Viva El Perú: comunità peruviana tra storie, fotografie e quinoa

Artigianato peruviano
Artigianato peruviano

Il 28 luglio del 1821 il Perú dichiarava la sua indipendenza dagli spagnoli. 192 anni dopo, il Consolato Generale del Perú a Roma ha organizzato il suo festival Viva el Perú: unidos por un sentimiento, un modo per celebrare – come ogni anno – la sua festa nazionale. Nel programma, mostre di artigianato e fotografia, degustazioni di prodotti tipici, danze e sfilate, ma anche campagne di informazione sanitaria e di orientamento per i giovani.

Il compito di portare i visitatori per mano in questo pezzetto di Perú a Roma spetta a Sandra Bossio Rissio. È lei che ci illustra l’esposizione fotografica “Peruanos en Roma: donde hay un peruano, allí está el Perú”, che raccoglie gli scatti di Stefano Romano, Osvaldo Barba Baylón, e Pedrix, alias Pedro Diaz. Uno sguardo alle immagini, e siamo in Piazza San Pietro ad conoscere la comunità del Señor de los milagros, poi ad osservare gli Inti Raymi, tra i costumi tipici degli Indios. Nelle foto ci sono i bambini, sia quelli che danzano la marinera che la piccola cucharita in costume, o la famiglia riunita: bellissimo l’incontro delle tre generazioni – mamma, nonna, nipote – che si abbracciano nello scatto di Stefano Romano.

Mostra fotografica
Mostra fotografica

“In Perú esistono tremila tipi di patata: quella nativa, ad esempio, si tiene tagliata a pezzetti sui tetti delle case. Per mangiarla, bisogna farla stufare”. Ce lo spiega una chef d’eccezione: Elsa Javier, peruviana d’origine e italiana per amore, in Italia da 23 anni e simbolo della gastronomia peruviana a Roma. Mentre suo marito Luciano Piacentini le arriva in soccorso con una bottiglia d’acqua ghiacciata, Elsa continua a parlarci dei prodotti tipici della sua terra: “Il 2013 è l’anno internazionale della Quinoa. Su questo tema ho tenuto anche un discorso alla FAO”. Lo stand è una fonte continua di ispirazione. Cibi di ogni genere, forma e colore, lo riempiono: “questa è l’aloe vera, la sabila, si dice che allontani il malocchio. La si tiene appesa dietro la porta: la leggenda dice che la pianta pianga quando in casa entra qualcuno con cattive intenzioni”. Vediamo anche l’olluco, peperoncino tipico, e il mais nero, che, ci spiega Elsa, “ha straordinarie proprietà contro i radicali liberi”.

Importare prodotti dal Perú  è piuttosto complesso: scopriamo così il progetto di Sierra Exportadora. Ce lo presenta la consigliera aggiunta nel XIX Municipio Eva Alejos Ocrospoma, ex poliziotta arrivata in Italia nel 1996 per lavorare nel Centro Armadillo, ente di sostegno all’integrazione dei minori immigrati. Dal 2006 opera con orgoglio nel Comune di Roma: “prima le donne erano solo tre, oggi siamo in nove”. Ha molto a cuore Sierra Exportadora, “Organismo Público Ejecutor de la Presidencia del Consejo de Ministros”, che lavora per garantire la sostenibilità della zona andina-peruviana e renderla competitiva sul mercato. Della giunta Marino ha fiducia: “si lavora bene, c’è dialogo. Ci sono molti ragazzi, e penso che potremo fare un buon lavoro: sono contenta”.

A: ti piace scrivere poesie. B: ti piacerebbe visitare la sede del CNR. C: da piccolo giocavi con le costruzioni. Sono alcune delle domande che si trovano nel modulo che due ragazze distribuiscono nello stand accanto. “Sono giocose, ma servono a capire le proprie inclinazioni”, ci spiegano. “Siamo due studentesse della Sapienza. Cerchiamo di spiegare ai nostri connazionali perché per integrarsi al meglio è preferibile scegliere un ateneo italiano rispetto ad università peruviane”. La festa del 28 luglio, per loro, è tutt’altro che un puro evento di costume: al centro di orientamento allo studio e al lavoro la comunità dei giovani peruviani può trovare informazioni e sostegno per la scelta universitaria e post-universitaria. Le ragazze sanno il fatto loro. Ci racconta Fiorella Ramos Ortiz: “Sono venuta in Italia con i miei genitori, come molti miei connazionali. Ho studiato qui, mi sono perfettamente integrata: ho moltissimi amici italiani, ma le mie origini non le nascondo, mi piace ritrovarmi con la mia comunità”. Si gira, si guarda attorno, sorride: “I nostri eventi, comunque, sono aperti a tutti, lo vedi”. Studiare in Italia è una via all’integrazione? “Sì, ma può essere difficile. Per questo promuoviamo anche corsi di matematica per stranieri”.

Area di attività per i bambini
Area di attività per i bambini

Il professore che si occupa dei corsi è Francisco Leon, che insegna matematica alla Sapienza. L’amore per l’Italia gli è venuto mentre studiava a Rio de Janeiro: “lì ho conosciuto un professore italiano che mi ha appassionato con il suo modo di concepire la matematica. Così ho deciso di fare il dottorato in Italia”. Al suo arrivo, Francisco ha preso una decisione: “mi sono sforzato di stare il più possibile con gli italiani. L’errore che fanno molti miei connazionali è quello di chiudersi in comunità, autoghettizzandosi. Per integrarsi, in realtà, bisogna interagire con i locali, e non solo per necessità burocratiche o per la scuola…bisogna farlo a 360 gradi”. Molti peruviani, come è stato per Francisco, studiano in Brasile: “ma non si integrano: un po’ per via della vicinanza con il Perú, un po’ perché considerano quella permanenza solo temporanea”. L’Italia, invece, è per molti una meta non solo distante ma anche definitiva.

Certo, gli italiani non sempre rendono la vita facile: “il loro difetto più grande è che tendono continuamente a sminuire l’altro, anche quando il suo status culturale è più alto. Lo fanno, a volte, anche tra colleghi in diversi ambiti…” commenta Francisco, sorridendo: “io lo trovo assurdo: per me si muore senza sapere mai davvero nulla”. La soluzione? “Cambiare mentalità, soprattutto per loro stessi. Gli italiani ne hanno la possibilità, a partire dalla scelta dei loro rappresentanti”.

C’è molto da lavorare da entrambe le parti. Certo è che la presenza di tanti italiani, in questo 28 luglio peruviano, apre molto più di uno spiraglio.

Veronica Adriani

(6 agosto 2013)