Medfilm Festival – Maouka Sékou Diabaté: storia di un griot

Maouka Sékou Diabaté
Maouka Sékou Diabaté cura il programma Afric-Khan su Radio Città Futura

“Nei 42 articoli della costituzione dell’impero Mandeng ce n’era uno che affermava che il griot era l’unico che potesse criticare il re, oltre a lodarlo. Il griot era la coscienza della società: due famiglie che litigavano chiamavano un griot a cantare”. “La mia non è nostalgia. Quando hanno chiesto ai nostri genitori di seguire la scolarizzazione all’occidentale uno di loro ha domandato ‘Che cosa sarà più importante: quello che impareranno oppure quello che dimenticheranno?’. Dobbiamo tenere tutto ciò che c’era di buono nel passato combattendo tutto quello che è male del presente, è così che si deve formare la cultura. E la musica tradizionale in Africa è una musica socialmente utile”. Parlare con Maouka Sékou Diabaté, giurato Piuculture del Medfim Festival originario della Costa d’Avorio, è come immergersi in un lago, infinito e calmo, pieno di parole, immagini, idee, storie. Perché lui è un griot, ti prende per mano e ti porta in viaggio con sé.

Il griot è il custode della cultura africana. “L’individuo è membro di una entità più importante: la famiglia. Dopo la famiglia viene il villaggio, poi il dipartimento e così via. Per dare un’idea precisa si dice ‘da noi’, il riferimento fondamentale è il ‘noi’”. “La conoscenza viene trasmessa dai padri ai figli maschi” e la scelta del plurale non è casuale: “Lo zio non si chiama ‘zio’ ma ‘papà’, tutti gli uomini che portano lo stesso cognome tramandano il sapere ai nuovi nati di sesso maschile, perché loro resteranno nella famiglia, mentre le donne andranno altrove”. E le donne allora che ruolo hanno? “La donna è soprannominata il baobab della famiglia, perché è la base di tutto”.

Diabaté ha studiato economia e commercio e cultura islamica – è musulmano praticante – e per 15 anni ha lavorato presso l’ambasciata della Costa d’Avorio, impiego che ha lasciato in seguito ai rivolgimenti che hanno attraversato il paese in occasione delle elezioni presidenziali del 2000, sfociati in una guerra civile durata oltre 10 anni. Alla base delle tensioni il concetto xenofobo di Ivorité, volto ad impedire l’accesso alla vita politica del paese da parte dei gruppi etnici considerati “non puri”, e la conseguente esclusione della candidatura di Alassane Dramane Ouattara, sostenuto dalla popolazione del Nord, a maggioranza musulmana. Per evidenziare il cortocircuito di un simile sistema Diabaté ricorre ad una metafora: “Il ramo può nascere dal tronco presente in un luogo, ma arrivare a fare ombra altrove”. E allora il problema della Costa d’Avorio è che: “Sono poche le persone che riescono a distinguere la fierezza dell’appartenenza dal fanatismo, perché la fierezza insegna a rispettare gli altri”.

Maouka Sékou Diabaté e Pap Kanuté
Maouka Sékou Diabaté e Pap Kanuté – Concerto di solidarietà organizzato dal Movimento degli Africani il 3-11-2012

Dopo aver lasciato l’ambasciata ha deciso di stabilirsi in Italia, paese che conosceva grazie ad un’attività di import-export avviata insieme al fratello. “Anche se ti sposti continui a sentirti rappresentante della tua famiglia” spiega. E poiché il griot “è un mediatore per nascita” la scelta di lavorare nelle scuole è del tutto naturale. “La mediazione culturale è utile sia per gli alunni di diverse origini, sia per gli insegnanti. Ad esempio in una scuola c’era un bambino africano che innervosiva la maestra perché non la guardava mai negli occhi e non amava stare in piedi quando lei era seduta. Nella cultura africana questi gesti, indirizzati ad una persona più anziana, sono considerati una sfida e un’offesa. Ma l’insegnante non aveva gli strumenti per decodificare il comportamento del ragazzino e capire che in quel modo lui la stava rispettando”. La vocazione di custode della cultura africana si esprime anche attraverso il programma Afric-Khan che cura su Radio Città Futura e le attività del Movimento degli africani. “Ognuno di noi è ambasciatore della propria società e io, in quanto griot, ho trovato nella musica il veicolo migliore. Attraverso i brani che trasmetto in radio e durante gli eventi cerco di lanciare un messaggio, di accompagnare gli ascoltatori in un viaggio tra le nazioni dell’Africa, di parlare alle coscienze”.

Quando gli chiediamo cosa pensi della giuria organizzata da Piuculture per il Medfilm Festival ci stupisce ancora una volta con la saggezza delle sue metafore. “Hanno chiesto ad un signore: ‘Perché ci sono diversi modi di giudicare la vita al mondo?’. Ha risposto: ‘Il mondo sembra un elefante morto sul quale hanno mandato tanti ciechi a toccarlo con le mani per definirlo: chi afferra la coda descriverà l’elefante come una coda, chi tasta la proboscide lo rappresenterà come una proboscide, chi le zanne… Ciascuno definirà il mondo secondo la sua piccola esperienza. Dato che la conoscenza è per noi come il baobab, non si può avvolgerla tutta, fa piacere che ti chiedano di dare il tuo piccolo contributo”. Perché se tante persone si prendono per mano riescono ad abbracciare il baobab giusto? “Sì, questo vuol dire che abbiamo bisogno di collaborazione”.

Sandra Fratticci (13 giugno 2013)

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