Dal 6 aprile il datore di lavoro che assume personale per svolgere attività professionali o volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori deve richiedere il casellario giudiziale per verificare che la persona interessata non abbia commesso reati di prostituzione minorile, pornografia minorile, pornografia virtuale, turismo sessuale e adescamento di minori. A stabilirlo è il decreto legge 39/2014 che attua la direttiva europea relativa all’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile.
I datori di lavoro che non richiedono il documento dovranno pagare una multa che va dai 10.000,00 a 15.000,00 euro. L’idea di un certificato anti pedofilia ha messo in allarme presidi e associazioni di volontariato. Non certo per la sostanza. Quanto per la forma: le scuole dovrebbero richiedere pile di documenti per accertare la compatibilità di docenti e bidelli a lavorare con i minori, le organizzazioni del terzo settore dovrebbero sobbarcarsi la spesa di circa 20 euro per ogni certificato e gestire burocrazie troppo complicate per le routine del volontariato. “Appena letta la notizia ci siamo subito mobilitati, eravamo già pronti con le carte, poi c’è stato il dietrofront. È un’iniziativa che ha un giusto fine ma non so quanto possa veramente allontanare i pedofili dai bambini”, dice Daniela Sansonetti della CDS – Casa dei Diritti Sociali – e impegnata con Piuculture in diverse scuole.
Il Ministero della Giustizia con una nota ha fatto chiarezza sulla questione: i dirigenti scolastici possono dormire sonni tranquilli. Il decreto legislativo non è retroattivo: per le persone già impiegate alla data di entrata in vigore della normativa non è necessario richiedere il casellario giudiziale. Per le associazioni sportive, religiose, e più in generale per le Onlus, invece, non cambia nulla perché la richiesta del certificato anti pedofilia va inoltrata solo nel caso in cui sia stipulato un vero e proprio contratto di lavoro e non per le collaborazioni. “Ci sono delle contraddizioni”, commenta Daniela: “Io, ad esempio, più o meno con le stesse modalità il pomeriggio insegno latino in una scuola media e in un’altra faccio lezione di italiano L2. Per la prima dovrei presentare il certificato perché ho un contratto mentre per la seconda non ce n’è bisogno. Ma in sostanza non cambia nulla. Inoltre non vedo perché quest’obbligo debba esserci solo per gli insegnanti, a pensarci bene per un malintenzionato è molto più semplice subentrare nelle attività della parrocchia, delle squadre sportive o delle associazioni. Dovrebbero chiederlo a tutti, o a nessuno”.
Rosy D’Elia
(15 aprile 2014)