“L’integrazione non è possibile nel campo: qui si diventa ladri. Il campo di Salone non è un luogo adeguato per far crescere i figli. Qui il potere è la forza fisica, non la legalità. Di sera incontri drogati, ubriachi, hai paura di uscire. Non c’è sicurezza, nessuno ti protegge. Le forze dell’ordine si avvicinano, ma non entrano perché ci vogliono più pattuglie per vigilare nel campo. Tanti nomadi vivono di espedienti, pochi si mantengono con un lavoro onesto”, racconta Dantes, un rom di origine romena che tramite la sua storia lancia messaggi di emergenza e allarme in occasione della Giornata Internazionale dei rom e sinti. La convivenza tra buoni e cattivi è difficile e delicata, perché convivono tante nazionalità senza una educazione corretta. Non è facile controllare 2000 rom in un campo realizzato per 500 persone, diventato un ghetto. Le autorità mettono a disposizione il container, ai singoli il compito di pensare come mangiare. “Non c’è più il presidio medico all’interno del campo e ci sono rischi di epidemie. La soluzione è andare a mensa alla comunità di Sant’Egidio oppure alla Caritas, dove ti danno anche dei vestiti e si può fare la doccia”.
“Se non sei attento all’educazione dei figli, sono tentati in ogni momento di seguire l’esempio cattivo dei ragazzi vestiti bene e con le tasche piene di soldi, i miei spesso non hanno spiccioli per la merenda. Per fortuna, si sono integrati bene a scuola e hanno tanti amici italiani, rappresentano i bambini rom nei convegni e ai congressi all’estero”, dice Dantes, che a 41 anni mantiene da solo la moglie casalinga e i 4 figli maschi. Vanno ai corsi per gli stranieri e coltivano il rapporto con le associazioni. “Il più grande è l’unico rom del campo che sta per finire il liceo, un altro figlio vorrebbe diventare cuoco”.
„Vogliamo uscire dal campo, il futuro dei miei figli in Italia lo vedo diverso dalla realtà di questa struttura. E’ vero, dobbiamo ringraziare perché abbiamo la luce nel container e l’acqua per poter mandare i nostri ragazzi a scuola puliti. Prima vivevamo in una baracca, in condizioni igieniche peggiori e i bambini facevano i compiti alla luce della candela”. Il suo sogno è di prendere una casa in affitto, ma con uno stipendio non riuscirebbe a pagarla, per cui aspetta che il figlio grande trovi lavoro dopo il liceo. „E’ stato difficile ma siamo rimasti onesti. Per integrarsi bene bisogna vivere in mezzo agli italiani, non chiusi dietro al muro. Perché una volta scavalcato, i rom si ribellano e fanno cose brutte”.
“I rom dalla Romania sono più educati rispetto ai nomadi del campo provenienti dalla Serbia, Montenegro, Croazia, Bosnia-Herzegovina”. Dantes è andato a scuola nel suo paese fino a 18 anni, quando si è sposato. I rom romeni vanno a casa per un periodo ma poi devono tornare in Italia, perché in patria c’è ancora tanta povertà. Come in ogni comunità, ci sono delle persone brave e altre meno. Il pregiudizio che i rom cerchino il guadagno facile non sempre è fondato. „Gli italiani non conoscono la vera realtà, credono a quello che si dice in giro, che rubano, chiedono l’elemosina o fanno del male. I nomadi che lavorano come me passano inosservati”.
Autista per l’associazione „Sport senza frontiere”. Dantes ha trovato lavoro accompagnando come volontario i bambini in difficoltà a fare sport. Una volta dimostrata la sua bravura e serietà sul lavoro, è stato assunto. Mette tanta passione a portare i disabili a divertirsi con lo sport, alcuni li accompagna in piscina. „Mi trovo molto bene e le persone con cui collaboro hanno un cuore grande”.
„Il popolo rom è l’unico che merita il premio Nobel per la Pace, perché non ha mai fatto una guerra. I nomadi sono ladri, ma non assassini. Ci piace la musica, abbiamo una bella sensibilità e un’anima profonda”, conclude Dantes. „Dallo stato italiano ci aspettiamo più ascolto, comunicazione e fiducia. Ci dispiace che per loro siamo solo degli zingari”.
Raisa Ambros(03 aprile 2013)
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