Siria: i bambini rispondono con la guerra

Bambini siriani
Sono i bambini le prime vittime della guerra in Siria – Foto: Child Again

“Stavamo parlando del ramadan e alcuni bambini hanno disegnato una moschea con dei bimbi che giocavano e gli aerei che lanciavano bombe. Quando ho chiesto il perché uno di loro ha risposto ‘Io sto disegnando quello che ho visto’ come se fosse una cosa normale”. Lara El Debuch, 23 anni, è una delle giovani italo-siriane che nel mese di luglio ha partecipato alla missione organizzata da Women for Syria nell’ambito del progetto Child Again, promosso in collaborazione con Onsur e Ossmei per portare aiuti ai profughi siriani fuggiti in Turchia.

L’obiettivo di Child Again è aiutare ad essere bambini, ma per chi è nato in Siria non è affatto semplice: “Non possono frequentare le scuole turche perché sono senza documenti e quindi non godono dello status di rifugiati. Ci sono delle classi organizzate da volontari siriani, ma non sono istituzionali, si svolgono in garage senza luce”. È in alcune di queste strutture che Lara e le sue compagne hanno cercato di regalare un sorriso ai piccoli segnati dalla guerra: “Tantissimi bambini hanno perso il padre o entrambi i genitori. Siamo entrate in un orfanotrofio per figli di martiri e una bambina piccolissima è corsa verso di noi mostrandoci una barbie malconcia che teneva come fosse un tesoro: ‘Guarda che bella la mia bambola’ diceva. Allora abbiamo portato una decina di scatole di giocattoli”.

Disegno bambini siriani
Perfino un’automobile prende i colori della Siria libera nella fantasia di un bambino siriano – Foto: Child Again

Per i bimbi siriani la guerra è un pensiero fisso, che non li abbandona neanche mentre giocano: “Adoravano disegnare e i colori che sceglievano erano sempre quelli della Siria libera. La maggior parte dei bambini vede il proprio futuro nella guerra, non riesce ad immaginarne uno diverso, perché non ha mai visto la pace. Quando gli domandavamo cosa desiderassero fare da grandi dicevano il soldato, oppure il medico, per curare tutti i feriti.

La guerra è al centro dei loro pensieri. La proposta per i ragazzi più grandi è stata di fare una recita, ma qual è la prima idea che hanno avuto? “Rappresentare la rivoluzione. Quando gli abbiamo suggerito di fare una cosa diversa ci hanno risposto ‘Perché cambiare, tanto è questo che stiamo vivendo’. Poi per fortuna hanno preparato un spettacolo più allegro sul ramadan. Hanno voluto fare tutto da soli, con i testi scritti addirittura in arabo classico, è stato molto bello”.

È grazie all’impegno dei volontari che i bambini siriani possono trovare sollievo da una quotidianità agghiacciante: “Eravamo in un quartiere di Bab El Awa dove c’è stata una grandissima affluenza di profughi. Famiglie numerose vivevano in affitto in case piccolissime. Una presenza vissuta come un’invasione dai turchi che in questa zona sono per la maggior parte alawiti, lo stesso gruppo del presidente Assad”. Il clima è di tesa sopportazione: “Su molti balconi sventolavano le bandiere della Turchia e i siriani saltavano ogni volta che sentivano bussare alla porta”.

Lara El Debush e le bambine siriane
Lara El Debuch, 23 anni, è una delle volontarie di Woman for Syria, promotrici del progetto Child Again – Foto: Child Again

“Tantissimi ragazzi avevano sul corpo chiari segni di torture, alcuni erano sulla sedia a rotelle, altri non avevano più le braccia o una gamba”. Non c’è famiglia siriana sfuggita agli sfregi della guerra: “Una ragazza della mia età ci ha raccontato che nella sua famiglia ci sono stati 85 morti, tra cui il fratello più grande che ha lasciato due bambini di 3 e 5 anni”.

La guerra è follia: “Un’altra ragazza era sola con i due figli molto piccoli, il marito medico dopo averli portati in salvo è tornato in Siria senza dirle nulla per offrire aiuto in un ospedale. Lei cresce i due bambini e non sa dove sia suo marito né quando tornerà. Lui le ha mandato una foto e si sentono qualche minuto ogni sera al telefono. Le racconta dei feriti, a volte le manda anche delle immagini”.

La guerra è orrore: “Si parla di stupri da parte dei soldati del regime. Pare entrassero nelle case nel pieno della notte, prendessero in custodia gli uomini e agissero a loro piacere. Abbiamo saputo di una bambina di 14 anni che è rimasta incinta dopo una violenza”.

Bambini siriani
“Abbiamo portato fili e perline per fare braccialetti, i bambini hanno voluto regalarli tutti a noi volontarie” – Foto: Child Again

Vivono sospesi i siriani: “La maggior parte è senza passaporto e quindi non può raggiungere i paesi come la Svezia che stanno offrendo asilo ai rifugiati siriani”. Ma anche chi può muoversi spesso decide di restare: “La mia famiglia è a Damasco. La situazione è sempre la stessa: ogni giorno bombardamenti e la gente che guarda il cielo e spera di non essere colpita. Gli diciamo di venire via da lì, ci rispondono ‘No, noi vogliamo morire nelle nostre case’”.

Dopo l’attacco con armi chimiche dello scorso 21 agosto, costato la vita a 1300 civili, si attende la decisione della comunità internazionale su un possibile intervento militare. E mentre la società civile scende in piazza per protestare contro l’immobilismo delle grandi potenze – il 24 agosto a Milano, il 29 agosto a Roma – continua a tormentarci una domanda dolorosa: conosceranno mai la pace i bambini siriani?

Per aiutare i bambini siriani è possibile visitare la pagina facebook del progetto Child Again oppure rivolgersi alle associazioni Onsur e Ossmei.

Sandra Fratticci
(28 agosto 2013)

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