Gli stranieri e gli italiani passano Febbraio insieme

Tutti i posti esauriti per il pranzo italo-pakistano nella prima domenica dell’ iniziativa “Febbraio insieme”, che ha riunito tantissime persone in Via Tenuta della Mistica. L’Associazione Volontari Capitano Ultimo Onlus insieme alla Cooperativa Sociale Abitus e alla Coldiretti hanno organizzato un ciclo di quattro domeniche di “amicizia multietnica”, per favorire l’integrazione interculturale tra diverse comunità. Dalle 11 alle 17 è possibile gustare piatti etnici previa prenotazione, ascoltare musica kurda, della Costa d’Avorio e della Nigeria e acquistare prodotti agroalimentari. L’iniziativa prevede per ogni incontro un dibattito sulle tematiche di legalità e di tutela dell’ambiente.

L’Associazione Volontari Capitano Ultimo Onlus. “Questo evento è importante per capire che noi ci siamo per chi ha bisogno, basta chiederlo”, racconta la volontaria Antonella, giornalista che insegna il violino ai piccoli. “Non funzioniamo come la Caritas: se una persona vuole il pane o altro, deve lavorare con noi. Impara un mestiere per il futuro, magari riconosciuto dalla regione”. Il centro è famoso per il pane, preparato con il lievito madre come centinaia di anni fa. Il prete della casa fa anche il panettiere, “quando non dice messa sta al forno” oppure serve ai tavoli. L’attività principale dell’associazione, che collabora con il tribunale dei minori, è sostenere nella loro casa famiglia 6 italiani, una ragazza brasiliana e un ragazzo romeno. “Vengono molte persone straniere a chiedere aiuto: quelle tolte dalla strada, dalla prostituzione, oppure i senzatetto che vengono a fare i laboratori di falegnameria”.

Il 3 febbraio, la festa è iniziata al Teatrino dei Burattini con uno spettacolo dal vivo adatto a grandi e piccini: le fantastiche storie di Pulcinella ed i suoi amici. Tutte le domeniche di questo mese sarà presentato uno spettacolo diverso. A pranzo, persone di varie nazionalità hanno assaggiato piatti italo-pakistani, serviti dalle volontarie. I rifugiati dalla Libia hanno esposto i lavori realizzati a mano nel laboratori. Spettacolare il volo dei falchi che ha sorpreso tutti gli spettatori. La volontaria specializzata nei massaggi ha offerto il suo servizio per aiutare i ragazzi in difficoltà. Il ricavato dei piatti italiani è destinato alla casa famiglia, quello dei piatti pakistani sono devoluti ai cuochi stranieri.

I laboratori della casa famiglia sono vari: le scolaresche vengono a imparare a fare il pane, a vedere il ciclo della preparazione del latte, come vivono le api e come si fa il miele. I prodotti dell’orto finiscono nel ristorantino sociale. Oltre al laboratorio di pelletteria, c’è quello di falconeria, dove anche i ragazzi delle scuole e università fanno pet-therapy con i rapaci contro l’aggressività. “Se sei aggressivo il falco o scappa o il suo cuore smette di battere. In questo modo bisogna trovare una certa empatia, capire le esigenze degli animali, devi andare d’accordo. Ai rapaci si deve far capire cosa fare o non fare, ma sempre con le buone, questo è il metodo che usano anche gli educatori con i ragazzi”.

Cooperativa Sociale Abitus si occupa dell’orientamento dei rifugiati sul territorio e del loro supporto psicologico. Organizzano dei laboratori di oreficeria, oggettistica e riciclo. Guadagnano con i mercatini che organizzano ogni domenica. “Vengono dalla Libia, in seguito alla guerra, ma provengono dal Pakistan, Nigeria, Somalia, Eritrea. Solo alcuni sono stati assunti come lavapiatti nei ristoranti oppure nelle sartorie dice”, Micaela Polselli. Oppongono resistenza ad imparare l’italiano con i volontari della rete scuolemigranti. “Loro hanno tantissime risorse, specialmente linguistiche, potrebbero inserirsi nel settore turistico”, spiega il presidente della cooperativa, Pietro Grappasonni. “Invece rimangono per quasi 2 anni in uno stato di precarietà fisica, psichica e giuridica, senza una autosufficienza economica molti di loro cadono in depressione”.

Odio degli stranieri verso il sistema italiano. “Ho fatto richiesta di asilo politico nel 2008, scappando dal mio paese per problemi di ordine politico-sociale”, dice Mohammed Aman, mediatore culturale proveniente dall’Eritrea, da 4 anni in Italia, lavora con i centri d’accoglienza. “In Italia ci sono troppi problemi burocratici, non so se rimarrò qui o continuerò il viaggio verso i paesi nordici”. Secondo Mohammed, i tempi lunghi per ottenere il permesso di soggiorno, il non sapere se saranno accolti, fa si che gli stranieri non imparino la lingua e di conseguenza non riescano ad integrarsi. Quando iniziano a lavorare pensano ad altre priorità e non trovano tempo per imparare l’italiano. “I problemi iniziano quando lasciano il primo centro d’accoglienza, perche si ritrovano in strada e non sanno dove andare. Per avere un alloggio fanno la richiesta al comune di Roma, dove ci sono liste d’attesa di circa 6 mesi. Dove vivono nel frattempo? Dove dormono?” Vorrebbero combattere e anche vincere, ma gli manca la certezza di un futuro in Italia.

Raisa Ambros(06 febbraio 2013)