Suicidi in crescita tra i figli di badanti dell’est abbandonati a casa

suicidi bambini romeni“Voglio andare dalla mamma”, queste sono le ultime parole di Valerio, prima di ingerire il veleno per i topi, che nel paesino usiamo spesso per sconfiggere l’invasione dei roditori”. A raccontarlo è una madre moldava disperata, costretta a dividersi tra la famiglia rimasta a casa ed il posto di lavoro trovato con grande fatica in Italia. Prima dell’accaduto, non dava importanza alle notizie che riguardavano i suicidi in crescita tra i figli di badanti provenienti dall’Est, i cosiddetti orfani bianchi. “L’hanno salvato in tempo, però aveva tutta la gola bruciata e rischia di non parlare mai più”. Emilia ha chiesto il permesso al datore di lavoro di andare a casa a trovare i figli: Valerio, di 6 anni, lasciato con la nonna a nemmeno un anno compiuto, Anna di 10 e Iurii di 14. Ma il datore di lavoro non è stato sensibile al fatto, sostenendo che si trattava soltanto di un motivo inventato per fare un viaggio e che non poteva lasciarla andare via subito: la signora malata di Alzheimer che accudiva non era autosufficiente ed inoltre Emilia doveva pulire anche la casa della famiglia del figlio-padrone e prendersi cura dei suoi due figli. Solo trovando una donna che la sostituisse è riuscita a stare accanto a Valerio. Nel suo paese la gente l’ha giudicata, i suoceri l’hanno accusata di aver sfasciato il matrimonio scappando in Italia per trovarsi l’amante, e per questo suo marito si è dato all’alcol. Anna e Iurii le hanno chiesto di portarli con lei nella Penisola e i medici non si pronunciavano sulla salute di Valerio. I soldi messi da parte stavano finendo e dopo un mese il padrone l’aveva avvisata che non poteva tenere più la badante-sostituta in nero e le aveva dato un aut aut: “torna o lascia il lavoro”.

suicidi“Ho visto una grande solitudine in Valerio e un grande dolore per me stare lontano da loro”, continua Emilia. “Ma non ho avuto scelta, il mio ex-marito non mi avrebbe aiutata dato che mi chiedeva soldi ed i figli devono andare a scuola. Se fossi rimasta nella Repubblica della Moldova non sarei riuscita a mantenerli, lo stipendio sarebbe stato troppo basso e nel paesino non avrei trovato lavoro.  Che cosa dovevo fare? Vivere di debiti? Così, a malincuore, ho promesso ai miei figli che sarei andata a guadagnare qualche soldo per poi tornare a casa per sempre, nonostante capissi il rischio di una ricaduta di Valerio”. Questo è un segnale d’allarme per tutte le mamme dell’Est che sono obbligate a fare dei sacrifici, che lasciano a casa i minori nelle mani di genitori malati, sorelle o sconosciuti a pagamento, sperando che i loro piccoli crescano sani e sereni, e che a loro non succeda una tragedia del genere. I datori di lavoro non sono stati in precedenza così insensibili, Emilia racconta con gratitudine come il padrone le abbia regalato un computer per i figli e le permetta la domenica di chiamare dal loro PC i suoi bambini via Skype. Così i ragazzi si sono conosciuti, le due anziane si sono salutate. Ma i figli della Moldavia si sono ingelositi dal modo gentile con cui si rivolge ai piccoli italiani la loro mamma, come questi girino intorno a lei, e come invece diventi severa con i propri figlioli quando non si sono lavati da soli i vestiti oppure hanno tardato a scuola giocando con i compagni, invece di aiutare la nonna.

