Maryjen tiene il broncio, le giornate di immersione totale nello sport sono finite. Ma se lei proprio non ce la fa a sorridere, tutti gli altri sono raggianti nonostante questo sia l’ultimo giorno al Club Lanciani. I bimbi, con berretti di diverso colore in base all’età, s’abbracciano eccitati. Per una settimana hanno praticato tennis, calcio, nuoto, hockey ginnastica artistica e zumba, l’areobica che fa ballare ai ritmi dei Caraibi. E hanno mangiato al ristorante, “un vero ristorante” precisa Adrian, che gioca a calcio e racconta orgoglioso di aver fatto “per la prima volta anche gli allenamenti”.
Quattro famiglie di peruviani, pachistani e filippini non hanno speso un soldo e non smettono di ringraziare Piuculture. In realtà questo regalo è dovuto soprattutto ad Angelo Desidera che gestisce il Club Lanciani e ad Alessandro Tappa presidente di Sport Senza Frontiere. Nel 2012 dalla loro amicizia è nata l’idea di inserire nel centro estivo a pagamento, una ventina di bambini che altrimenti sarebbero tagliati fuori da qualunque opportunità. Così il Club Lanciani – dove i clienti che pagano 140 euro a settimana sono in lista d’attesa – ha deciso di far posto a 20 bambini delle case popolari di Torre Spaccata, agli occupanti di Casal Boccone e ai rom. Quest’anno si sono aggiunti sei bambini stranieri, seguiti da Piuculture.
Si respira autentica allegria, a partire dalle responsabili. Alessandra Mochi del Club coordina una dozzina tra operatori e allenatori impegnati dalle 8 alle 17 con novanta bambini. Carola Parroni, due lauree e molta esperienza, segue l’inserimento dei bambini di Sport Senza Frontiere. Si capisce che tra le due c’è una bella intesa. “La mattina del primo giorno arrivano timidi, racconta Alessandra, si guardano attorno, ma alla sera li vedi andar via che sono già amici di tutti”. Le discipline sportive servono a sviluppare autonomia, vestirsi e svestirsi da soli, soprattutto ai maschietti, che secondo Alessandra sono più inclini a chiedere. Per lei questo è un osservatorio straordinario, famiglie ricche e povere, problemi degli uni e degli altri e a volte deve sbrigarsela con genitori un po’ prepotenti. “Ma so come gestirli”, afferma tranquilla.
Anche nonno Piero, capo del ristorante si diverte con i bambini, per nulla disturbato alla loro baldoria. “Addio dietologo”, dice ridendo. La prima cosa che salta è il menù sapientemente calibrato in base a principi nutrizionisti. I bambini devono vedere poco rosso, altrimenti non mangiano. Oggi per esempio era prevista la pasta col tonno, ci vorrebbe pomodoro, però li conosco e l’ho cucinata in bianco”. Oltre a tener conto delle intolleranze alimentari e del menù musulmano, bisogna sapere che in generale i bambini non amano i legumi e neppure il purè. “Probabilmente a casa sono abituati a cibi veloci da cucinare, osserva, così se faccio bastoncini findus è sicuro che li finiscono tutti”. E naturalmente ci vuole il gelato. Ma il lavoro più grosso e ripulire l’ambiente quando il pranzo è finito. Pavimento e muri compresi. Nonno Piero non si scompone, “è prevedibile, basta lasciarsi contaminare dall’allegria dei bambini”.
Antonella Trezzani, volontaria di Piuculture, spiega che la scelta delle famiglie straniere è stata condizionata dal problema del trasporto. In linea d’aria il Club Lanciani non è lontano dal nostro quartiere ma è mal servito dagli autobus. “Abbiamo invitato genitori che sono vicini tra loro, disponibili a fare a turno il trasporto macchina. Non si conoscevano, appartengono a paesi diversi, osserva, ma hanno subito ingranato. Adesso forse potranno socializzare nel quartiere e continuare la collaborazione”. Anche questo è un risultato. Tramite i bambini, Piuculture intreccia relazioni tra le varie comunità straniere. “A piccoli passi”, aggiunge Antonella, basta procedere con costanza senza aspettarci miracoli”.
Paola Piva(8 luglio 2013)