Per l’Egitto il periodo fra il 2008 e il 2011, fin quando scoppiò la rivolta contro il regime di Mubarak, fu contrassegnato da numerose scoperte archeologiche e accompagnato da una crescita del turismo. Uno degli esempi, la sistemazione del complesso templare di Karnak, nella regione di Luxor. “L’operazione fu promossa dal Consiglio superiore per le antichità, guidato da Hawass, in collaborazione con l’allora governatore di Luxor Farag”. Il 7 maggio Gihane Zaki, direttrice dell’Accademia d’Egitto, ha vestito per l’occasione i panni di docente nell’ambito del ciclo di lezioni sull’egittologia e ricorda con un certo orgoglio la gestione nazionale dei lavori nel sito – dove prese parte – senza ingerenze internazionali ed in particolar modo francesi, da tempo in prima linea quando si tratta della terra dei faraoni.
“Fu un momento molto delicato per i rapporti diplomatici tra i due paesi”, anche perché nel progetto di restauro era prevista la demolizione di una villa dove dalla fine del XIX secolo erano soliti risiedere gli archeologi transalpini. Ma non era il problema più grande, quando il parcheggio per gli autobus e un campo da calcio affiancavano un’area dalla storia millenaria. “Tra i motori accesi e l’aria condizionata d’estate, c’era grande inquinamento”. Altri punti a rischio, una zona agricola “per cui non ci sono stati problemi” e un lato con moschee e chiese, dove “non fu possibile convincere gli abitanti a lasciare spazio agli scavi”.
“La gente del villaggio circostante usava i resti come panchine, per sedersi a prendere aria, un’appropriazione estrema”, ironizza la Zaki. “Quando vedevano noi archeologi li coprivano con dei teli, come se non ci fosse nulla”. E i bambini ci giocavano, “vivendo il rapporto tra antico e moderno così come erano sempre stati abituati”. La soluzione per proteggere e preservare il sito, per quanto drastica, fu di innalzare un muro divisorio.
“È importante far crescere la consapevolezza nell’identità storica, recuperando testimonianze materiali del passato. L’Egitto dovrebbe inserire tutto questo dall’inizio del curriculum scolastico”, il pensiero della Zaki che non a caso dedica particolare attenzione ai bambini anche nel lavoro dell’Accademia: “magari tra 20 anni saranno lungo il percorso del Nilo, ricordando il nostro museo o il laboratorio”.
“Nessuno si sarebbe aspettato di trovare delle terme tolemaiche”, del II secolo a.C., mentre nell’area nord si potevano ammirare i resti della cappella di Thot, costeggiata dal “viale delle sfingi”, una sorta di corridoio di circa 3 km, affiancato da statue raffiguranti la figura mitologica della sfinge, che collegava Karnak a Luxor. L’iconografia di Thot, divinità della sapienza, scrittura, magia, misura del tempo, matematica e geografia è varia, più frequentemente è rappresentato con la testa di ibis su corpo umano, ma non mancano le sembianze del babbuino, “probabilmente dipende dalle zone, o forse dall’influenza della cultura ellenica, ma non si sa con esattezza. L’importanza del suo tempio è pari a quella che oggi può avere il Vaticano”.
Con il progresso dei lavori si capì che si celava una vera e propria cittadella, anche se lo stato di conservazione non era sempre ottimale. Dal ritrovamento di diverse rampe, fu ipotizzata la presenza di un ingresso principale e due laterali, probabilmente riutilizzati anche in epoca più tarda. Ulteriore prova del fatto che ci fossero abitazioni, fu data dai forni, con tracce di combustione mentre dal lato opposto del Nilo tornò alla luce anche un corredo di piatti, “lì sono stati più fortunati”. Ad ogni modo i tempi dei lavori furono ristretti, fra scavi e restauri “non è stato facile ma abbiamo contato sull’aiuto di giovani donne, competenti ed intelligenti, scelte dal Consiglio superiore per le antichità”.
Gabriele Santoro
(8 maggio 2013)
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