Re-Lab project: i rifugiati fanno impresa

Convegno progetto Re-Lab“Proviamo a realizzare insieme una tua idea”. Questo è stato il messaggio lanciato dal progetto Re-Lab start up your business nel 2012, che ha coinvolto 341 TPI(titolari di protezione internazionale), ne ha selezionati 125 per una formazione imprenditoriale, ed infine ha valutato i 53 progetti d’impresa che gli studenti hanno presentato. Tra questi, ne sono stati scelti 14 che hanno ricevuto un finanziamento e sono stati seguiti durante la fase di start-up dell’azienda. Il progetto, co-finanziato dal ministero dell’interno e dal Fondo Europeo per i Rifugiati, è stato gestito dall’ International Traning Centre of the ILO in collaborazione con l’Associazione Microfinanza e Sviluppo Onlus e la Onlus MicorProgress oltre che dal CIR e dal comune di Venezia, e si è posto l’obiettivo di dare un futuro migliore ai 14 TPI scelti, non solo da un punto di vista lavorativo, ma anche sociale, permettendo loro una maggiore integrazione nella realtà in cui vivono. I risultati di questo primo esperimento sono stati presentati al convegno di martedì 10 giugno presso il palazzo dell’Enciclopedia Italiana.

Alcuni rifugiati che hanno partecipato al progetto Re-Lab con progetti d'impresa
Alcuni rifugiati che hanno partecipato al progetto Re-Lab con progetti d’impresa

“L’idea di fondo – spiega Monica Rossi Rizzi coordinatrice del progetto – è stata quella di valorizzare l’esperienza passata di queste persone, dando loro la possibilità di dimostrare il proprio valore in un determinato campo che già conoscevano. E’ stata una sfida importante sia per noi che per loro, ma siamo riusciti a dimostrare che i rifugiati possono diventare autonomi economicamente e contribuire attivamente alla ricchezza del paese. Noi speriamo che quanto fatto durante questi due anni sia solo un trampolino, un punto di partenza per uno sviluppo ancora maggiore”. Un successo quello di Re-Lab che ha toccato ogni parte del paese. Tra le attività aperte infatti, sei sono nell’area Nord Ovest, tre in quella Nord Est, quattro al Centro ed una al Sud. Delle 14 imprese nate dal progetto, 12 sono ditte individuali, una è una SRL e l’ ultima un’impresa artigiana. Analizzando invece i dati relativi ai 341 partecipanti iniziali è subito evidente la maggiore presenza di uomini (87%) rispetto alle donne (13%). Altrettanto interessante la nazionalità di provenienza, con 72 afghani, nettamente la maggioranza, e 37 eritrei che compongono quasi un terzo dei TPI scelti. In seconda battuta troviamo rifugiati della Somalia, dell’Iraq del Mali e del Camerun. Per quanto riguarda lo status lavorativo: il 65% si è dichiarato disoccupato mentre il restate 35 occupato.

“Non dobbiamo dimenticarci però – ha affermato Giampietro Pizzo di Microfinanza e Sviluppo Onlus – che dietro questi freddi numeri, ci sono le storie di quattordici persone che hanno fatto l’impossibile per riuscire ad aiutare i propri cari e per raggiungere una condizione di vita migliore”. Tra loro ci sono Solange, una parrucchiera Camerunense arrivata nel 2012, Samin un giovane sarto fuggito nel 2006 dall’Afghanistan a causa della guerra, Ifran, un ingegnere informatico scappato dal Pakistan con moglie e figlio con cui ha raggiunto l’Italia dopo un estenuante viaggio di due mesi e che oggi ha inaugurato il suo negozio di computer ad Acireale o ancora Stephane, Maryam e Sayyed, un giovane cuoco afghano che si commuove pensando al giorno in cui è nata sua figlia, lo stesso giorno che ha iniziato il progetto Re-Lab, quasi fosse un segno del destino. Storie finite bene, esempi da seguire per un paese migliore, che valorizzi l’esperienza e il contributo che queste persone possono dare.

Adriano Di Blasi

(10 giugno 2014)

Leggi anche:

Cittadinanza per naturalizzazione e matrimonio, no ai ritardi

Filippine, tra festa nazionale e diplomazia