Sono attualmente 13 i Centri di identificazione ed espulsione presenti in tutto il territorio italiano, con ulteriori due in apertura ad Agrigento e Lecce. Prima noti come Centri di permanenza temporanea previsti dall’articolo 12 della legge 40 del 1998 – meglio nota come Turco-Napolitano – che recepiva le direttive europee delineate negli accordi di Schengen del 1995, hanno ottenuto l’attuale denominazione dopo il decreto legge n. 92 del 23 maggio 2008. La funzione delle strutture è il trattenimento per un tempo limite di 18 mesi di stranieri extracomunitari irregolari sottoposti a provvedimenti di espulsione o di respingimento con accompagnamento coatto alla frontiera. Dall’aprile 2011 l’ex ministro dell’Interno Maroni ha sospeso il diritto di cronaca a tempo indeterminato su cosa avvenga tra le mura degli stabilimenti, solo in parte revocato dall’attuale inquilina del Viminale Cancellieri, che ha mantenuto intatta l’impossibilità di realizzare foto e filmati se non all’esterno.
“Ciò che avviene all’interno dei Cie è contrario all’articolo 13 della Costituzione, per cui la libertà personale è inviolabile se non per un atto motivato dalle autorità giudiziarie”, la forte presa di posizione di Alessandra Ballerini, avvocato di Terres des Hommes, intervenuta all’incontro nell’ambito della campagna LasciateCIEentrare tenutosi lo scorso 16 novembre nell’Ufficio d’informazione in Italia del Parlamento Europeo. “La sofferenza causata è maggiore rispetto al carcere, dove almeno sai perché ci vai”. A Lampedusa dei 22 mila profughi che hanno chiesto la protezione, solo il 20% l’ha ottenuta, riporta la Ballerini. “Significa che al prossimo 31 dicembre quasi tutti loro saranno in mezzo ad una strada, bambini compresi. Bisogna evitare questa fabbrica di clandestinità”. Il trattamento indebito coinvolge anche le situazioni di tutela legale, “a noi avvocati è reso impossibile avere le carte per tempo, in modo da poter studiare una strategia di difesa”, lancia l’allarme Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto d’asilo e Istituto costituzionale dello straniero presso l’Università di Palermo. E le impugnazioni in Cassazione contro le delibere dei Giudici di Pace, competenti alle decisioni in materia, “allungano i tempi e costituiscono ulteriori oneri, perché richiedono avvocati iscritti ad albi appositi”, aggiunge Loredana Leo, avvocati dell’Asgi – Associazione per gli Studi Giuridici sull’immigrazione – rendendo così “vana l’assistenza. Si tratta di un vulnus democratico, si auspicano riforme sostanziali”. E dal punto di vista sanitario non sembra andare meglio, se per una diagnosi si può arrivare addirittura ad attendere 13 mesi, come riportato da Mariarita Peca, mediatrice culturale di Medici per i diritti umani, e “il rapporto medico-paziente diventa quasi custode-custodito”.
“La questione è politica, siamo di fronte a violazioni sistematiche dei diritti umani”, accusa Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone. “Visto che abbiamo un governo tecnico, non è forse una problematica tecnica tornare nella legalità internazionale? Eppure neanche a livello di messaggi simbolici sono state fatte delle prese di posizione”. “Molti degli espulsi sono ricattabili, devono tornare in paesi dalle forti criticità, andando incontro ad una morte civile se non fisica, è un fallimento”, continua sulla stessa linea Oria Gargano, della Casa internazionale delle donne e della cooperativa Be free. “L’unica speranza è rientrare nei progetti provinciali per i trafficati” previsti dalla legge 256 del ’98. “Le politiche di immigrazione non possono più essere immaginabili come difesa delle frontiere o un conflitto tra accoglienza e respingimento”, l’analisi di Pietro Soldini, responsabile Area immigrazione di Cgil. Non vale come riferimento il vecchio schema di spostamenti dai paesi del terzo mondo a zone di maggior benessere, l’Onu stima che 1/3 delle migrazioni globali è interna ai paesi in via di sviluppo e un ulteriore terzo si muove proprio dalle aree più ricche.
Prospettive istituzionali La giustificazione dell’imposizione comunitaria dell’universo Cie non sembrerebbe però reggere del tutto, visto che la direttiva del 2008 in questione, all’articolo 15, parla di una possibilità, ma non di obbligo per gli Stati contraenti di trattenimento di cittadini di paesi terzi. Ma l’Italia non si discosta dalla realtà dell’Unione Europea, “con Malta e Grecia che impongono trattamenti al limite della tortura”, la magrissima consolazione basata sugli studi di Chiara Tamburini, consigliere presso la Commissione Libe, sulle libertà civili, del Parlamento Europeo. La realtà nostrana è “a macchia di leopardo, si va da eccellenze a gravi criticità”, spiega Marco Del Panta, direttore centrale per le Questioni migratorie del Ministero degli Affari Esteri, anche se il rapporto della Commissione Diritti Umani dell’Ue parla di inadeguatezza per i più lunghi periodi di detenzione. La soluzione di Roberto Di Giovan Paolo, senatore e membro della Commissione Diritti Umani della camera alta, potrebbe essere in accordi con i consolati che facciano sponda dall’estero, con sistemi di identificazione congiunti e permettendo gli ingressi con appositi documenti, evitando l’affidamento a scafisti e quindi con maggiori opportunità.
Studio accademico Lo studio dell’International University College di Torino, presentato da Ulrich Stege e Maurizio Veglio, ha preso in esame il Brunelleschi, Cie del capoluogo piemontese, ufficialmente con una capienza di 210 persone ma per la chiusura di alcune aree non supera le 131 unità. Il 30% di questi viene dal carcere o ha avuto precedenti penali. Le comunicazioni con l’esterno sono strettamente limitate e i telefoni non devono avere la fotocamera. Le condizioni igieniche pessime, “con la condivisione dei rasoi per la barba, cibo consegnato sui materassi se non in terra” e ritardi nelle prestazioni mediche, “anche perché ci sono solo un dottore e un infermiere per l’intero centr0”. Oltre il centinaio all’anno di gesti auto lesivi, molti dei quali con arma da taglio. Solo il 15% viene difeso da un avvocato di fiducia, “quelli d’ufficio tendono alla collusione con i giudici di pace e questo spiega il 96% delle convalide dei decreti di trattenimento”. Le spese sostenute sono calcolate intorno ai 40 euro giornalieri a persona.
Gabriele Santoro(20 novembre 2012)
http://www.youtube.com/watch?v=1g0–a-77EQ