Per la strada: un pasto caldo per gli immigrati e non solo

“Il nostro servizio viene svolto con l’unico obiettivo di rispettare l’essere umano e di farlo sentire accolto” spiega Eliana, vicepresidente dell’associazione Per la strada, raccontando il lavoro dei volontari che ogni sabato sera alla stazione Termini offrono un pasto caldo agli immigrati e agli italiani in difficoltà e senza fissa dimora.Un appuntamento fisso per loro: alle 20.30 si mettono silenziosi in fila aspettando il loro turno. Sono per lo più africani, gli stessi che vivono per strada e dormono sotto gli archi della stazione di via Marsala. Gli altri si dividono tra le persone dell’est e alcuni sudamericani: tanti uomini e poche donne, ognuno con il suo dramma e il suo sogno. Sono affamati, hanno lo sguardo dentro la pentola del riso al pomodoro con la silenziosa preghiera di averne un cucchiaio in più. Si siedono sul marciapiede di fronte al banco improvvisato dei volontari per mangiare con tranquillità. Il piatto si svuota in fretta e molti fanno la seconda fila. Ma quando vengono riconosciuti e gli si nega la porzione, spiegano che la prima l’hanno regalata ad una signora oppure che è caduta per terra.“Oggi la cena non è buona, non dovete pensare che noi non conosciamo il vero sapore”, si lamenta un immigrato. “Perché portate sempre le stesse cose, vogliamo un piatto diverso” dice un altro “Io non voglio la pasta, ma posso avere due panini?”: c’è chi contesta la cena, chi ringrazia, chi vorrebbe fare il bis, chi bestemmia nella lingua d’origine pensando che nessuno capisca, per apprezzare poi le pietanze in italiano. Il cibo finisce presto, ma nessuno rimane senza, perché ci sono sempre delle scorte di pizza o cornetti.Chiedo di fare una foto, di spalle, e vedo gente che scappa dalla fila. Provo a scattare ma vengo accerchiata dagli immigrati spaventati all’idea di apparire sul giornale. Vogliono sequestrarmi la macchinetta: sicuramente hanno tante cose da raccontare della loro vita ma si vergognano di mostrare che vivono di pietà. Più tardi, tranquillizzati, prendono i loro cartoni, le coperte vissute e sporche, e si sdraiano sull’asfalto accanto alle mura della stazione, sotto lo sguardo indifferente dei viaggiatori. La strada è diventata quieta e loro invisibili.“All’inizio molti erano ubriachi ma con il tempo hanno preso l’abitudine di presentarsi puliti e lucidi. Piano piano si sono affezionati, Dicono che non mangiano dalle altri parti perché noi, anche se portiamo la pasta scotta, abbiamo sempre il sorriso sulle labbra e lo facciamo con amore”. Ileana racconta di una famiglia, dove gli immigrati e italiani si incontrano soprattutto per scambiare due parole, con la voglia di essere ascoltati, che si parli del tempo, della squadra preferita o del governo ladro.”Nello stesso tempo gli insegniamo a rispettare le regole: chi arriva qui deve imparare che le donne possono girare di notte sole, con i pantaloni, con i capelli sciolti senza per questo essere infastidite. A volte dobbiamo discutere con la polizia e i vigilantes perché dicono che i volontari sono responsabili di questa gente e dei cartoni per strada”.“In 12 anni di attività con l’associazione Per la strada ho imparato a non avere paura di ciò che non conosco, dei barboni, degli altri. Negli anni ho sempre trovato qualcuno che dice grazie” spiega Antonella Terzani, volontaria Piuculture. Ogni tanto d’estate prepara il cous-cous e gli immigrati sono felici, mentre gli italiani preferiscono sempre la pasta. “Contano sulla nostra presenza, sanno che un gruppo di volontari passa sempre. Saltare un turno è come lasciare 150 amici per strada. C’è chi dice di essere a digiuno dal giorno prima, e chi ha sotto il braccio la cartella clinica perché è stato appena dimesso dall’ospedale”.D’estate ci sono circa 80 persone, d’inverno 200. “Sembra un’attività rischiosa, in realtà è alla portata di tutti” racconta Timotio che opera da poco più di un anno. “Impari a comunicare con le persone provenienti da tutto il mondo”. Valentina è una studentessa che vorrebbe fare volontariato per tutta la vita: “I miei genitori mi chiedono se non mi sento appesantita emotivamente. Tutt’altro, mi arricchisce molto essere utile agli altri, sapere che un mio gesto li fa sentire meglio”.L’associazione Per la strada è apartitica e aconfessionale e svolge quest’attività tutto l’anno di sabato e domenica, a Ostiense e a Termini. Ci sono 18 gruppi che fanno servizio a turno e si autofinanziano: dalla macchina alla benzina, dai tavoli ai cibi. L’unico aiuto arriva dal banco alimentare che dona pasta e legumi. Ogni gruppo ha la sua identità: ci sono gruppi cattolici, laici, protestanti.L’associazione si occupa anche di famiglie indigenti, per anni ha supportato il campo nomadi in zona Spinaceto e ha avviato progetti sperimentali come La lavatrice, dedicato al recupero della plastica. Con il tempo le famiglie nomadi sono state indirizzate alle parrocchie, dove venivano aiutate con pacchi alimentari e le maestre verificavano che i bambini frequentassero la scuola, mentre Per la strada lavorava al campo fornendo vestiario e svolgendo attività ludiche per i più piccoli.

Raisa Ambros(14 novembre 2013)

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