Il dialogo tra le religioni: una via di pace a Sant’Egidio

panoramica_Nell’ambito dell’evento Il coraggio della speranza, l’incontro Internazionale tra le religioni e culture, organizzato dalla Comunità Sant’Egidio, si è svolto, lunedì 30 settembre, un dialogo tra le religioni nella parrocchia di Ognissanti, in via Appia Nuova 244. Nel silenzio di una sala della chiesa strapiena, il pubblico era composto prevalentemente di persone sopra ai 30 anni: uomini e donne, rappresentanti delle istituzioni religiose italiane e straniere, giornalisti e fedeli. Il dibattito è stato presieduto dal Cardinale e arcivescovo di Barcelona, Lluis Martinez Sistach, che ha sottolineato le uguaglianze e le diversità nel perseguire la pace esposte dai leader religiosi delle diverse comunità: buddista, musulmana, sikh, cattolica. Alla fine dell’incontro gli ascoltatori hanno posto delle domande e hanno giudicato positiva l’iniziativa, una possibilità di arricchirsi spiritualmente. Un religioso sikh in sala ha espresso un pensiero: “Nel dialogo siamo sempre in tre perché c’è Dio che ascolta ed è presente.

“Il dialogo non sta solo nelle parole, ma anche nelle azioni. Non è abbastanza avere il concetto della religione, è importante pregare per la pace”, Jaysukh S. Mehta dell’Istituto indiano di giainolologia ha spiegato come si percepisce la religione e il dialogo nel giainismo. Gli esseri umani sono in grado di visualizzare solo una parte della verità con il proprio modo di capire il concetto. Dando l’esempio delle persone che toccando ad occhi chiusi le parti diversi di un elefante immaginavano il mondo in modo differente, ha sottolineato che i leader religiosi dovrebbero prendere atto della religione a 360°. “Più fiducia e tolleranza reciproca nelle persone. Possiamo andare oltre le differenze religiose nel dialogo ed imparare dalle altre religioni. Aprire le porte della casa e offrire il calore umano. Il dialogo nasce dal rispetto verso l’altro, nel credere che l’altra persona ha qualcosa di buono da dire”.

“Nella religione la cosa importante sono i mezzi non i fini”, ha detto Mohinder Singh, dell’Istituto indiano di studi Panjab, raccontando la storia di un indiano e le diverse possibilità che ha abbiamo di vedere Dio: per vedere il cielo bisogna salire sul tetto, alcuni ci arrivano con la scala, altri con ascensore ma alla fine tutti vedono il cielo e le stelle. “Ci sono nove tradizioni religiose in India capaci di coesistere pacificamente. Oggi stiamo cercando un modello che unisca le religioni”.

“E’ difficile mettere d’accordo su un concetto tanti rappresentanti della stessa religione, provenienti da culture, mentalità, paesi e lingue diversi che lo stesso numero di religiosi di fedi diversi”, questa è la conclusione dell’imam di Milano, Yahya Sergio Yahe Pallavicini, vicepresidente del COREIS. Però si possono trovare delle sinergie molto simboliche tra le religioni. Alla domanda di un giornalista se crede che una preghiera comune potrebbe salvare la pace, la risposta è “non riusciamo più a credere che un atto condiviso con partecipazione sincera dei fedeli di diversi religioni orientato verso Dio potrebbe influenzare governanti, capi di stato, ai popoli. La condivisione della preghiera può portare la pace nel mondo.“La religione è come una zattera usata dagli esseri umani per attraversare il fiume da una riva all’altra. Le pratiche religiose non sono da portare sulle spalle ma qualcosa su cui camminare e gioire per la felicità che nasce da questi azioni”, sostiene Tep Vong, patriarca del buddismo cambogiano. E’ convinto che nel nostro tempo i credenti siano sempre di meno per varie cause: la principale è che i rappresentanti religiosi non praticano gli insegnamenti della loro religione nella maniera onesta.

Raisa Ambros(03 ottobre 2013)