In occidente lo sport è da sempre legato ad alcuni valori: il rispetto, la tolleranza, il principio della partecipazione. Difficilmente però, fare un’attività fisica, si lega ad una filosofia centenaria così come accade in Cina attraverso il Tai Chi. Proprio per insegnare ai ragazzi italiani l’importanza di questa disciplina, venerdì scorso si è svolta una lezione all’Università del Foro Italico. La sala 13 dell’ateneo romano, era gremita già dalle prime ore della mattina, e dopo una breve introduzione da parte del rettore, la parola è passata ai due ospiti della giornata: il maestro Flavio Daniele, uno dei maggiori esponenti del Tai Chi in Italia, e il maestro Guo Ming Xu, presidente dell’Accademia mondiale delle arti marziali interne cinesi.
“Questa disciplina– spiega Daniele- è nata oltre 1500 anni fa in Cina, e per lungo tempo è stata limitata ai confini orientali. E’ solo grazie al lavoro svolto da oltre trent’anni, dal maestro Ming Xu, che oggi può essere conosciuta da tutti noi. Il Tai Chi non è solo un’attività fisica che serve a rinforzare i muscoli, il suo intento è anzi la ricerca di un equilibrio tra lo Yin(componente fisica) e lo Yang (componente mentale).”Si fonda sull’idea che ogni uomo sia composto da due poli uno positivo e uno negativo e lo scopo di ogni movimento è quello di ricreare un equilibrio tra queste due forze interne”. Per illustrare la filosofia alla base di questa disciplina, il maestro Ming Xu utilizza un esempio estremamente chiaro:”Quando nasciamo siamo immersi nello Yang che corrisponde alla forza mentale, durante la crescita invece, sviluppiamo lo Yin, la forza fisica, a discapito della prima. Quando infine siamo anziani il nostro Yin è all’apice ed è a quel punto che sopraggiunge la morte.
Dopo questa prima parteteorica la lezione si è spostata allo stadio dei marmi. Qui, sotto un tiepido solo primaverile, i maestri hanno dato dimostrazione di alcune tecniche base, per poi seguire i partecipanti. Tutti gli esercizi, dai semplici cerchi nell’aria, sino alle figure più complesse vengono praticati con estrema lentezza e concentrazione dai maestri: ” La forza di quest’arte marziale risiede proprio nell’ampiezza dei movimenti – spiega Ming Xu- che corrisponde ad un uso “totale” dei muscoli e della mente. Una semplice prova di forza infatti, concentra lo sforzo in un unico gesto, ma se utilizziamo tutto il corpo, ci renderemo conto di poter imprimere la stessa forza con un movimento meno faticoso e più completo”.
Gli alunni presenti alla lezione rimangono interdetti di fronte all’affermazione del maestro e qualcuno esclama sottovoce ad un compagno: “ Ma dai, è impossibile! Cosa le passo a fare allora 3 ore in palestra!”. Per dimostrare la veridicità di quanto detto prima, Ming Xu, un uomo sulla settantina, chiede ad un ragazzo di fronte a lui di provare a bloccare il suo braccio. Il giovane, sui venticinque anni, inizialmente spaventato dall’idea di far male all’ “esile” vecchietto imprime poca forza, e viene subito redarguito dal maestro: “Più forte!”. Riluttante, lo studente stringe con vigore il braccio di Ming Xu,ma questo si libera, spostando anche di qualche metro il proprio “aggressore”, scatenando lo stupore generale. “ Vedete? Se avessi concentrato lo sforzo non mi sarei liberato, utilizzando invece i muscoli delle gambe e dell’addome, non ho avuto alcuna difficoltà. Dopo una dimostrazione così limpida del valore del Tai Chi la lezione è proseguita con figure sempre più complesse, e una volta conclusa i volti dei ragazzi non solo erano rilassati, ma sopratutto soddisfatti, per aver scoperto una disciplina nuova: “ Da domani altro che pesi- dice Valerio- tutti a fare Tai Chi!”
Adriano Di Blasi
(22 aprile 2013)