L’integrazione va in scena al “parco dei poveri”

Bachu racconta il
Bachu racconta il “parco dei poveri”

Il progetto “parco dei poveri”, curato dall’associazione Dhuumcatu, della comunità bengalese di Roma, è una risposta concreta per poter attuare l’integrazione. Infatti, da anni, le istituzioni e molte associazioni indipendenti cercano di trovare una soluzione ai problemi legati all’immigrazione. Discriminazione di ogni genere, criminalità e sfruttamento della prostituzione sono solo alcuni dei temi che vengono affrontati. Il progetto è stato presentato, grazie al filmato di Guglielmo Enea, la scorsa settimana alla libreria “Assaggi” di San Lorenzo.

La zona del “parco”, che si trova tra via Ettore fieramosca e via di casal Bertone, era stata scelta come area di compensazione della TAV ovvero una zona da riabilitare a spese delle ferrovie dello stato, in cambio della concessione fatta dal comune per costruire la nuova linea. Come spesso accade in Italia però, quest’area è stata abbandonata a se stessa ed è diventata, in pochi mesi, una discarica a cielo aperto oltre che un ritrovo per tossici.

 Ed è qui che entra in gioco Dhuumcatu. ” L’idea di riabilitare questa zona- spiega Bachu, responsabile dell’associazione-  è nata per due motivi principalmente: il primo era quello di creare un orto didattico per i bambini italiani e stranieri. Ormai viviamo in un mondo in cui l’agricoltura e il lavoro della terra sono stati messi da parte, mentre è giusto che i nostri figli lo rispettino e lo conoscano. Il secondo era l’idea di poter avere un luogo di ritrovo, sia per le riunione della nostra associazione che per tutte quelle comunità di Roma che vogliono incontrarsi . E’impensabile per esempio non avere la possibilità di festeggiare delle ricorrenze tradizionali, solo perchè il comune non riesce a darci uno spazio adatto o non ci aiuta a trovarne uno.” Sia Dhuumcatu che tante altre associazioni infatti, hanno chiesto di essere ricevuti in comune per far valere i propri diritti e per dimostrare il lavoro che stanno svolgendo in questa zona, ma la risposta non è arrivata:” Non ci hanno dato neanche delle buste di plastica per raccogliere l’immondizia lasciata dagli italiani e che noi abbiamo pulito!

Nonostante le difficoltà però, il progetto è andato avanti e oggi l’area è stata completamente riabilitata. E’ stato fatto l’orto didattico e sono stati completati dei campi da cricket ma l’opinione pubblica continua a perseguitarli, come spiega lo stesso Bachu:” Ci accusano di aver occupato il “parco”, di averne fatto un centro sociale. La realtà è che se non fosse stato per noi, quella zona sarebbe stata lasciata all’immondizia e al degrado. Ormai vivo da 23 anni in Italia e sò come vanno le cose in questo paese. Negli anni novanta si dava la colpa ai marocchini, poi agli albanesi e ai rumeni. Dal 2001 infine è toccato ai mussulmani. Qui l’immigrato è diventato un capro espiatorio per la politica, ed è ingiusto per tutte le persone che vengono in Italia per lavorare e costruirsi una famiglia. Sarebbe bello se invece che assegnare punti per il permesso di soggiorno per ogni attività che ci fa assomigliare sempre più agli italiani, ci assegnassero punti per raccontare il nostro paese e per insegnare le nostre tradizioni mischiandole con le vostre”. Già, sarebbe bello.

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Adriano Di Blasi

( 30 novembre 2013)