Immigrati nel pubblico impiego, una riforma da attuare

concorsi pubblici-id12732Dal 4 settembre gli immigrati in possesso di un permesso di soggiorno CE di lungo periodo – richiedibile da chi ha un permesso di soggiorno da almeno cinque anni – o titolari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria hanno la possibilità di partecipare ai concorsi della pubblica amministrazione, ambendo così ad un contratto a tempo indeterminato in enti locali, scuole, ospedali e aziende pubbliche. Dalle misure che recepiscono la Legge europea n.97 del 6 agosto 2013 sono esclusi gli impieghi relativi alla sicurezza nazionale, come nell’esercito, in polizia e in magistratura.

Nonostante il plauso del ministro dell’Integrazione Kyenge, che qualche settimana fa aveva parlato di “un valore aggiunto e strategico in ambito economico, culturale e sociale”, rimangono diverse perplessità. Su tutte, già emersa nel dibattito parlamentare, la restrizione degli aventi diritto: i deputati Pd, Sel e 5Stelle avevano avanzato la proposta di allargamento anche ai possessori di un permesso di soggiorno a tempo limitato.

“Abbiamo una presenza di immigrati istruiti, laureati, che non potranno esprimere le proprie capacità professionali”, commenta Kurosh Danesh, sindacalista di origine iraniana. “Avere assunzioni nel settore pubblico vuol dire mette a disposizione della collettività le competenze”. In più la distinzione fra carta semplice e di lungo periodo sarebbe una “violazione della Convenzione Oil – Organizzazione Internazionale del Lavoro – del principio costituzionale di eguaglianza e del Testo Unico sull’immigrazione”, aggiunge Alessandra Ballerini, avvocato, che ricorda come l’Italia sia “una Repubblica fondata sul lavoro”.medicostraniero

Oltre alle sollecitazioni europee ci sono stati altri motivi che hanno spinto al piccolo passo avanti verso la parificazione dei lavoratori. Numerosi si sono infatti susseguiti i “ricorsi di chi si vedeva negata l’assunzione dopo la vincita di un concorso o nonostante l’iscrizione ad ordini professionali, per l’assenza della cittadinanza”, spiega Danesh. I singoli casi, anche in assenza di una legge nazionale, avevano sempre la meglio in sede giuridica, anche perché una volta che si crea un precedente le sentenze successive non possono non tenerne conto. “Abbiamo seguito almeno due casi di licenziamenti perché la pubblica amministrazione dopo oltre un anno dall’assunzione si era accorta che lo straniero non aveva la cittadinanza italiana o comunitaria”, aggiunge la Ballerini.

Il dumping nella sanità In un sistema in cui la contrattualizzazione degli stranieri nel pubblico poteva essere solo a termine, nell’ambito della sanità si erano venute a creare delle situazioni particolari. Prendendo a riferimento gli infermieri delle Asl, “venivano formati da cooperative che inseriscono queste figure nelle strutture attraverso appalti, ma con stipendi miseri, 600-700 euro al mese, per turni massacranti di 8-10 ore. Questo contesto ha portato al dumping – procedura di vendita di un bene o servizio in un mercato estero ad un costo ribassato rispetto al proprio mercato, ndr – che ricadeva anche sugli italiani, perché se abbassi un potere contrattuale tutto il settore ne soffre di conseguenza”, continua Danesh.

Kurosh Danesh, sindacalista
Kurosh Danesh, sindacalista

Blocco del turn over Perché la legge diventi realmente effettiva c’è anche da superare un ulteriore fattore, il cosiddetto blocco del turn over attivo dal 2010, per cui le assunzioni a tempo indeterminato devono rientrare in una spesa complessiva del 60% rispetto alle cessazioni dell’anno precedente, con qualche eccezione ridotta addirittura al 20%. Chiaramente gli svantaggi sono per tutti, italiani e non. Una volta oltrepassato questo ostacolo, si spera con la fine della crisi, sarà fondamentale una pubblicizzazione della riforma finora non avvenuta, “molti non sono venuti a conoscenza delle possibilità di acceso, l’aiuto dei media sarà fondamentale per diffondere questa notizia”, chiude la Ballerini.

Gabriele Santoro(1 ottobre 2013)