“Apre la 13esima edizione del Rome Independent Film Festival, Minnie Driver, protagonista dell’indie Return To Zero, chiude Franco Battiato con Temporary road. Lo sguardo delle donne è cinema al RIFF”.
For true indipendence, recita la tagline di quest’anno, descrivendo una delle poche rassegne cinematografiche romane con un respiro libero e internazionale: “il cinema del vero passa prima al festival degli indipendenti: dall’allarme giustizia ai diritti umani”, questi i temi dei film e documentari che saranno messi in scena a Roma, dal 16 al 23 marzo 2014 al Nuovo Cinema Aquila, nel cuore del Pigneto. 6 i film in gara per la sezione internazionale, 6 i lunghi italiani, 20 documentari, di cui 8 esteri. In attesa, sabato 15 marzo, si balla all’Animal Social Club, con mini anteprime snatch dei film.
Return to Zero dell’americano Sean Hanish, domenica 16 marzo alle 20.10, sarà la prima delle anteprime europee e mondiali. Il sofferto racconto di una giovane coppia alle prese con un aborto perinatale, mai affrontato al cinema. Il film, girato a Los Angeles, nasce dall’esperienza personale dell’autore, e segna il ritorno sulla scena di Minnie Driver, premio oscar nel 1998 per Will Hunting –Genio Ribelle, qui insieme a Paul Adelstein (Prison Break, Grey’s Anatomy) e Alfred Molina (Il codice Da Vinci, Abduction). Ad introdurre il film, da Cuba il documentario No Limits, di Juan Carlos Alom, Ismael de Diego e Armando Suárez Cobián, che indaga il rapporto fra architettura e potere nella Grande mela. Cobián, che vanta grandi collaborazioni con registi internazionali come in Che, con Steven Soderberg, è il presidente di Giuria.
Un caleidoscopio al femminile: la selezione dei lungometraggi stranieri propone in maniera quasi monotematica la figura della donna come principale protagonista. Gli uomini iniziano a parlare veramente delle donne: è madre-figlia in Nuwebe di Joseph Israel Laban, che si ispira alla realtà. Krista a soli 9 anni rimane incinta, conquistando così il triste primato di madre più giovane delle Filippine. La pellicola, fortemente critica, è finalista al Cinemalaya Pjilippine Independent Film Festival e Barbara Miguel è già migliore attrice all’International Film Festival; artista ribelle, angosciata, in Paradise Cruise di Matan Guggenheim e in Tempo Girl di Dominik Locher dove l’amore è il filo conduttore; problematica in The Girl From The Wardrobe che “segna il passaggio di Bodo Kox, icona del cinema off polacco, al mainstream”. Selezionato per il Karlovy Vary International Film Festival, il film ha gia vinto il Golden Frog al Polish Film Competition; infine, donna sola, in La herida (La ferita) di Fernando Franco. L’attrice che interpreta “Ana-la borderline”, si è aggiudicata un premio ai Goya Awards nel 2013 e uno al Mar De Plata Film Festival. Premi anche per la regia di Franco al Goya Awards e al San Sebastian Film Festival.
Sembra interessante in questo senso, il commento di Mario Morcellini al convegno Rai Donna è…, in cui spiega “perché vale la pena concentrarci sui dati sociologici sui consumi culturali. E soprattutto su uno, “per qualche verso clamoroso. Dal teatro al cinema, dalla musica classica al live, dalla lettura “intensa” di libri alla visita di mostre e musei, dai siti archeologici allo sport mediato… Le donne sono più degli uomini in tutti i file del comportamento comunicativo. Non era scontato rispetto al passato”.
Ma sono i documentari, la colonna portante del Riff, il vero prodotto cinematografico indipendente. Impegno sociale, ambiente, mafia e contrasto alle multinazionali, temi globali affrontati dalla sezione italiana dei documentari, nomi che a ben vedere sono ormai ibridi. Da Another World di Thomas Torelli, un inedito modo di interpretare la realtà, alle tematiche “eco” di Wangki di Joana de Freitas Ginori e Matteo Vieille Rivara, romani, incentrato sulla battaglia quotidana del popolo Miskito, in Honduras, per preservare l’equilibrio tra uomo e natura, fino a Dreaming about Burning Man di Gaia La Rouge, milanese, il racconto di “uno degli eventi più straordinari che avvengono negli Stati Uniti, dedicato interamente alla libertà di espressione e l’indipendenza”. Siamo al Burning Man, l’uomo che brucia nel Black Rock Desert, Nevada.
Tra i titoli esteri Desert Runners di Jennifer Steinman (Usa), che scava nella psicologia degli ultra-atleti, i complessi modi in cui gli esseri umani affrontano l’angoscia e il trionfo; l’originale storia di riconversione urbana di Ruina di Markus Lenz, dalla Germania. Cosa succede quando una banca fallisce? Ad esempio può essere occupata da 3000 persone e trasformata in un progetto abitativo. È quello che succede nel centro storico di Caracas; infine, la “visita” in uno degli ambienti più riservati che possa esistere al mondo: una prigione afgana per le donne in No Burqas Behind Bars, diretto da Nima Sarvestani, regista svedese-iraniano. “Prigione di Takhar. 40 donne. 34 bambini. 4 celle. Nessun burqa. Questo documentario fa entrare gli spettatori in uno degli ambienti più riservati di tutto il mondo: una prigione afgana per le donne. Attraverso le storie personali delle prigioniere, ben comprendiamo come i crimini morali siano spesso usati per manipolare le donne. Sima, sposata a dieci anni, è fatta prigioniera con i suoi cinque figli per 15 anni. Qual è il suo crimine? Essere fuggita da un marito violento che aveva già ucciso la sua ex moglie”.
Alice Rinaldi
(14 marzo 2014)