Ebola: il virus può attaccare l’Italia?

ebola_liberia
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Che rischio ha l’Italia di essere toccata dal virus ebola? C’è il pericolo che i migranti in arrivo dall’Africa possano traghettare nel nostro Paese la malattia che ha già contagiato oltre 14mila persone, uccidendone oltre 5mila? Il vice presidente della Camera Di Maio – Movimento 5 Stelle – ha dichiarato il 21 ottobre: “In Italia sono arrivati tanti immigrati quanti sono gli abitanti del Molise, è un’emergenza. Inoltre, un afflusso così massiccio con scarsi controlli mette in pericolo la sicurezza degli italiani perché su quei barconi possono esserci persone che hanno contratto l’Ebola o membri dell’Isis“. A tutti questi dilemmi proviamo a rispondere con l’aiuto del professor Aldo Morrone, infettivologo, primario di Malattie Tropicali all’ospedale San Gallicano di Roma, nonché attento conoscitore dei temi dell’immigrazione e dell’Africa. Morrone è stato nominato dal Ministro della Salute Lorenzin anche consulente speciale per la Medecina delle Migrazioni.

Prima di entrare nell’attualità facciamo un passo indietro per capire cosa sia ebola. Ebola è un virus che nei tre Paesi più colpiti – Sierra Leone, Guinea e Liberia – ha raggiunto anche una mortalità del 70% dei casi. Riscontrati dei casi anche in Mali, Spagna e Stati Uniti. Il periodo di incubazione di Ebola va da 2 a 21 giorni. I sintomi sono: febbre alta, nausea, vomito e diarrea, fino ad arrivare ad emorragie diffuse. Il contagio avviene nel momento in cui si manifestano i sintomi e soltanto per contatto con i fluidi corporei del paziente, non per via area.

“Per la prima volta si è parlato a livello mondiale di ebola” afferma Morrone “forse perché non è rimasto circoscritto all’Africa. Si sono ammalati operatori, si sono avuti alcuni casi in Spagna, in America, dove addirittura è morto un operatore sanitario. Eppure dal 1976, anno della sua prima comparsa, sappiamo tutto. “. “Oggi ebola sembra aver rallentato il suo rullo di morte. Nei primi mesi i decessi toccavano il 70% dei contagiati, oggi siamo sotto al 50%. Nel frattempo si è intervenuti pesantemente sulla gestione dei contagiati e delle salme”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità calcola che il 20% dei contagi avvenga nel momento della sepoltura dei malati, da parte degli stessi parenti.

Ebola attecchisce lì dove i sistemi sanitari sono deboli. Se confrontiamo i numeri (2012) dei sistemi sanitari di alcuni Paesi in cui si sono avute morti per Ebola, nell’attuale epidemia, riscontriamo che in Spagna, ogni 10mila abitanti i dottori erano 370, in Usa 245, in Sierra Leone poco più di 2, in Liberia più di uno e in Guinea 1. “Trovarsi in Italia, dove ci sono centri riconosciuti a livello mondiale per le malattie infettive, sarebbe molto diverso che trovarsi a curare un caso in Guinea. Avere un ambiente con apparecchiature che monitorano tutte le funzioni vitali, che l’ambiente sia totalmente sterile, fa la differenza tra la vita e la morte. Non è un caso che in occidente sia morto solo l’operatore Dunkan, negli Usa e gli altri siano guariti. Nel caso di Dunkan mi risulta sia morto per inefficienze e mancanze da attribuire a quell’ospedale in cui era in cura. Tutto ciò ce la dice lunga sull’impossibilità che nei nostri Paesi si sviluppi una vera epidemia”. “Il virus non è letale. Se preso in tempo e se viene fatta una terapia di sostegno importante si guarisce senza bisogno di vaccini che – ricorda Morroni –  ancora non sono stati sviluppati”.

Morrone
Morrone

“Bisogna sgombrare il campo da ogni falsità, perché se è giusto stare attenti, allarmare, non è giusto fare allarmismo. Non è vero affatto che il virus si trasmetta per via aerea. Altrettanto falso che ci possa essere un pericolo derivato dall’arrivo dei migranti. Quello degli immigrati è un viaggio che dura settimane, mesi e a volte anni. Mentre la malattia ha un’incubazione breve, in media di 10 -21 giorni”. Morrone ricorda come anche il Ministero della Salute si sia attivato con dei corsi per coloro che entrano in contatto con i migranti, per cogliere i segni e capire come muoversi.

Morrone – che già negli anni ’80 curava immigrati e senza fissa dimora al San Gallicano – ricorda che ebola è il sintomo di una sanità che in molti Paesi africani non funziona.”Biosgna che le organizzazioni, affianchino i Governi locali nelle aree degradate e li spingano ad investire nella sanità attraverso scuole, formazione , sistemi sanitari.

Fabio Bellumore(13 novembre 2014)