“Al Paese suo…”. Immigrazione e Africa, campagna Amref

Manifesto campagna Amref
Manifesto campagna Amref

Se l’obiettivo era far parlare di sé, la campagna di sensibilizzazione “Facciamolo restare al Paese suo…” ci è riuscita in pieno. Nel manifesto pubblicitario di Amref, organizzazione umanitaria che lavora da oltre 50 anni in Africa, è chiara la volontà di aprire, provocatoriamente, un dibattito intorno ai temi dell’immigrazione e soprattutto intorno all’Africa. Tanto per capire fino a che punto la provocazione è arrivata ricordiamo che la campagna, lanciata nel mese di maggio, è stata ripresa anche sulla prima pagina de La Padania, con un editoriale del direttore Aurora Lussana. Vivacissima la discussione sui social, a suon di commenti e condivisioni. Prima di guardare qualche commento da uno degli “angoli” privilegiati di questa discussione in rete – la pagina fans di Fiorella Mannoia – riprendiamo due reazioni di migranti, amici di Piuculture a partire da Zakaria Mohamed Ali che ha fatto parte della redazione.

Zakaria, è somalo e vive in Italia da qualche anno, ha apprezzato il video della campagna “lo spot è carino direi molto bello” ma poi ricorda che “l’Africa è tante cose, bella e complicata”. Parla del colonialismo e della vendita delle armi. Prendendo in prestito “l’adesso basta” dello spot afferma “Basta inviare armi in Africa e mandiamo ingegneri e medici, per costruire l’Africa, aumentare le possibilità per sfruttare al meglio le terre fertili”. Conclude con un apprezzamento per le organizzazioni che operano con progetti di solidarietà “riconosco il lavoro di tutti coloro che realizzano questi aiuti, che fanno le cose con il cuore per sostenere le persone ovunque, in ogni paese”.

Birane, ragazzo senegalese che vive a Roma “Avevo già visto la campagna e non mi era piaciuta molto perché penso che ogni persona dovrebbe avere la possibilità di realizzarsi in qualunque paese. Bisogna andarci in un paese per sapere davvero in quali condizioni vivono le persone e se ce la fanno a mandare i figli a scuola. In Africa le famiglie di solito sono numerose, da noi in Senegal tanti padri di famiglia hanno 3 o 4 mogli. Questa campagna la vedo come un modo per tenere gli africani lontani e invece secondo me ognuno deve essere libero di scegliere la propria strada. L’immigrazione deve aprire le porte e dare alle persone la possibilità di sopravvivere”.

Entriamo nel vivo del dibattito 2.0 da un osservatorio particolare: la pagina facebook di Fiorella Mannoia. La cantante ha rilanciato la campagna Amref il 21 maggio. Dopo tre settimane il suo post fa ancora discutere e movimenta la rete: oltre 300 commenti, quasi 4000 condivisioni e più di 6600 likes.

Fanpage Fiorella Mannoia
Fanpage Fiorella Mannoia

Come sua abitudine la Mannoia non si tira indietro nel dire ciò che pensa e così ha accompagnato il post con queste parole: “Se destinassero l’1% del denaro che spendono in armamenti allo sviluppo dei più deboli, se tutta la tecnologia impiegata per uccidere, fosse destinata alla vita e non alla morte, (miliardi di dollari, di euro spesi per costruire armi), i popoli non sarebbero costretti a lasciare le proprie terre, per fame, guerre, carestie. Adesso ci sarà qualcuno che mi dirà che faccio demagogia ma io dico che se la politica parlasse di cose serie, questa sarebbe la prima emergenza da affrontare, e andrebbe fatto alla radice del problema. Sulle spalle degli immigrati si gioca la partita della politica internazionale. Nessuno che dica esattamente che cosa intende fare di concreto per mettere fine a questa nuova era di schiavitù e di colonialismo.”

Un commento che ha chiamato subito alla mobilitazione fans e non. Molti coloro che concordano con la Mannoia, tra questi da segnare gli oltre diecimila che hanno condiviso o messo mi piace. “Scriverei mi piace MILLE VOLTE!!!” posta Annarita, mentre Paolo “vorrei ascoltare questi tuoi pensieri nelle tue canzoni…”, oppure Giuliana “Le grandi potenze hanno da sempre depredato l’Africa perché dovrebbero smettere proprio ora che tutto si basa sul potere del denaro?” e Rosy “Fai bene a parlarne Fiorella ma contro il potere del denaro noi non possiamo fare niente se non starci male”

Altri puntano sulle contraddizioni del continente, che contrasta con la ricchezza di risorse: dittatori, guerre, incapacità della classe politica. Tadese scrive sulla pagina facebook di Amref “Se volete trovarmi io sono dall’Africa ma io non ho problema della poverità ma come dice @massimiliano nel mio paese c’è sono dittatura per quello sono in italia”.

Poi ci sono i critici. Al “Facciamolo restare al Paese suo” Donatella accompagna “è meglio siamo già in troppi”, oppure Giovanni “Nun ce sta pe noi demo pensa pure a loro mo basta ognuno pensi a se”. Chi chiama in causa addirittura Forza Nuova ” F.N. lo va dicendo dal 1997…Ogni terra ha il suo popolo. Ogni popolo ha la sua terra!”e tantissimi l’accostamento con la Lega Nord del “Devono restare al Paese loro”.

Nel suo editoriale dal titolo Saviano e il razzismo, una brutta pagina. Ecco chi “racconta” la verità sull’Africa la direttrice de La Padania scrive “Insomma, a dire agli africani di restare in Africa non sono dei beceri razzisti, bensì la Amref che in Africa ci lavora da quasi 60 anni”.

L’organizzazione ha subito diramato una nota in cui si chiedeva di non strumentalizzare la propria campagna, ribadendo di non essere affatto contraria all’immigrazione e che il centro dell’azione della sensibilizzazione era far capire che bisogna creare le condizioni (sanità, istruzione, diritti, pace…) affinché un uomo e una donna abbiano possibilità e libertà di scegliere di restare nel proprio paese o migrare. Amref ha ribadito che il suo interesse non è guardare all’immigrazione come un problema di ordine pubblico, di sicurezza e di controllo, solo quando arrivano imbarcazioni sulle coste italiane, ma vederne le cause, le radici. E allora, come dice Enrico, in uno dei tanti commenti facebook “a me la campagna è piaciuta, hanno trasformato uno slogan razzista in un messaggio di speranza e integrazione…e togliere gli slogan di mano a chi li crea per fare del male una cosa positiva”.

Fabio Bellumore(12 giugno 2014)