Festa del Sacrificio: la Mecca di due giovani ricercatori

meccaIl 15 ottobre si è celebrata la Festa del Sacrificio, o Eid al-Adha, la più importante del mondo musulmano. Roma si è preparata anche quest’anno a celebrare l’evento, alla Grande Moschea e non solo. Ad esempio la Tabaski, la Festa del Sacrificio senegalese, dopo le preghiere della mattina si è trasformata in una serata colorata di balli e cibo tipico. La Festa del Sacrificio è così importante nella religione islamica perché chiude l’ultimo mese dell’anno islamico (Dhu al-Hijjah) deputato al pellegrinaggio “maggiore” alla Mecca (Hajj).

“Prima di andare alla Mecca è importante avere il perdono di genitori, amici e parenti. Nessuno attorno a te deve sentirsi offeso in qualche modo, e se ciò accade devi cercare di renderli felici o sereni nei tuoi confronti. Inoltre è necessario non avere debiti con nessuno, o saldarli prima di partire”, spiega Hanieh, trentenne studentessa iraniana, in Italia da tre anni per un dottorato in Ingegneria delle Telecomunicazioni. Parlando della Festa del 15 Ottobre ci spiega che l’uccisione di un animale, che tanta indignazione suscita tra i non islamici, ha per i musulmani un senso molto specifico: “l’animale sacrificato deve soddisfare determinati requisiti: non deve essere cieco né sordo, e necessariamente in buona salute. La sua carne va donata ai poveri”.

Insieme a lei c’è il collega Obaidullah, trentunenne afghano, che parla più diffusamente del pellegrinaggio alla Mecca: “Per poter fare l’Hajj devi essere in grado di permettertelo anche economicamente. È importante che il tuo denaro sia Halal, ovvero che la fonte della tua ricchezza sia chiara e pulita, non derivata da attività illegali. Inoltre, dovresti assicurarti che tra le persone che condividono la tua sfera quotidiana non ci siano poveri. Se riuscirò a soddisfare tutti i requisiti programmerò di sicuro il mio viaggio”, racconta, prima di spiegarci in dettaglio il rito del pellegrinaggio.

Obaidullah ci racconta che i cinque pilastri dell’Islam, di cui la Hajj è solo l’ultimo, mirano alla creazione di una purezza spirituale del fedele: la dichiarazione di fede in Allah (Shahadah), la preghiera ripetuta cinque volte nell’arco della giornata (Salat), l’osservanza del Ramadan (Sawm), la carità verso i poveri (Zakat), e infine il pellegrinaggio maggiore: “se un fedele vuole andare alla Mecca durante un qualsiasi altro mese dell’anno, naturalmente non ci sono restrizioni: potrà compiere il pellegrinaggio minore, l’Umrah”.

Per Obaidullah il pellegrinaggio alla Mecca non è solo una questione di fede: “è obbligatorio per tutti i musulmani, ma ci sono altri aspetti positivi da tenere presenti: aspetti culturali, sociali, politici, economici…”, perché in effetti aver compiuto la Hajj significa poter entrare a pieno titolo nella comunità dei fedeli, compiendo un salto di qualità agli occhi dei compagni. “Non ho mai immaginato il mio viaggio, ad essere onesto. Ma spero che un giorno sarò in grado di andare alla Mecca, e pregare Dio perché perdoni i miei peccati”.

Hanieh pensa invece da tempo al suo viaggio alla Mecca, ma sa che dovrà aspettare ancora, soprattutto per le lunghe liste di attesa: “il pellegrinaggio è ammesso solo un mese l’anno…questo significa che ci sono delle code lunghissime”. Ha le idee chiare, però, su cosa la attenderà: “prima di avere la possibilità di andare alla Mecca dovrò essere libera da ogni peccato e trovarmi pura di fronte alla casa di Dio. Questo significa che sarò una persona perfetta, piena di senso di umanità”.

Nonostante il timore di contagio del coronavirus che l’anno scorso ha registrato 51 vittime e che ha costretto le autorità a diminuire del 20% l’afflusso dei visitatori nel luogo sacro, il numero di pellegrini arrivati alla Mecca nei giorni scorsi è stato stimato intorno ai due milioni di persone. E chissà che nei prossimi anni tra quei pellegrini non figurino anche dei nuovi giovani musulmani che vivono lontano dal loro paese senza dimenticare le loro tradizioni.

Veronica Adriani

(17 Ottobre 2013)

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