Per un musulmano praticante, a Roma, trovare un luogo dove potersi raccogliere in preghiera non abitando a Roma Nord sembrava un desiderio utopico, era così fino a 20 anni fa quando, a pochi metri dalla stazione di Centocelle, in Via Dei Frassini 4, è stata inaugurata la Moschea di Al Huda.
Sono le 17.15 di un sabato tra i più caldi della storia, stando alle allarmistiche fonti meteo, ed il fermento all’ingresso è in crescendo. Ad arrivare numerosi sono soprattutto i bambini: oggi per loro è un grande giorno poiché saranno protagonisti, dalle 17.30 alle 20.00, dell’annuale concorso sul Corano, durante il quale dovranno dimostrare la propria conoscenza del testo sacro dell’Islam.
Vicini ma differenti, due ingressi, uno per le donne e uno per gli uomini, aprono le porte su uno spazio multicolore dove si cammina scalzi tra bambini euforici e donne indaffarate. Il dinamismo si ricompone quando l’Imam dall’altra parte del divisorio in legno chiama alla preghiera. Rapida si forma una fila obliqua di donne silenziose. Guardingo uno dei bambini più piccoli, che si regge appena in piedi, gira intorno alla madre chiamandola con le labbra all’ingiù, prossimo alle lacrime. Ma non è il momento, e sembra quasi capirlo, poiché si allontana sgambettando a piccoli passi, osservando, non più triste ma curioso, il rito al quale tra qualche anno prenderà parte anche lui.
Terminata la preghiera le donne riprendono ad affaccendarsi. Tra loro, una è particolarmente emozionata, si chiama Suzan Mohamed, 21 anni, studentessa di Lingue alla Sapienza “sono egiziana ma, essendo nata in Italia, a 18 anni ho potuto chiedere ed ottenere la cittadinanza”. Negli ultimi mesi Suzan è stata l’insegnante di Corano dei bambini e ragazzi che si affollano ora nella Moschea. Una gara che metta alla prova la conoscenza del testo sacro è abbastanza comune nei paesi a prevalenza islamica “e perpetrarla qui è un modo per ricercare la nostra identità”. Coinvolta dall’organizzazione della Moschea stessa nel Concorso anche in ragione della sua esperienza d’insegnamento alla scuola araba Benedetto XII, per Suzan la sfida maggiore e più difficile è stata insegnare ai più piccoli “erano quelli più impazienti di andare via e che mal sopportavano quelle due ore seduti”. Tra le ragioni più profonde della sua dedizione all’insegnamento c’è “il precetto di Mohamed che dice che il migliore tra noi è colui che impara il Corano e lo insegna”.
Il metodo di Suzan si fonda sulla pazienza, molta, “leggo prima io il testo, poi loro e poi agisco in due modi, a seconda che siano piccoli o grandi, nel primo caso spiego solo come leggerlo bene qualora sbaglino, nel secondo approfondisco anche il significato di quanto stanno leggendo. La lettura del Corano non è solo una questione di accentazione, ma soprattutto di comprensione”.
Il Corano è composto di 30 capitoli di 21 pagine ciascuno, “esistono perciò diversi livelli a seconda dei capitoli che si conoscano a memoria, quindi da 1 a 30. Io sono al livello 10 ma sto cercando di migliorare” confessa Suzan “oggi partecipano i bambini, circa una trentina, mentre domani sarà la volta degli studenti delle superiori ed universitari.” La modalità del concorso è semplice: i gruppi sono suddivisi a seconda dei livelli per ciascuno dei quali sono preparati numerosi fogli con cinque domande circa la memoria di un pezzo in particolare. Di fronte a quattro Imam che prendono appunti, i candidati snocciolano le sure tutte d’un fiato.
Ed è proprio durante questo sabato che si possono vedere bambini di poco più di 5 anni con la voce bassa bassa e le parole che sembrano scappare dalla finestrella lasciata spalancata dai primi denti caduti. “Il primo ad imparare il Corano a memoria è stato Mohamed il nostro profeta. Impararlo a nostra volta corrisponde all’acquisizione di una sorta di credito per l’altra vita, quando, di fronte ad Allah, saremo chiamati a recitare il testo sacro a memoria. La nostra collocazione in Paradiso dipenderà anche da quanto e come sapremo recitarne”.
Yossra interrompe la spiegazione per chiedere sottovoce “Suzan m’interroghi?”. E così, avvolta nel suo velo verde prato la piccola risponde precisamente a tutte le domande della giovane insegnante intanto che la compagna Miriam ripete tra sé e sé aspettando il suo turno e rivelando con timidezza “ho paura di non essere preparata abbastanza bene e di non ricordare proprio tutto!”. Prontamente Suzan la incoraggia “sei una delle più brave, concentrati ed andrai alla grande”. Nel frattempo un altro piccolo concorrente, Amir sta rispondendo concentrato alla domanda pescata. Riesce a ricordare tutto ed è un lampo nello scendere dalla sedia per correre tra le braccia della madre che lo stringe a sé sorridente e lo manda a giocare.
Sul finire dell’intensa giornata di competizione Fatima sorride a chi l’arabo proprio non lo capisce e forse, ipotizza, ha avuto qualche difficoltà a seguire. Sua figlia ha già fatto la prova di memoria “è andata benissimo, la domanda era difficile”. Racconta di un lavoro che la porta in giro per il mondo, “sono assistente di volo ed ho visto veramente qualsiasi cosa. Così, quello che ho potuto constatare è che ti stanchi di tutto tranne della fede e che in fondo, l’origine è sempre Allah, scoperta o coperta che tu sia”. E quel sorriso su quelle esatte parole, lì tra donne, realizza, finalmente un sincretismo culturale e religioso.
Piera Francesca Mastantuono
(7 Agosto 2013)
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