Nodi e carezze di lana

Aslami 5Il negozio di tappeti orientali al numero 144 di viale Regina Margherita ha messo in vetrina Mahmud Aslami, un giovane restauratore totalmente assorto nel suo lavoro. In questa stagione la porta è aperta, mi offre una sedia e si lascia intervistare. Con ago e filo di pecora riempie il tessuto mancante, calmo, preciso, estraneo al traffico rumoroso della via. E quando alza gli occhi, la sua mano resta in contatto con la lavorazione.

Kabul – Roma In questi giorni Mahmud ha compiuto trent’anni, sette dei quali vissuti in Italia. Ogni mattina arriva qui in bicicletta, per concedersi quel movimento fisico che poi per tante ore verrà concentrato solo su occhi e mani. Gesti sicuri, appresi fin da bambino. Ha cominciato a 9 anni a Kabul frequentando un artigiano dopo la scuola. Ha raffinato l’arte del restauro del tappeto in Iran, dove la sua famiglia ha passato vari periodi dal 1989, per via della guerra. Rientrato in Afganistan, per due anni Mahmud ha cercato di mantenersi da artigiano, ma il lavoro non bastava. Passando per la Turchia, ha raggiunto Roma dove risiede da sette anni.

Chiedo quali furono le prime impressioni di Roma. “All’inizio niente. Avevo in mente altro, sarei dovuto andare negli Stati Uniti con un commerciante iraniano. Solo dopo mesi, quando ho capito che il progetto non sarebbe andato in porto, ho cominciato a guardare la città. E mi è piaciuta – aggiunge – ammiro le antichità, quando ho tempo entro nei musei. Non ho scelto Roma, ma ora ci sto volentieri”. A Kabul ha lasciato tre sorelle e tre fratelli. “Stanno abbastanza bene e da due anni non c’è più bisogno del mio aiuto in denaro”.

Mahmud parla con ammirazione della Persia, patria dei tappeti e intanto Mehran Heravi, l’iraniano proprietario del negozio, mi illustra una carta della regione disseminata di icone che rappresentano le diverse scuole e modelli di tessitura. “Forme, colori, densità di nodi per centimetro quadrato sono indizi precisi, racconta Mehran, di ogni manufatto possiamo decifrare l’epoca e la provenienza”.

Osservando il negozio colmo di tappeti antichi, domando se ci sia sufficiente mercato per prodotti costosi. “Certo, quelli antichi costano molto, ma oggi il tappeto sta entrando nell’arredamento dei giovani. Effetto Ikea, aggiunge Mehran, per questo confezioniamo anche tappeti moderni, con pochi disegni e tinte morbide”. In estate aumenta il lavoro di restauro, quando i tappeti vengono ritirati dal pavimento ed è in cantiere l’apertura di un corso di restauro. “Abbiamo già una decina di iscritti”.

C’è un tappeto anche nella casa romana del giovane Mahmud? Sorride a una domanda tanto ingenua. “l primo mobile di un afgano è il tappeto, io ho un nain chiaro, ricamato a sottili fiori blu”. Come quello appeso alle sue spalle. Nell’intervallo dalle 13,30 alle 16 Mahmud va nel parco vicino, ascolta musica. Gli piacciono Andrea Boccelli, Pavarotti, Biagio Antonacci. L’italiano lo impara leggendo molto, autori classici e contemporanei che carica sul tablet. In questo momento è in lettura un romanzo ambientato nelle lotte industriali a Milano fine anni ’60, Mario Biondi Due bellissime signore, Rizzoli, e un libro poetico, riflessivo di Thomas Hardy, Piccole ironie della vita Sellerio.

Musulmano di nascita, Mahmud non frequenta la moschea e da qualche anno non pratica più il digiuno nel ramadan. Anche se l’amore con una polacca non è durato, tra gli amici annovera molti giovani dell’Europa orientale e del mediterraneo. L’impressione è di un giovane innestato nella tradizione e attento alle culture degli altri.

Paola Piva(2 luglio 2013)

Per comunicare con Mahmud  mahmud_aslami@yahoo.com  388-8925000Per comunicare con Mehran Heravi, Arte del Tappeto, v. Regina Margherita 144  06-83602384  347- 7776002