Si tiene alla Casa del Cinema di Roma tra il 2 e il 5 marzo 2013 V4Film, la Rassegna cinematografica dei Paesi del Gruppo Visegrad – Slovacchia, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca – con 12 delle migliori produzioni degli ultimi anni.
Visegrad è una cittadina ungherese dove nel 1991 si costituì il Gruppo, a seguito di un vertice dei capi di stato e di governo di Cecoslovacchia, Ungheria e Polonia per stabilire e rafforzare la cooperazione fra questi tre stati (divenuti quattro nel 1993 con la divisione consensuale della Cecoslovacchia), allo scopo di promuovere la cooperazione regionale e l’integrazione unitaria del Gruppo nell’Unione Europea.V4 FIlm è un’idea nata dai regolari incontri di lavoro degli ambasciatori dei paesi del Gruppo a Roma. Intende promuovere la cultura e la conoscenza dell’area dell’Europa centro orientale, un cinema presente nei festival internazionali, ma poco noto al pubblico italiano. “Una situazione di contrasto con quella degli anni ’60, quando i film dei nostri Paesi erano ampiamente conosciuti e riconoscibili” dicono gli ambasciatori Petr Burianek, Repubblica Ceca, Mària Krasnohorskà, Repubblica Slovacca, Wojciech Ponikiewski, Polonia e Jànos Balla, Ungheria.
Repubblica Ceca, assurdo e saggezza. La cinematografia del Paese si muove “dalla “nuova onda” ceca ai film di animazione, cartoni animati e film artistici, settore assolutamente originale che mantiene da tempo una posizione di primo piano nel mondo”. Sopravvivere la propria vita di Jan Svankmajer, commedia fatta di cutout animation, fotografia e segmenti di azione reale, Alois Nebel di un giovane talento Tomàs Lunàk presentato a Venezia nel 2011, un uomo che alla vigilia della caduta del muro di Berlino è ancora perseguitato dalle allucinazioni della seconda guerra mondiale; Uscire di scena, primo e ultimo film di Vaclàv Havel, ex presidente della Repubblica Ceca ormai scomparso, una riflessione umoristica che spinge fino all’assurdo che rispecchia gravi temi della nostra epoca e la saggezza e l’esperienza di un uomo che è riuscito a realizzare il sogno della propria vita”, dice Buriànek.
Polonia, umorismo e trasitorietà. “Dopo due decadi disastrose sotto il profilo artistico” la cinematografia polacca sta risorgendo, dice il critico cinematografico Lukasz Maciejewski. “Degno di nota è che le prime posizioni del box office nazionale siano occupate da film che affrontano complessi problemi esistenziali e che ritraggono la realtà polacca 20 anni dopo la grande trasformazione del sistema politico-economico”. Titoli ambiziosi di registi debuttanti: The reverse di Borys Lankosz, film in b/n che mescola il noir con la commedia di genere, il thriller con l’horror; La stanza dei suicidi di Jan Komasa mostra “una generazione alle prese con la dipendenza dalle novità tecnologiche, 18enni che non sentono più legami ideologici con il vecchio mondo “sovietico”, figli di una civiltà che non sopporta la concentrazione, la metafisica, il pathos, la forza del virtuale è la sua transitorietà, dove un’innata sensibilità resta fonte di sofferenza come 100 anni fa”; anche Greg Zglinski in Il coraggio si misura con la contemporaneità, ritraendo “con verosimiglianza psicologica e senso dell’umorismo il capitalismo polacco con tutta la sua devozione per l’ipocrisia, la falsità dei rapporti familiari e i piccoli sogni su grandi guadagni”.
Slovacchia, allegria e normalità. Az do mesta as (Fino alla città di As, 2012) di Iveta Gròfovà, è “volutamente al confine tra il film documentario e quello di fiction”, la storia di riscatto di Dorota tra disincanti e umiliazioni. Tigre v meste (Tigri in città, 2012) di Juraj Kràsnohorosky, una commedia che si tinge di giallo “per poter mostrare, attraverso la storia di tre giovani, che anche Bratislava è una città curiosa…” Dom (La casa, 2011), di Zuzana Liova, “si tratta non di un quadro fedele della realtà ma di una reazione ad essa, la storia semplice di un padre imperfetto che sogna una famiglia perfetta”. “Quando guardiamo al cinema slovacco contemporaneo i film di maggior succeso sono quelli che narrano ciò che rallegra e che fa star male le persone normali, poco appariscenti al primo sguardo, nè celebrità, nè eroi” dice Peter Michalovic, filosofo ed esperto di estetica.
Ungheria, sentimento e controtendenza. La storia del cinema ungherese inizia nel 1896 anno in cui furono proiettati i primi film dei fratelli Lumière nella caffetteria dell’Hotel Royal di Budapest. Dopo l’avvento del film sonoro i maggiori successi dell’epoca furono le commedie sentimentali ben confezionate, mentre con la guerra presero il sopravvento i generi melodrammatici. Gli anni ’60 segnarono l’epoca della rinascita e negli anni ’80 il cinema ungherese raggiunse la sua massima visibilità internazionale. Oggi il rinnovamento stilistico vede tra i protagonisti Jozsef Sipos con Kaland (L’avventura, 2011), una storia di amore e morte, fede e tradimento, successo e insuccesso all’ombra dell’imminente catastrofe che incombe sulla Budapest degli anni ’40. Final cut – Holgyeim es uraim (Final cut Ladies and gentlemen, 2012) di Gyorgy Palfi, è un’opera sentimentale di montaggio, composta da scene tratte da circa 500 film, capisaldi della storia del cinema, grandi classici assemblati in modo tale da creare anacronistici e irresistibili intrecci sentimentali tra le icone di celluloide di tutti i tempi, dove l’amore è visto come una sottospecie cinematografica. Made in Hungària di Gergely Fonyo, 2009, racconta la storia di un’adolescente: mentre tutti cercano di fuggire a ovest, lui ritorna in patria dall’America per diffondere il rock’n’roll.
A. R.(28 febbraio 2013)
INFO Cinematografia dei Paesi del Gruppo Visegrad – V4, Casa del Cinema, Villa Borghese, Roma, dal 2 al 5 marzo 2013, proiezioni a partire dalle ore 17.00, ingresso libero fino a esaurimento posti. Film in lingua originale con sottotitoli in italiano. Per il programma completo: V4 Film, il programma.