suicidi“Mamma, perché assisti i bambini di una donna benestante, io sono più piccolo di loro e avrei più bisogno di te! E la nonna è più vecchia della signora che accudisci, fa fatica a camminare, l’aiuto io a portare l’acqua potabile dal pozzo. Torna da noi, ti prego, perché ci hai abbandonati?” Queste sono le parole di un figlio piccolo ma molto più maturo della sua età, nel racconto rabbrividente di una madre che di scelte ne ha ben poche. Valerio è stato cresciuto dalla nonna e dai fratelli maggiori, che gli hanno regalato il loro affetto, ma lui sentiva la mancanza delle carezze della sua mamma. Cresciuto senza la figura del padre, non trovava la sua ragione di vita. Si sentiva solo, abbandonato, rifiutato, non amato. Vedere il volto della madre la domenica, tramite lo schermo del computer, non faceva altro che aumentare quella distanza, quella freddezza, la mancanza dell’abbraccio, del bacio prima di addormentarsi. I soldi, i regali mandati, le foto e le telefonate non bastavano. La lunga attesa della conferma dell’affetto materno l’hanno portato all’isolamento e al silenzio, due grandi sintomi di una depressione che purtroppo nei paesi dove le persone sono sempre indaffarate con i lavori domestici è più difficile da notare. E la tragedia è imminente. Solo la fortuna ha salvato la vita di Valerio, che ha attirato l’attenzione in questo modo. Ma chi si occupa adesso di curare la sua depressione e come si può risolvere il suo disagio nell’assenza della madre? Chi si deve occupare di informare le badanti sul rischio di suicidi tra i loro figli rimasti a casa?

suicidiQualcuno parla, ma molti preferiscono rimanere in silenzio. Alcune organizzazioni non profit creano dei programmi di prevenzione, chat e forum dove i minori in difficoltà possono parlare con uno psicologo, per aprirsi e raccontare i problemi, specialmente quelli adolescenziali. Ma quando gli si chiedono più dettagli preferiscono la riservatezza sull’argomento. Non c’è una statistica aggiornata sui numeri di suicidi nella Repubblica della Moldova, sappiamo soltanto che sono in crescita. Alcuni media parlano degli anni precedenti: nel 2011 hanno deciso di togliersi la vita 18 figli di immigrati, nei primi mesi del 2012 si parlava di 16 casi e alla fine dell’anno sono arrivati a 22, quasi tutti si sono impiccati. Nella prima metà del 2013 ci sono stati 63 tentativi e 13 decessi. Si spera soltanto che le cifre diminuiscano: dal 28 aprile i moldavi possono viaggiare in Europa senza il visto, così i parenti e i figli potranno venire più spesso a trovare i genitori.

suicidi il progetto Te iubeste mama“Dal 2008 fino ad oggi circa 40 bambini romeni si sono suicidati dopo che la madre è andata a lavorare all’estero”, ha dichiarato di recente in una conferenza Silvia Dumitrache, presidente dell’Associazione delle Donne rumene in Italia, ed aggiunge: “il numero reale di bambini orfani bianchi in Romania non si conosce, non esistono statistiche ufficiali riguardanti il numero di suicidi tra di essi, come neanche politiche di prevenzione e tutela di questi bambini o a sostegno della genitorialità a distanza. In totale, se ne stimano 80mila, di cui 20mila con entrambi i genitori all’estero. Il Ministero del Lavoro romeno afferma che sono probabilmente 5 volte di più. L’Unicef stima 350mila bambini romeni con almeno un genitore all’estero, la metà ha meno di 10 anni. Piccole vittime di un distacco forzato in tenerissima età, soffrono ben presto di forme acute di depressione che li porta sempre più spesso a togliersi la vita”. Silvia Dumitrache ha pensato di intervenire e fare qualcosa per questi orfani bianchi e così è nato il suo progetto “Te iubeste mama” – “La mamma ti vuole bene”, per facilitare la comunicazione audio-visiva tra mamme e figli, che permette ai bambini di connettersi gratuitamente dalle biblioteche della Romania tramite Skype con i familiari in Italia. Al progetto ha aderito il Comune di Milano: basta telefonare ad una qualsiasi biblioteca pubblica ed iscriversi ad un elenco, per avere il diritto a mezz’ora di telefonata gratuita via Skype con propri figli nel paese d’origine. Al momento, si cercano nuovi sostenitori del progetto.

Lo strumento di Skype sembra essere una soluzione per tutti gli immigrati che lavorano all’estero per sentire i i propri figli, i genitori e i cari tutti. Ma basta una conversazione via computer per colmare la mancanza dei cari, la lontananza e gli affetti? Per combattere i suicidi dei figli delle badanti dell’est? Seguiranno le testimonianze di altre mamme straniere che mantengono vivo il rapporto con i figli tramite le vie telematiche.

Continua….

Raisa Ambros

(21 maggio 2014)

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