È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legge 104 del 2013, che all’articolo 9 estende la durata del permesso di soggiorno per motivi di studio: “al periodo di frequenza, anche pluriennale, di un corso di studio o per formazione debitamente certificata, fatta salva la verifica annuale di profitto”. Bisognerà attendere l’adeguamento del testo unico sull’immigrazione, nei prossimi 6 mesi, per conoscere le concrete modalità di applicazione della norma che, nelle intenzioni dei promotori, ha l’obiettivo di rendere competitivo il sistema formativo italiano per attirare studenti dall’estero.
Un’iniziativa accolta con favore dagli studenti stranieri che vivono in Italia: “Sicuramente si risparmierà un sacco di tempo perché tutto l’iter per il rilascio andrà fatto una volta sola” commenta Renée, studentessa venezuelana da poco laureata in Ingegneria biomedica. “Ogni anno era necessario prendere il kit, consegnare il modulo compilato alla posta per prendere l’appuntamento e infine recarsi alla questura assegnata e fare una fila lunghissima. Ora sarà tutto più semplice”.
Proprio la burocrazia è indicata tra i principali ostacoli con cui deve confrontarsi chi arriva dall’estero per studiare in Italia: “L’attesa per il permesso di soggiorno varia da 6 mesi ad un anno. Spesso arriva già scaduto e non serve a niente” spiega Olsi, studente di origine albanese. “Finché non hai il permesso non puoi viaggiare, tranne che per tornare nel paese di origine” aggiunge Saghar, studentessa iraniana.
Alle attese si aggiungono i classici disservizi tipici dell’Italia: “L’ufficio immigrati è come un lager” afferma Olsi “Si sta tutti ammassati in file lunghissime davanti ai 3 sportelli funzionanti su 15 disponibili. I funzionari ti danno risposte sbrigative e ti trattano come un cittadino di terza categoria”.
Mancando inoltre un’armonizzazione tra i paesi la scelta di venire in Italia si trasforma a volte in una corsa contro il tempo: “Il manifesto degli studi esce in genere intorno a luglio” racconta Viktor, studente di arte: “Ma la domanda in Ucraina va presentata molto prima, quindi ci troviamo in enorme difficoltà”.
A complicare ulteriormente le cose ci sono regolamentazioni del tutto particolari: “Per chiedere la borsa di studio Laziodisu chiede agli studenti provenienti da paesi extra UE i documenti tradotti dal Consolato italiano nel paese d’origine” spiega Saghar “Quindi solo per presentare la domanda ci vogliono 200 euro e i nostri genitori devono mettersi in fila già dalla notte perché la coda è enorme”.
E non è detto che si riesca ad ottenerla: “Le borse di studio sono pochissime e ancora meno gli alloggi, spesso parecchio lontani dalla città, parliamo di zone come Ponte di Nona”. Inoltre non è possibile presentare domanda per entrambi i benefici: “Il che è comprensibile perché in questo modo si aiutano più persone” è l’opinione di Renée “Però ho conosciuto un ragazzo che aveva ottenuto l’alloggio e mangiava solo in mensa perché altrimenti non ce l’avrebbe fatta con le spese”.
Altra nota dolente sono appunto le spese. Studiare in Italia costa, e tanto: “Un posto letto a Roma si trova mediamente a 250 euro, mentre per una singola si va dai 300 ai 600 euro”. E poi ci sono bollette, cibo, libri, trasporti, solo per attenersi all’essenziale: “Con una singola economica più spese ci vogliono circa 650 euro al mese”.La borsa di studio, quando c’è, basta a coprire la metà. E il resto? “Chiedi aiuto ai genitori e se non possono dartelo cerchi lavoro, ma in nero, perché con il permesso per motivi di studio non puoi lavorare più di 20 ore a settimana” confessa Olsi. “Conosco molti ragazzi che hanno dovuto abbandonare gli studi e lasciare il paese perché non sono riusciti a sostenere i costi” racconta Saghar.
Bisogna poi considerare il problema del riconoscimento dei titoli di studio, la scarsità di corsi in lingua inglese e l’adozione di misure che certo non facilitano gli studenti stranieri, come quella recentemente adottata dall’Accademia delle Belle Arti di Roma che ha introdotto una tassa fissa di 1000 euro l’anno per i soli studenti provenienti da paesi extra UE.
E se alcuni, nonostante le difficoltà, si dichiarano soddisfatti del percorso formativo seguito, altri sono profondamente delusi: “Pensavo di trovare il paese della cultura, della storia, dell’arte. Mi sono dovuto ricredere”. “Molti dopo aver finito se ne vanno. Chi resta spesso lo fa per una scelta di vita più che di studio: se ho ottenuto a fatica il visto per entrare in Europa cerco in tutti i modi possibili di non perderlo: magari mi apro la partita IVA o vado a lavorare in un ristorante pur di mantenere il permesso di soggiorno”.
Sandra Fratticci (26 settembre 2013)
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