bene sia nella comunità iraniana, sia nella realtà italiana. E’ arrivato sette anni fa con la moglie che doveva studiare design e grafica a Roma, dove già si trovavano le sue sorelle. Tornato in Iran, non è riuscito più a rientrare nella penisola ed è stato costretto a vivere separato dalla sua donna per tanto tempo. “Mia moglie soffriva e piangeva sempre, ci sentivamo attraverso internet. Il ricongiungimento familiare è stato un incubo durato quasi 3 anni”. La moglie Sara ha lasciato gli studi per lavorare: se doveva portare il marito in Italia doveva dimostrare che si poteva permettere una casa e il mantenimento di due persone. Ha dovuto combattere e vincere da sola le innumerevoli condizioni e barriere imposte. “Preparandomi per venire in Italia non sapevo se essere allegro o triste. Era duro dover scegliere: da una parte lasciavo i genitori ai quali ero molto legato, dall’altra ritrovavo mia moglie”.A Roma l’incontro con Mohssen Kasirossafar, che l’ha invitato a far parte del gruppo musicale persiano Saravan e gli ha cambiato la vita. In Iran era un tecnico informatico e gestiva il proprio negozio, professione che l’aiuta a mantenersi in Italia, e anche la musica, la sua passione da quando aveva 16 anni, si è trasformata in lavoro. Suona nei concerti il santur, una specie di pianoforte persiano nato circa 600 anni fa, e il tar, simile alla chitarra. Non ha smesso e non smetterà: insegna ai suoi allievi di diverse nazionalità il suono magico di questi strumenti. “Durante i concerti è importante lo stato d’animo, con chi suoni, dove suoni, che pubblico ti segue e l’atmosfera creata. La nostra musica nasce dal profondo dell’anima, è il cuore che la dirige”.Tante canzoni d’amore ispirate alla lontananza. I suoi brani tradiscono sempre lo stato d’animo. Nell’attesa di rivedere la moglie sono nate diverse canzoni d’amore e ha scritto poesie. “Comporre la musica non è come improvvisare. Si crea una storia, si ritorna tante volte indietro, si cancella e si riscrive, c’è bisogno di concentrazione. Nei nostri concerti ci può essere anche un’ora di musica senza parole, ma affascina”. Nel suo paese ha composto la musica per due film persiani. In Italia gli piacerebbe scrivere per il cinema e per il teatro, al momento ha quattro sceneggiature da proporre. Di recente, un regista italiano che l’ha sentito suonare in un concerto gli ha proposto di fare la musica per un film e perché no l’attore, visto che tra le sue passioni a casa c’era anche la recitazione. Al cinema prima di seguire l’inquadratura, i colori, il dettaglio ciò che lo colpisce sono le colonne sonore. Quando vede un film, Vahid è ispirato, ha l’impulso di accompagnarlo con la sua musica e allora prende lo strumento e inizia a creare.

Raisa Ambros(10 ottobre 2012)