Siria: la primavera araba di Shadi, a suon di computer e connessione

Locandina manifestazione Siri
Locandina manifestazione Siri

Le primavere arabe sono tutte targate 2.0, perché caratterizzate da un uso massiccio dei nuovi mezzi di comunicazione, per mobilitare, coagulare le resistenze e scardinare i regimi. Shadi è di quelli che fanno di un pc e di una connessione le armi per spingere la primavera siriana e mettere fine al regime in mano agli Assad, che tiene sotto assedio il paese da quaranta anni. Un attivista italo-siriano che vive nel nord Italia. Uno di quelli che racconta la guerra giorno dopo giorno, che parla con chi fa informazione sul territorio andando incontro a bombe e mettendo a rischio la propria vita. Un megafono della ribellione siriana, puntato sulla popolazione italiana, per farci capire cosa stia accadendo. Shadi sa bene che il web da solo non può cambiare le cose, per questo chiede all’Italia una maggiore consapevolezza su quello che è uno dei conflitti più duri dopo la seconda guerra mondiale. Ecco perché sabato 15 marzo sarà in piazza a Roma per la manifestazione nazionale per il popolo siriano.

“Il web è importante ma il radicamento territoriale ancora di più” dice Shadi che gestisce il gruppo facebook informare x davvero “ti faccio un esempio. Prima che iniziasse la rivolta contro il regime, nel febbraio 2011, un attivista lanciò su facebook un evento dal titolo il giorno della rabbia. Al momento della manifestazione a Damasco arrivarono solo in venti o trenta persone”. Altro è ciò che è accaduto dopo, “in Siria, dopo la rivoluzione, sono nate oltre venti radio indipendenti, alcuni giornali sono stampati clandestinamente, altri al confine, in Turchia”. “Il regime riesce a controllare i media nazionali, la carta stampata, ma non il web. Gli attivisti intercettano il segnale turco, usano il satellitare”.

Informare per davvero
Informare per davvero

Anche Shadi in Italia ha dovuto combattere le sue insidie. Il primo anno di lotte della primavera araba siriana – a cavallo tra il 2011 e il 2012 – ha svolto la sua attività sottocopertura. Un attivista anonimo, per scardinare le tesi “degli amici del regime, presenti anche in occidente”. “La mia attività era fingermi un normale commentatore di blog e siti vari, dove si dicevano menzogne sulla Siria, e scrivere dei commenti salomonici e ben documentati, che controbattessero quelle tesi. Per fare un esempio si diceva che la Siria è un paese dove la gente vive bene, tranquilla, grazie alla guida Assad. Io non potevo stare zitto, perché sapevo e avevo visto con i miei occhi cose diverse nei miei numerosi viaggi”.

Sabato ricorreranno tre anni dall’inizio della rivoluzione siriana. La data del 15 marzo 2011 è stata scelta – raccontano gli organizzatori -come inizio della rivolta siriana perché quel giorno nella città meridionale di Dara’a le forze di sicurezza di Assad arrestarono 14 bambini, colpevoli di aver scritto su un muro gli slogan della primavera araba rivolgendoli al regime di Damasco. I bambini furono restituiti alle famiglie con evidenti segni di torture, dopo che Dara’a aveva assistito a manifestazioni senza precedenti nella storia recente della Siria represse subito duramente. Pochi giorni dopo ad essere rapito fu Hamza Al Khatib, 13 anni, il suo corpo senza vita verrà restituito alla famiglia irriconoscibile per le sevizie subite. Inizia così la rivoluzione per la “dignità e la libertà” che per ben otto mesi prosegue in maniera non violenta con slogan che inneggiano all’unità nazionale, alla non violenza e chiedono la fine della dittatura e della corruzione con cui Assad governa il paese da oltre 40 anni. A partire dall’estate del 2012 quella che era una rivoluzione pacifica si è trasformata in una rivolta armata.

Oggi le stime parlano di oltre 150.000 vittime ed alcune si spingono ad ipotizzare oltre 200.000. Sono circa 2 milioni e mezzo i rifugiati siriani registrati presso l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, cui ne vanno aggiunti quasi altrettanti tra profughi non registrati e coloro che si sono trasferiti da parenti o amici nei paesi vicini. Sommando anche i milioni di sfollati interni si può dire che tra un quarto ed un terzo dei siriani ha dovuto abbandonare casa propria. “Le città sono allo stremo. Mi raccontano – dice Shadi – che non viene fatto entrare il cibo, così la gente deve mangiare erbacce”. La cosa più grave che questa guerra tra il regime e il gruppo dei ribelli – estremamente eterogeneo (cristiani, curdi, alawiti, kaidisti, ) è allo stallo. “La popolazione è solidale con la rivoluzione, ma non riesce a prevalere. E intanto a livello internazionale tutto tace”. Per questo Shadi sarà in piazza sabato, per continuare a spingere la primavera araba siriana .

L’appello alla mobilitazione è stato lanciato dai comitati di solidarietà nati in varie parti d’Italia ed è stato accolto dalle associazioni di siriani in Italia, da associazioni antirazziste, pacifiste, organizzazioni sindacali e della sinistra italiana, intellettuali e giornalisti: Un Ponte Per …, l’Associazione 3 Febbraio, ONSUR Italia, Beati i Costruttori di Pace, La Comune, mentre tra le adesioni individuali ci sono quelle dei rapper siriani Muhammad Abou Hajjar e Zanko El Arabe Blanco oltre a quella del giornalista Domenico Quirico, sequestrato in Siria dal 9 aprile all’8 settembre del 2013. Da notare anche l’appello convergente prodotto dalla Rete per la Pace, la più grande coalizione italiana di organizzazioni pacifista laiche e cattoliche, che ha espresso solidarietà ed invitato ad aderire al corteo di Roma.

Fabio Bellumore
(13 marzo 2014)