"Educazione e legalità" un progetto di mediazione culturale

“La priorità, qui nel Lazio, è incentivare l’utilizzo della mediazione sociale nei potenziali focolai conflittuali generati dalla convivenza di comunità straniere ed autoctone”. E’ questo uno di messaggi principali che l’Unione forense per la tutela dei diritti umani ha inviato durante la conferenza che si è svolta alla Regione Lazio. Nell’incontro sono stati illustrati i principali elementi emersi nel rapporto conclusivo del progetto “Educazione e legalità”. Tra gli argomenti discussi i più rilevanti sono stati la mediazioni tra diverse culture, le associazioni sparse sul territorio, la criminalità.In apertura di lavori il presidente dell’osservatorio Rosario Vitarelli ha sottolineato alcune criticità: “Il fascicolo che avete tra le mani è il frutto di un duro lavoro che speriamo possa aiutare a comprendere meglio il valore e la situazione degli stranieri che vivono in questa regione. La criminalità è tra gli elementi di maggiore criticità così come la discriminazione ma proprio grazie alla mediazione potremmo riuscire a risolverli.”La parola è poi passata ad Anton Giulio Lana,Segretario generale dell’Unione forense, che ha approfondito i risultati dello studio ma soprattutto ha dato una personale lettura di quella che è la situazione mostrata : “Questo lavoro è iniziato nel maggio del 2012 e l’idea di fondo è stata quella di risolvere il problema di una diffusa equazione tra criminalità ed immigrazione. I media non aiutano, anzi, se possibile peggiorano una situazione che nel nostro paese è già estremamente complicata. Spesso si vuole fare “notizia” e per questo si abusa di termini come clandestino o extracomunitario senza utilizzarli nel modo corretto. Nel caso dell’extracomunitario ad esempio chi chiamerebbe così uno svizzero o un americano? Eppure lo sono a tutti gli effetti, proprio come un somalo. Anche da questo punto di vista la mediazione, tema centrale del nostro studio potrebbe rivelarsi la soluzione migliore. Durante lo sviluppo del progetto- ha proseguito Lana- sono state condotte da Mauro Valeri due analisi distinte. La prima ha portato ad una mappatura delle associazioni promosse da cittadini stranieri sul territorio delle cinque provincie laziali. La seconda si è concentrata sulle dinamiche e le caratteristiche delle diverse conflittualità territoriali. Nel caso delle associazioni, si sono dimostrate interlocutori importanti che hanno permesso di arricchire i dati dello studio ma che potrebbero essere ancor più utili all’interno delle istituzioni per dare voce alle decine di comunità sparse sul territorio. Ovviamente- ha concluso- non tutte hanno un’associazione di riferimento, e questo non facilita il dialogo, ma attualmente nella consulta regionale sono presenti solo in 12 su 174 e questo è inaccettabile.

Il Professor Valeri durante il suo intervento
 Terminato il suo intervento Lana ha lasciato la parola al sociologo Mauro Valeri che è stato il principale artefice dell’analisi sul campo: “ Studiare le comunità straniere è stato estremamente interessante. Sono state tante le cose che ho scoperto ma il primo elemento di interesse è stato capire se la nostra sia effettivamente una società chiusa o aperta agli stranieri. In Europa siamo gli unici a non dare la cittadinanza, non diamo la possibilità di fare servizio civile ne tantomeno abbiamo una legge organica sui rifugiati e infine riconosciamo con estremo ritardo le minoranze sul nostro territorio, pensate ai ladini che per lungo tempo non sono stati presi in considerazione. Tutti questi elementi non fanno che inasprire il conflitto con gli stranieri ed è normale che possano nascere problemi come quelli legati alla criminalità.Sono convinto- ha continuato Valeri- che l’Italia sia un paese eccezionale nel risolvere le emergenze, ma non siamo altrettanto bravi a fare prevenzione. In questo caso invece, è proprio grazie a questa che possiamo riuscire a migliorare la convivenza tra noi e i “nuovi” italiani. Per fortuna le nuove generazioni stanno imparando quasi automaticamente ad aprirsi. Questo lo si può notare nelle scuole per esempio, dove oramai la maggior parte delle classi ha studenti di origine straniera o ragazzi di seconda generazione. Sono loro il futuro di questo paese e vanno valorizzati esattamente come e quanto valorizziamo i nostri figli, per questo dovremmo batterci affinchè venga riconosciuta loro la cittadinanza”. Il professore ha quindi concluso il suo intervento quasi con uno slogan: “El Shaarawi e Balotelli sono il futuro della nazionale italiana di calcio e credo che siano l’indice più evidente di quanto, nello sport così come in tanti altri ambiti, l’apporto dei “nuovi” italiani possa far progredire e migliorare il nostro paese”.

Adriano Di Blasi

(3-Febbraio-2013)