Aleksandra: laureanda con permesso di soggiorno

Aleksandra: laureanda con permesso di soggiorno
Aleksandra: laureanda con permesso di soggiorno

Aleksandra è una studentessa fuorisede, la sua parlata non sa di nessun dialetto, ogni tanto alle parole dà un accento particolare, è un suono che non viene da nessuna regione, viene dalla Serbia. Ha 27 anni e da 14 ha un appuntamento fisso col permesso di soggiorno, come lei 1 milione e 800 mila stranieri circa in tutta Italia ripetono la stessa procedura ogni anno. All’ultimo rinnovo il computer non ha riconosciuto le sue impronte digitali perché il freddo le ha screpolato le mani e l’ufficio non ha potuto rilasciarle i documenti. Ha una cultura di carte e trafile burocratiche, e ha assaggiato più volte le maniere supponenti che caratterizzano i funzionari della questura di Teramo.

Quando sono venuta in Italia era maggio 1999, la Nato stava bombardando e mia mamma, che era già in Abruzzo, è venuta a prendere me e mio fratello. Non c’era nemmeno il traffico aereo, ci siamo spostati con autobus e treni facendo un giro molto lungo”. Il viaggio non è stato un buon inizio: “mia madre aveva messo soldi, documenti, ricordi, tutto nella sua borsa e un uomo, ben vestito e disposto ad aiutarci, gliel’ha portata via”. Per venire in Italia hanno usufruito del ricongiungimento familiare e hanno ottenuto subito il permesso di soggiorno: “eravamo in un momento particolare a causa della guerra, e poi ci ha aiutato un amico avvocato”.

“Dal 2006, anno in cui mi sono diplomata ho il permesso per motivi di studio: e lo Stato non mi garantisce più l’assistenza sanitaria, oltre i 170 euro per i documenti ne devo pagare altri 150 euro per l’assicurazione”. Aleksandra è laureanda al corso di Editoria a La Sapienza di Roma, come se non bastassero i problemi che affrontano i neolaureati quando sarà dottoressa dovrà trovare il modo di non essere espatriata. Suo fratello dopo le scuole superiori non ha continuato gli studi, gli hanno rinnovato il permesso due volte, ma poi, non avendo trovato lavoro, rischiava di dover tornare in Serbia. Per restare si è iscritto a un corso di assistente sanitario: un investimento di 2000 euro. Secondo il dossier Caritas 2014 in Abruzzo il 22,2 per cento degli studenti di scuola superiore è di cittadinanza straniera.

“Io dovrò iscrivermi a un master o trovare qualcuno che mi faccia un contratto di lavoro, ma in 12 anni di esperienza soltanto tre volte sono stata assunta regolarmente”. Da ragazzina sognava di fare la reporter di guerra, ma con la maturità ha cambiato idea: “è vero che il giornalismo è un mestiere per ricchi, io non posso permettermi anni di stage non pagati”. Aleksandra a Roma si mantiene da sola, lavora in un bar, ovviamente in nero. “Per noi sarebbe importantissimo che la Serbia entrasse nell’Unione Europea, paghiamo ancora caro il prezzo della guerra etnica nei rapporti internazionali. Forse è vero che la nostra economia non è pronta ma non credo che la Romania o la Bulgaria siano messe meglio di noi”. Come molti giovani italiani pensa a un’esperienza all’estero dopo aver concluso gli studi, ma c’è il rischio che perda il diritto di tornare in Italia. “È assurdo: noi viviamo qui, abbiamo la residenza qui, c’è mia madre con la carta di soggiorno che può restare a tempo indeterminato”.

Se non fosse per quella “k” in mezzo al nome, nessuno direbbe che Alkesandra è una ragazza straniera. Ma l’appuntamento fisso col permesso di soggiorno le ricorda che la sua permanenza in Italia ha sempre una data di scadenza.

Rosy D’Elia
(30 gennaio 2014)