Efiubò, una nuova rubrica radiofonica che si occupa di diritti e tutela degli immigrati, è nata venti giorni fa. Il programma, in onda ogni due settimane, ha preso vita grazie al coinvolgimento di più associazioni e dei rispettivi volontari. Tra di loro c’è anche Marzia Coronati di Amisnet, che racconta con orgoglio questa importante novità: “Efiubò ha preso vita grazie ad Amisnet, un’agenzia radiofonica che si occupa di immigrazione da 4 anni, e con il programma Passpartout. Proprio a partire da questa trasmissione è nata l’idea di fare un approfondimento ulteriore sulle problematiche legali che gli stranieri affrontano nel nostro paese. Abbiamo pensato di formulare un progetto che fosse anche un servizio, così abbiamo creato questo sportello per aiutare chi vive in Italia e deve districarsi nella burocrazia di regolamenti non sempre chiari. Per portare avanti quest’ idea – prosegue la Coronati– ci siamo fatti forza della rete che abbiamo costruito nel tempo con “laboratorio 53”, un associazione che lavora in difesa dei rifugiati politici, e con ASGI.
La rubrica è composta da registrazioni, elaborate e messe in rete sotto forma podcast sul nostro sito, poi le radio con cui collaboriamo, in tutta Italia, li scaricano e li inseriscono nel proprio palinsesto. Le domande,come si capisce dopo il primissimo ascolto, sono poste dai migranti con risposte date da esperti di politiche migratorie e legali.
Prima di registrare ogni puntata facciamo un incontro con un redattore di Amisnet e alcuni ragazzi stranieri da cui raccogliamo le domande e i dubbi per poi passarle agli avvocati. Questi quesiti sono frutto di un percorso complesso e non di un semplice lavoro giornalistico. Ad esempio una domanda che sarà presente nella prossima puntata riguarda la possibilità di denunciare un poliziotto se discriminati o maltrattati. Questo dubbio è nato ad un ragazzo dopo che abbiamo fatto una lezione sulla discriminazione durante la quale abbiamo anche simulato delle scene di vita vissuta. A questo punto ci ha raccontato la sua esperienza: era stato trattato male al commissariato perchè non parlava l’italiano. Grazie ad Efiubò ha scoperto che c’è il diritto ad avvalersi di un interprete per ogni straniero che si trova in Italia, questo è l’obiettivo finale del progetto: rendere ognuno di loro cosciente dei propri diritti.
Un’ idea interessante che non è passata inosservata a chi si occupa di temi umanitari.Il programma è finanziato dalla chiesa valdese attraverso l’8 x 1000. Una istituzione religiosa che non tiene per sé i proventi dell’8 x 1000 ma finanzia progetti nazionali e internazionali. Il finanziamento è stato sufficiente per avere alcune consulenze legali e coprire le spese redazionali, pur se limitatamente. Siamo un’ po’ “tirati” ma compensiamo l’assenza di fondi con la forza di volontà.
I quesiti, come ho già detto, vengono raccolti ogni due settimane nell’incontro con i ragazzi di laboratorio 53 ma Efiubò è aperta a chiunque voglia porci delle domande tramite l’indirizzo efiubo@gmail.com. Noi faremo arrivare la risposta o attraverso e mail o nella trasmissione seguente. I podcast,ogni due settimane, si possono trovare sui siti di AMISNET, ASGI e Laboratorio 53.org. Inoltre, il testo di ogni puntata viene scritto e tradotto in inglese e francese per chi avesse problemi di lingua.
Nonostante questo incredibile sforzo, non si riesce ad avere un riscontro vero e proprio del successo di questa rubrica. Non abbiamo dati sugli ascolti, però le radio che trasmettono il programma sono 9 e già due di queste ci hanno comunuicato che non la trasmetteranno solo come appendice di Passpartout ma anche separatamente. Inoltre molti siti che si occupano del tema ci hanno chiesto di poterlo pubblicare i testi delle trasmissioni.
A questo punto la domanda che sorge spontanea è: da dove nasce il nome Efiubò”. Premetto che a tutti coloro che collaborano al progetto piace interagire con i ragazzi che incontriamo prima delle trasmissioni, così abbiamo pensato di ideare anche il titolo del programma insieme ai migranti di laboratorio 53. Nel primo incontro abbiamo valutato tra tante proposte e quasi tutte erano indirizzate sulla parola voce. Poi un ragazzo ha proposto Efiubo e ci ha spiegato che in togolese vuol dire, “la casa del re”, ovvero il luogo in cui nei villaggi del suo paese si risolvono i problemi della società. Noi crediamo che questo concetto racchiuda perfettamente il senso di questo lavoro.
Adriano Di Blasi
(5 marzo 2013)