Appello per l’istituzione di un corridoio umanitario: parla Melting Pot

CIE lampedusaA una settimana dalla tragedia del naufragio di Lampedusa, è ormai tempo di fare bilanci. Sia la visita di Manuel Barroso ed Enrico Letta sull’isola che le dichiarazioni di Napolitano – che ha definito quella di Lampedusa “una tragedia europea” – hanno definitivamente sancito l’internazionalità della questione e la necessità di cercare soluzioni condivise a livello europeo.

La soluzione più immediata per evitare nuove vittime è per molti l’istituzione di un corridoio umanitario. A proporla con un appello sostenuto e firmato da diverse associazioni è Melting Pot, progetto europeo per la promozione dei diritti di cittadinanza. “Chi si affida a una barca per arrivare in Italia lo fa per sfuggire alla guerra e alla morte: non fa un calcolo della legalità della sua azione”, spiega Nicola Grigion, coordinatore di Melting Pot, mentre illustra le ragioni della necessità del provvedimento. “Al momento in Italia non esiste un visto per asilo: gli unici modi per raggiungere il nostro paese restano il pagare per avere visti di altro tipo o affidarsi ai barconi. Crediamo che sia opportuno che chi fugge dalla guerra possa passare per vie legali anziché affidarsi ai trafficanti”.

L’apertura di canali europei di asilo apre naturalmente altre questioni, tra cui l’inadeguatezza da parte dell’Italia di gestire non solo l’afflusso di profughi ma soprattutto la loro accoglienza. Nei giorni seguenti agli eventi il dibattito si è focalizzato sulla necessità di costruire nuovi campi di attesa e di difendere le frontiere, “ma non è quella la soluzione”, continua Grigion. “Il problema non è costruire nuovi campi e costringere i profughi a restarci mesi, se non anni. Il punto è costituire una mobilità europea, che consenta ai migranti di raggiungere gli altri paesi. In Inghilterra c’è una forte comunità siriana: molti profughi desiderano raggiungerla, ma non possono, venendo costretti a nuovi viaggi clandestini. Si sente spesso di morti per asfissia sui camion che arrivano dalla Grecia”.

Melting PotL’Europa deve essere protagonista del cambiamento insieme all’Italia, che non è riuscita finora ad imporre le sue ragioni: “è necessario adeguare l’Italia agli standard europei di accoglienza dei rifugiati”, ma soprattutto “cancellare la Bossi-Fini, che chiude i canali legali di immigrazione lasciando aperti quelli illegali: si pensi solo che la legge non consente il ricongiungimento familiare con figli maggiorenni se questi non possono dimostrare un’invalidità del 100%”. La legge Bossi-Fini ha anche avuto un altro effetto, stavolta sulla popolazione italiana: “ha costruito l’idea della paura, del grande afflusso di immigrati. Eppure i numeri dicono chiaramente che in Italia i rifugiati riconosciuti sono 50.000, a fronte dei 500.000 della Germania. Inoltre, solo l’8-9% fa ingresso da Lampedusa: c’è stata negli anni una spettacolarizzazione degli eventi che hanno assunto proporzioni inverosimili”.

Dello stesso avviso è l’On. Khalid Chaouki, deputato PD che a seguito dei fatti della settimana scorsa ha proposto l’istituzione di una giornata di lutto nazionale e con una delegazione in visita a Lampedusa ha documentato la situazione dei profughi nel centro di accoglienza, che definisce  senza mezzi termini “un disastro”.

Il primo passo che muoverà in Parlamento è “una proposta di legge sull’asilo e l’abolizione del reato di immigrazione clandestina”, argomenti che sembra stiano suscitando attenzione anche tra le file di un PDL finora scettico. “Abbiamo poi chiesto di spostare i profughi in altri centri: sarà necessario stanziare dei fondi specifici per sostenerli”, continua l’On. Chaouki, che invoca un intervento congiunto con l’Unione Europea sulla questione. Ancora una volta la necessità di istituire un corridoio umanitario appare prioritaria “innanzi tutto per salvare vite umane e cambiare finalmente la prospettiva; e in secondo luogo per garantire ai profughi libici e siriani la possibilità di richiedere asilo ed entrare in Europa”.

Lampedusa, che sembra essere il casus belli per una questione lungamente dibattuta con scarsi risultati, appare oggi anche il punto di partenza per un nuovo corso: “a Lampedusa ho visto molta solidarietà e molta umanità da parte degli abitanti, che pure in questi anni sono stati lasciati soli. Senza la loro generosità molto non si sarebbe fatto, ma ora è il momento di intervenire”, spiega Chaouki. Gli fa eco Grigion, che oltre alle iniziative in programma in questi giorni segnala la volontà di andare a Lampedusa nei prossimi giorni: “Abbiamo già parlato con gli abitanti e con molte associazioni. Lampedusa è stata finora oggetto di molte strumentalizzazioni: è giusto ripartire da lì per rendere l’isola protagonista del cambiamento”.

Veronica Adriani

10 Ottobre 2013

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