Suleman Diara: il migrante che ha inventato lo yogurt solidale

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Suleman lavora lo yogurt nello stabilimento di Martignano

Christine Chua è la vincitrice del premio Money Gram 2014 per l’imprenditore immigrato dell’anno oltre che quello per la crescita del profitto. Il verdetto è arrivato al termine della cerimonia che si è svolta giovedì 12 giugno alla Casa del cinema di Villa Borghese per la sesta edizione della manifestazione. Visibilmente emozionata, la giovane, classe 1981, ha voluto ringraziare tutti coloro che le sono stati vicini sin dal suo arrivo nel nostro paese:” Sono arrivata nel 2000 e di strada ne abbiamo fatta tanta. Dedico questo riconoscimento alle Filippine, alla mia famiglia e a tutte le presone che lavorano nella mia azienda, e ringrazio l’Italia per avermi adottata.” Un sentimento comune a tutti i candidati che sono stati premiati durante la cerimonia. Da Radoslava Petrova, dalla Bulgaria, per l’innovazione ad Awais Muhammad, pakistano di 25 anni per l’imprenditoria giovanile, passando per Klodiana Cuka che grazie alla sua associazione, Integra Onlus, si è aggiudicata il premio come Responsabilità sociale.

Tra i tanti protagonisti della giornata però, l’attenzione non può che posarsi su Suleman Diara, candidato per il premio imprenditoria giovanile. La sua è una storia che inizia come quella di tanti migranti che sono sbarcati nel nostro paese, ma ha un lieto fine. E’ fatta di difficoltà, di mare, di tanta tenacia e ha il profumo delle arance siciliane. Suleman è nato nel 1986 in Mali, un paese a maggioranza mussulmana con una storia affascinante e ricca di avvenimenti, ma spesso poco conosciuta: “Sono partito da Yorobougula, una piccola città nel sud del paese, nel 2008, e dopo un lungo viaggio sono arrivato in Libia. Lì ho aspettato 15 giorni per poi partire su una delle imbarcazioni degli scafisti. Li ho pagati 700 dollari per arrivare in Sicilia”. Il viaggio di Suleman è stato simile a quello di tanti altri migranti, con la sostanziale differenza che sulla barca erano solo in ventisette, una fortuna considerati i numeri di oggi. “Sono sbarcato a Cassibile e ho passato due mesi nel CARA, dopo di che mi hanno trasferito a Siracusa per un altro mese. Lì mi hanno detto che non c’era possibilità di avere il permesso di soggiorno e che avevo dieci giorni per lasciare il paese. Da quel momento mi sono preoccupato di trovare qualcuno che mi aiutasse, e ho incontrato un avvocato che aiutava gli stranieri per duecento euro, promettendo che mi avrebbe fatto avere il permesso”.

Il documento però non arriva e Suleman sa che deve trovarsi un lavoro per sopravvivere come clandestino. Così si sposta a Rosarno dove gli è stato detto che in molti trovano impiego nelle piantagioni di arance. “Ho lavorato lì come contadino per due anni, ma non ero felice. Avevamo il coprifuoco alle 20, dopo il quale non potevamo uscire di casa altrimenti rischiavamo di essere picchiati. Poi nel gennaio 2010 abbiamo fatto una rivolta che è andata su tutti i giornali, e sono tornato a Siracusa. Lì ho provato a ricontattare l’avvocato per chiedere notizie sul permesso di soggiorno, ma ho scoperto che l’ufficio era stato chiuso, allora ho deciso di partire per Roma”. Il viaggio anche in questo caso non è dei più semplici, ma Suleman raggiunge la Capitale. Di giorno cerca di racimolare qualcosa per mangiare, di notte dorme alla stazione Termini insieme ad altri centoquaranta clandestini. Un delle tante mattine però, la sua vita cambia quando incontra alcuni ragazzi del centro sociale XSnia che lo invitano a passare qualche notte al coperto e si offrono di aiutarli. “Dopo qualche settimana, anche grazie al loro aiuto, ho ottenuto il permesso di soggiorno e ho deciso che non potevo andare avanti in quel modo, affidandomi solo alla Caritas per mangiare. Non riuscivo neanche a chiamare la mia famiglia in Mali. Così ho deciso con un amico di cominciare a produrre yogurt. Abbiamo iniziato senza sapere come farlo ma dopo molti tentativi abbiamo imparato”. Oggi Barikamà, l’associazione di promozione sociale fondata da Suleman può contare sull’aiuto di 5 collaboratori e grazie a loro vende oltre 200 litri di yogurt a settimana al mercato solidale. Lui riesce a pagarsi l’affitto e ogni mattina va al casale di Martignano per alimentare un sogno: “Vorrei tornare nel mio paese e aprire un’attività lì per contribuire alla ricchezza del Mali e dare lavoro a tante persone, così che non debbano passare quello che ho vissuto io”.

Adriano Di Blasi

(17 giugno 2014)