Migranti e banche, l’integrazione passa dall’ inclusione finanziaria

immigrati e banche: una signora straniera preleva allo sportello automaticoI clienti migranti delle banche italiane sono circa un milione e mezzo, con un tasso del 57% fra gli adulti regolari, lo dice il rapporto dell’Abi – Associazione Bancaria Italiana – e del CeSPI – Centro Studi di Politica Internazionale.  Va ad invertirsi così la tendenza che vuole lo straniero esclusivamente intento a spedire il suo denaro nel Paese d’origine tramite le rimesse, ed è un sintomo della stabilizzazione. Anche se molto spesso i migranti usufruiscono di servizi base, come la semplice apertura di un conto corrente.L’inclusione finanziaria dei migranti è fondamentale per la cittadinanza economica, ulteriore tassello all’inserimento nella società ospitante”, spiega Marco Marcocci presidente dell’associazione di volontariato Migranti e Banche, costituitasi nel 2010 ma nata come sito internet già nel 2007.

Questo è il primo punto dello statuto, un obiettivo che “consente di abbandonare il sommerso ed entrare nel circuito della legalità”. Secondo scopo è la promozione del commercio equo e solidale, per una cultura di mercato che si autofinanzi garantendo investimenti in successivi progetti. Infine l’impulso per un turismo responsabile e sostenibile, “per novembre o dicembre stiamo organizzando un viaggio in Togo, a contatto con le realtà produttive locali dei villaggi”, al di fuori delle tratte più classiche dei flussi turistici, con la possibilità di osservare i processi di produzione artigianali.

Da martedì 18 febbraio è iniziato anche un corso di sei ore diviso in tre lezioni per l’alfabetizzazione finanziaria dei migranti, “perché si strutturi una familiarizzazione con le banche. Al tempo stesso anche il personale bancario deve essere formato, spiegando i comportamenti del migrante e le necessità che questi possono avere in relazione al progetto migratorio e alla sua stabilità. Il mini ciclo si svolge presso la sede messa a disposizione dal collettivo Lottantuno, in via Calpurnio Fiamma, metro Lucio Sestio.foto (1)

Una ventina circa gli iscritti per il primo appuntamento, provenienti prevalentemente dal Sudamerica – Perù ed Ecuador su tutti, ma anche Paraguay – con un paio di presenze capoverdiane ed una dallo Sri Lanka. Tutti hanno almeno un conto bancario o un libretto postale, ma la curiosità regna sovrana, se si è scelto di partecipare è perché si vuole sapere di più sui servizi ed il ventaglio di opportunità offerti su misura. Anche se ovviamente, parlando di banche, la diffidenza c’è, “tanto loro non perdono mai” è il pensiero diffuso. Qualcuno più ottimista chiede: “insegnateci a moltiplicare i nostri soldi!”.

Ad aprire l’incontro è stato Giacomo Pecorari di Extrabanca, istituto italiano a tutti gli effetti ma con una particolare attenzione per gli extracomunitari. Situato a piazza Vittorio Emanuele, eroga i classici servizi dall’apertura di un conto ai transfer monetari a tassi agevolati, dai mutui ai fondi pensionistici. Per venire incontro all’utenza, oltre all’orario continuato 9-19 fino al sabato per favorire i lavoratori, lo staff è multietnico, si va dalla Cina alle Filippine, all’Arabia Saudita al Sudamerica: “su nove dipendenti sono l’unico italiano, praticamente lo straniero sono io!”, ironizza un Pecorari bersagliato di domande dagli attenti corsisti, desiderosi di capire ogni dettaglio.

Nella seconda parte si è aperto un discorso sul microcredito come strumento di inclusione, con Bruno Cassola del Mag – Cooperativa Mutua finanza di Autogestione – Microfinanza nel Lazio. Nella prossima riunione, il 25 febbraio, il focus sarà su rimesse e monetica – l’insieme di trattamenti elettronici e telematici per la gestione dei pagamenti tramite carte di credito – per chiudere con una panoramica tecnica sulla finanza, cui si potrebbe aggiungere una sorta di riepilogo generale se certi temi si dimostreranno più “caldi”.

foto“Il comportamento dell’utenza è a macchia di leopardo”, racconta Marcocci, “più si ha anzianità migratoria più si è dentro agli argomenti bancari, ma il fenomeno va letto come una griglia mobile a più fattori”. La stabilità del progetto, come detto, è condizionante, ma influiscono spesso anche l’etnia – “alcuni hanno un sistema informale forte, chiamato ‘hawala’ basato sulla fiducia interna alla comunità che storicamente risiede nei mercati asiatici e dell’Africa sub sahariana – e la religione: “è da un po’ di tempo in corso un dibattito sulla finanza islamica, con percorsi studiati in collaborazione con la Coreis, Comunità Religiosa Islamica, l’organo ufficiale in grado di rilasciare certificazioni halal (=lecito)”.

Gabriele Santoro
(19 febbraio 2014)