Comunità marocchina, un radicamento con molte criticità

Una manifestazione della comunità marocchina in Italia risalente al 2012
Una manifestazione della comunità marocchina in Italia risalente al 2012

Con poco più di mezzo milione di soggiornanti, la comunità marocchina è numericamente la prima fra le africane e nel complesso fra le non comunitarie in Italia. Ed è una delle più “antiche”, già che affonda le radici negli anni ’70, ben prima che esplodesse la questione immigrazione nel nostro paese. Ma nel corso di questi quarant’anni le stesse presenze maghrebine sono andate differenziandosi: i primi ad arrivare furono manovali nell’industria e nei campi o venditori ambulanti, poi sono giunti più abitanti delle città principali ed ora la principale causa di ingresso risiede nei ricongiungimenti familiari.

“Donne e bambini hanno dato normalità, ma hanno fatto emergere i problemi legati all’inserimento delle nuove generazioni”, interviene Mohamed Sahad, presidente dell’Associazione Nazionale Oltre le Frontiere. “Il confronto è stato complicato, il tessuto sociale era impreparato alle novità culturali, portate avanti con difficoltà”. Fondamentale è diventata così la figura dei mediatori, “l’apporto degli associazionismi italiani e marocchini che hanno cercato di immettersi nel processo di partecipazione politica”.

Nel giugno 2013 il Marocco è stato il primo dei paesi mediterranei ad aver firmato con la Commissione Europea la “partnership sulla mobilità”, accordo sull’immigrazione che agevola l’ottenimento dei visti per studenti ed imprenditori, anche se la tutela dei flussi non viene sempre garantita. Per ovviare a certe lacune sono intervenuti così due progetti, l’Iprit (Immigrazione Percorsi di Regolarità in Italia) e l’E-Bosla.

Il progetto Iprit Il primo, finanziato dal Ministero dell’Interno italiano, si propone di migliorare la situazione favorendo un’immigrazione informata e consapevole di cittadini dal Marocco. A supporto è stata creata una guida in italiano e francese che introduce alla nostra normativa, con un glossario in arabo finalizzato al linguaggio burocratico. Questi strumenti saranno utilizzati in due sessioni formative sul mondo sociale e della pubblica amministrazione, in modo da poter diffondere ulteriormente le conoscenze a beneficio di chiunque intenda raggiungere il Belpaese.

Il progetto E-Bosla Il secondo intende costruire un percorso di orientamento per donne, minori ed anziani prima della partenza per l’Italia. “Molte donne vengono da zone periferiche e sono poco istruite”, spiega Ugo Melchionda dell’Oim e responsabile del progetto. Un grande aiuto può arrivare dalle figure dei mediatori, magari con “doppia cittadinanza”. A corollario è stato pubblicato anche un “libro per analfabeti, fatto di illustrazioni e file audio che dimostrano la pronuncia corretta delle parole legate all’immigrazione, sulla scuola, la casa, il lavoro, gli sportelli per sbrigare le pratiche”. La vera sfida è stata “superare le diffidenze, per prime quelle dei familiari stessi. L’attività deve diventare stabile, solo così le apprensioni spariranno”.screen-shot-2014-01-09-at-10.36.11-pm

Statistiche La forza lavoro maghrebina è costituita da circa 300 mila persone, la maggior parte delle famiglie vive con un solo reddito perchè non è facile per le donne l’inserimento occupazionale. I principali settori di assorbimento manodopera sono i servizi (52,7%), l’industria (41,4%) per chiudere con il 5,9% dell’agricoltura. La criticità principale sta nella scarsa qualificazione, solo per l’1,5% del totale contro una media del 5,9% del complesso dei migranti, mentre i non qualificati sono il 40,6% a fronte del 34,6% delle altre comunità. L’81,6% è occupato come dipendente e il 18,44% lo è in forma autonoma, dimostrando tuttavia dinamismo imprenditoriale.

Il bilancio culturale può soddisfare solo per la frequenza scolastica, con 98 mila iscritti nelle scuole, ma non per quella universitaria, con appena un migliaio di permessi di soggiorno per motivi di studio. Nel 2011-2012 i laureati marocchini sono stati 134 sul totale di oltre 7 mila, mentre gli immatricolati sono stati 458, quinto posto fra i non comunitari. Per quanto riguarda le seconde generazioni, un’indagine dell’associazione Genemaghrebina ha riportato un desiderio diffuso di integrazione senza però voler perdere la propria identità, conservando il passato per aprirsi al nuovo, senza far pesare in maniera disfunzionale specialmente sulle ragazze simboli e tradizioni.

Gabriele Santoro
(30 gennaio 2014)