Zajedno: rom e italiane insieme nelle arti sartoriali

Zajedno, “insieme” in bosniaco. Questo il nome – disegnato su morbidi cuscini nella vetrina d’ingresso – del negozio inaugurato venerdì 9 novembre alle porte dello storico quartiere San Lorenzo in via dei Bruzi 11.

Uno shop dove è possibile trovare manufatti sartoriali di qualità, pezzi unici, personalizzabili e interamente fatti a mano con stoffe provenienti da ogni parte del mondo e con l’utilizzo di materiali di riuso. L’originalità contraddistingue sia i prodotti realizzati che la storia della neo-nata e omonima Cooperativa. L’unione di donne di diversa provenienza geografica e lo sguardo attento verso i bambini, che diventano ispiratori partecipi del processo ideativo e stilistico, fanno di Zajedno realtà unica sul territorio romano.

Sette sarte italiane e rom. La storia del gruppo di lavoro, composto di donne italiane e straniere, è legata all’esperienza Laboratorio manufatti donne rom, progetto di formazione per il recupero della sartoria come mestiere di un tempo, realizzato nel 2006 dall’associazione di volontariato Insieme Zajedno. “L’elevato livello di professionalità raggiunto dalle donne rom in questi anni ha consentito di ripensare questa attività in un’ottica di impresa” racconta Cristina Rosselli del Turco, pediatra che si è sempre occupata della salute dei bambini immigrati in particolare Rom, oggi presidentessa della Cooperativa.

Cristina Rosselli Del Turco, presidentessa della Cooperativa Zajedno

L’emancipazione dal sistema assistenzialistico. Sotto la guida di Cristina ci sono Koleta di origine serba, Francesca e Dzanuma entrambe bosniache, Filomena, Silvia e Ida operatrici sociali italiane. Sette donne accomunate dalla passione per il cucito e incoraggiate dall’idea che è possibile trasformare un’esperienza formativa in una vera realtà economica. Una crescita professionale che è anche un’opportunità lavorativa capace di emancipare Koleta, Francesca e Dzanuma dalle logiche assistenzialistiche della vita nei campi Rom. “Questa Cooperativa ci ha dato la possibilità di imparare un mestiere ma soprattutto la speranza di un futuro migliore” dice Koleta con entusiasmo. “Nessuna di noi sapeva cucire, io sapevo usare solo l’uncinetto” interviene Dzanuma, “ma poi con l’associazione abbiamo imparato a usare le macchine da cucire, anche quelle professionali, le taglia-e-cuci, e gli attrezzi per il taglio come il tappetino in gomma e il cutter. Si può dire che siamo diventate delle sarte esperte”.

Pensare ai bambini con un’inversione di prospettiva. “Partiamo dal presupposto che i capi di abbigliamento, pensati per i bambini, sono concepiti per lo più dal punto di vista dell’adulto e non del bambino. Nei nostri modelli invertiamo la prospettiva, restituendo ai piccoli la giusta centralità. A tal proposito i figli di Dzanuma e di Francesca sono stati una fonte di grande ispirazione per la nostra linea,” racconta Cristina.

Manufatti Zajedno

Favorire l’autonomia dei bambini. La linea è concepita per bambini da 1 a 9 anni e si caratterizza per essere funzionale alle esigenze di autonomia dei propri figli. “Ad esempio la facile vestibilità: gli stretch, nei primi anni di vita; i bottoni fermati da anelli in tessuto e non da asole difficili da usare o troppo grandi per un bambino che comincia a vestirsi e svestirsi da solo; le larghe aperture, come quella per il passaggio della testa, offrono la possibilità di indossare gli abiti con facilità” spiegano le donne della cooperativa.

Libri per bambini ipovedenti. Settore di specializzazione della cooperativa Zajedno sono i libri tattili in stoffa che accompagnano il bambino, ipovedente e non, nei primi passi dell’esperienza tattile. “Grazie a un’attenta scelta di materiali, le storie raccontate nel libro prendono vita attraverso forme e suoni che il bambino può ascoltare e immaginare attraverso i sensi del tatto e dell’udito”. Inizialmente contattate dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro-Ciechi per realizzare le parti in stoffa di alcuni libri per bambini ipovedenti, hanno poi ricevuto riconoscimento anche in Nord Europa, in particolare associazioni e fondazioni di Francia, Norvegia, Finlandia e Inghilterra, oggi importanti e solidi partner.

Il processo creativo: collaborazione fin dall’idea. “All’inizio accostavamo colori che sembravano un po’ bizzarri, a noi piacciono tanto i colori, ma poi, grazie anche ai corsi con le stiliste, abbiamo imparato la scelta dei colori, dei tessuti, delle forme, mettendo insieme le cose più belle della nostra cultura con lo stile italiano” racconta Francesca, rom di origine bosniaca. Il processo creativo dei manufatti, infatti, si basa sull’espressione e collaborazione fattiva di tutte le donne che compongono la Cooperativa, supportate dalla collaborazione di una stilista e di un‘insegnante di cucito creativo. “Il gusto delle donne rom si fonda con lo stile italiano, si può dire che le nostre creazioni sono portatrici di un valore culturale” afferma orgogliosa Cristina.

Non solo le idee anche i tessuti sono multiculturali. “Abbiamo un canale privilegiato con la Bosnia, le socie della Cooperativa tornano spesso nel loro paese d’origine”, spiega la presidentessa. “Siamo inoltre in contatto con diverse associazioni d’immigrati e collaboriamo con altrettanti artigiani stranieri da cui spesso acquistiamo le stoffe tipiche dei loro paesi”. Una Cooperativa multiculturale alla quale piace viaggiare e ogni visita all’estero diventa occasione per arricchire la varietà dei tessuti. “Per i nostri prodotti utilizziamo spesso il cotone del Madagascar, la seta della Cambogia, nastri e stoffe giapponesi, il cotone americano e indiano”.

L’artigianato, il riuso e il consumo responsabile. Negli ultimi tempi la manualità artistica e il riuso creativo stanno diventando un trend in ogni ambito, dall’abbigliamento all’arredamento, stimolando un mercato sempre più cosciente del valore dei beni artigianali. “Le iniziative di economia solidale e la diffusione di ideologie ‘new global’ mi sembrano segnali di richiesta di una distribuzione più equa delle risorse e di uno sviluppo economico sostenibile in termini sociali e ambientali. Segnalano inoltre un recente successo del consumo critico e responsabile” spiega la presidentessa della Cooperativa. “Un prodotto ha anche un impatto sociale, una valorizzazione del capitale umano impiegato, e oggi più di ieri la gente ne tiene in considerazione”.

“Il nostro laboratorio è un luogo dove ‘dal basso’ si tenta di annullare la discriminazione socio-lavorativa legata alle donne rom e all’universo femminile in generale” conclude Cristina. “Mi piacerebbe che questo contribuisca alla valorizzazione delle competenze femminili in generale e dell’immagine delle donne rom. Questa cooperativa rappresenta un’esperienza importante e una realtà concreta d’intercultura. La stabilizzazione economica rappresenterà il miglior esempio per altre donne e ragazze a sperimentare un’opportunità di crescita personale ed economica”

M. Daniela Basile
(15 novembre 2012)