Salute dei migranti, migliorare le pratiche inclusive

La prima normativa sull’accesso al sistema sanitario estesa anche agli stranieri temporaneamente presenti per prestazioni legate alla prevenzione risale al decreto legge 489 del 1995 firmato dall’allora presidente del consiglio Lamberto Dini, prodromo alla legge 40 del 1998, nota come Turco-Napolitano. “L’impegno nasce sull’onda degli sforzi della Caritas e di altre associazioni, in genere il lavoro delle istituzioni risponde alla domanda dal basso”, commenta Filippo Gnolfo, dell’azienda sanitaria locale Roma A e portavoce del Gris Lazio, gruppo immigrazione e salute, intervenuto nel corso del seminario “Immigrati e salute. Percorsi di integrazione sociale: esperienze a confronto” tenutosi il 18 aprile nell’aula Celli dell’Istituto di Igiene dell’università Sapienza.

Ed è proprio dal vuoto giurisprudenziale in materia che nel 1995 nacque il Gris Lazio, quando la presenza degli immigrati, soprattutto nella capitale, cominciava a diventare tangibile. “Era uno spazio di riflessione e proposte, un laboratorio di buone pratiche, per costringere le istituzioni ad agire”, continua Gnolfo, “non immaginavamo che saremmo diventati una rete che coinvolge 65 organizzazioni in tutte e cinque le province”.

Il 2009 uno dei momenti più difficili, dagli accordi di amicizia fra Italia e Libia – firmati ad agosto 2008 – per i respingimenti dei richiedenti asilo al Pacchetto Sicurezza, che introducendo il reato di clandestinità tentò di imporre l’obbligo anche negli ospedali di denuncia degli irregolari. “Ma dalla mobilitazione è nato un coordinamento nazionale” e la parte sulla segnalazione alle autorità degli sprovvisti di regolare permesso è stata abolita grazie anche alle forti proteste degli addetti ai lavori.

Ora la necessità del salto di qualità, “nel periodo di crisi economica serve maggiore attenzione ai bisogni dei soggetti vulnerabili, aggiustando il modello di welfare” e la sfida è “riuscire a coinvolgere le associazioni di stranieri in maniera più attiva”. La politica di inclusione deve prendere esempio dalla dichiarazione di Bratislava del 2007, documento promosso dal consiglio dell’Unione Europea per promuovere il benessere di tutti e facilitare l’integrazione e la partecipazione dei migranti all’interno dei Paesi ospitanti.

Ostacoli all’accesso Anche in una regione come la Toscana, con un sistema sanitario all’avanguardia, persistono problematiche all’accesso per i migranti, situazioni diffuse a livello nazionale. Una delle principali cause è la mancanza di un’informazione adeguata, “la fonte primaria resta il passaparola ma non è di buona qualità”, spiega Giulia Capitani del laboratorio management e sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Anche sul tema dei diritti si sa poco e la partecipazione dei mediatori culturali è organizzata “in maniera confusa”. Si continuano a temere denunce per gli irregolari, altre volte a scoraggiare sono i costi del ticket e le lunghe attese, soprattutto per le donne si riscontra anche una mancanza di indipendenza negli spostamenti con i mezzi pubblici.

La non conoscenza della lingua italiana viene ritenuta meno  penalizzante dagli operatori, “convinti che in qualche modo, anche a gesti, ci si riesca ad intendere, anche se di malintesi ce ne sono stati, come un caso arrivato alla nostra attenzione in cui si è rischiato di interrompere una gravidanza”. Il più delle volte sono i bambini nati qui a fare da interpreti per i genitori, visto il sottoutilizzo dei mediatori, non previsti o impiegati più come traduttori che come ponte fra culture.

Discriminazione reale e percepita Negli studi accademici compiuti dalla Scuola Superiore, non sono mancate le denunce di episodi di discriminazione, con commenti piuttosto pesanti sull’odore emanato da alcune etnie o divieti all’introduzione di cibo mirati esclusivamente a pietanze asiatiche, per non incorrere nel rischio di sporcare. Altre volte le indicazioni sono state erronee, magari dettate dalla scarsa conoscenza del sistema soprattutto per quanto riguarda il pronto soccorso, ad esempio per i codici di emergenza per cui non si segue l’ordine di arrivo in sala d’attesa ma la gravità della situazione. Ma nel complesso le valutazioni degli utenti non italiani sono state positive, al di là delle difficoltà di comunicazione.

Dati statistici I dati rilevati in Toscana relativi all’utenza di migranti, raccontano, a livello femminile, di una prevalenza da Asia ed Europa dell’est, rispettivamente il 38 e 40%, mentre tra gli uomini c’è più equilibrio di queste macroregioni con l’Africa. L’età media è molto più bassa, 30 anni contro i 57,5 dei nostri connazionali. I motivi del ricovero sono legati maggiormente a patologie psichiatriche, per gli uomini si riscontrano anche traumi e malattie dell’apparato digerente e respiratorio, derivanti dall’influenza che ha il luogo di lavoro sulla salute. Tra le donne prevalgono le connessioni con la gravidanza ed il parto, anche se le visite tardive sono stimate intorno al 12%. L’impatto con l’assistenza ospedaliera (6%) è però minore rispetto alla media nazionale, che sfiora il 9%.

Gabriele Santoro(19 aprile 2013)