Combattere IS con la forza e con il welfare, parla Gabriele Iacovino

IS - Stato Islamico
IS – Stato Islamico
“Arriveremo a Roma” questa è la minaccia dei terroristi dello Stato Islamico (IS), rivolta all’Italia. Colosseo bruciato, Vaticano preso di mira. Sono queste le immagini di una minaccia che si propaga utilizzando la forza della comunicazione, chiave che i terroristi stanno mettendo in campo in tutto il mondo. Minacce che sembrano ancora più reali dopo le notizie che arrivano dalla Libia, paese dal quale ci separano solo le acque del Mediterraneo. Le cronache raccontano dei 21 egiziani copti uccisi su una spiaggia libica. Dei guerrieri dello Stato Islamico (IS) che si arricchiscono con i viaggi dei migranti verso il nostro paese. Della conquista da parte degli estremisti dei territori a est della Libia. Non ultima la notizia delle armi puntate in faccia agli uomini, italiani, che stavano andando a salvare un barcone di migranti.Sul fatto che la minaccia possa provenire dai barconi provenienti dalla Libia, Gabriele Iacovino – responsabile degli analisti di Ce.S.I., Centro Studi Internazionali  – afferma che “per ora è più un argomento politico che una reale minaccia. Francamente non si capisce perché un miliziano, addestrato nel corso di mesi o anni, debba rischiare la propria vita per entrare in Europa attraverso un viaggiopericoloso su barconi o carrette del mare quando può farlo con il suo passaporto su un volo aereo”. Il Ce.S.I. è un think tank italiano che si occupa di analisi delle relazioni internazionali. È strutturato in due grandi aree, quella geopolitica e quella degli affari militari, e si occupa principalmente di temi come le aree di crisi, il terrorismo e la sicurezza. “Il mio lavoro – afferma Iacovino – è principalmente rivolto al Nord Africa e al Medio Oriente, con una particolare attenzione alla minaccia del terrorismo”.Prima di approfondire quanto le minacce reali facciamo un passo indietro
Gabriele Iacovino Ce.S.I.
Gabriele Iacovino Ce.S.I.
chiediamo di spiegarci cosa sia l’IS. “Un gruppo terroristico che nasce in Iraq sulle ceneri di al-Qaeda e che si rafforza enormemente grazie alla guerra civile siriana. Da qui la presenza del gruppo a cavallo delle regioni di confine iracheno-siriane e l’esplosione e l’avanzata anche in Iraq sfruttando il malcontento di tutta la comunità sunnita contro il governo centrale di Baghdad. La violenza del messaggio e la capacità mediatica nel veicolarlo hanno fatto dell’IS il principale punto di riferimento dell’universo jihadista internazionale. Da qui il giuramento di fedeltà ad al-Baghdadi anche di formazioni jihadiste sparse per la regione, come ad esempio il movimento libico, o quello egiziano, al momento le maggiori rappresentazioni dello Stato islamico al di fuori del contesto iracheno-siriano”.Secondo Iacovino la percezione mediatica che ci dà un’avanzata impressionante dell’Is è resa tale solo grazie alla loro capacità propagandistica. Diversa è la realtà. “In effetti – afferma – lo Stato islamico non sta avanzando in Siria e Iraq, anzi sul territorio iracheno ha subito una serie di sconfitte, mentre la coalizione internazionale e l’esercito iracheno si apprestano ad avanzare verso Mosul per cercare di riprendere il controllo della città”.Nessuno scontro di civiltà. O meglio, per Iacovino è doveroso non ridurre tutto al solito refrain. “Ci sono dei profondi fenomeni di instabilità all’interno della società islamica – continua – che non si possono più trattare con gli strumenti ormai obsoleti utilizzati sia dai governi locali sia dalla comunità internazionale. Combattere questi movimenti sia con la forza sia con il welfare è il primo passo per cercare di arginare questo fenomeno”. C’è bisogno che la comunità internazionale metta in campo un “piano politico e sociale articolato””Siamo a sud di Roma”, questa la minaccia dell’Is, rivolta alla nostra terra ma Iacovino ci spiega la reale situazione. “Al di là della fortissima propaganda mediatica dello Stato Islamico, la minaccia terroristica diretta al nostro paese dalla Libia è soprattutto legata alla totale anarchia che ormai regna sul territorio libico. Se questa situazione perdurasse, a rafforzarsi maggiormente sarebbero le formazioni jihadiste che sempre di più si rifanno allo Stato islamico, in questo caso la Libia diventerebbe un territorio dal quale la minaccia terroristica potrebbe partire non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa. In questo momento, la minaccia è più in prospettiva che attuale”.Il fronte libico però non rappresenta l’unico pericolo. Il più grave attentato terroristico in Europa, degli ultimi anni, quello di Parigi – del gennaio scorso -, è stato compiuto da cittadini europei radicalizzati. “Anche in Italia – afferma Iacovino – in questo momento la minaccia maggiore per la sicurezza proviene dai foreign fighters, che hanno combattuto in Siria, e dai radicalizzati che vengono attratti dalla dialettica del terrore dello IS”. E’ nelle comunità di immigrati di seconda o terza generazione che maggiormente si annida il rischio della radicalizzazione proprio per il malessere sociale ed identitario che affligge un numero sempre più grande di giovani anche nel nostro paese.Il ruolo dell’Italia è di primaria importanza. “In primis per la posizione geografica e per la  storia di mediatore tra la cultura europea e quella mediterranea”.  Le autorità italiane stanno operando sia in chiave di sicurezza che di intelligence “ma nonostante questo, il rischio vi è sempre. Secondo l’esperto “le comunità di migranti sono importantissime per promuovere una maggiore consapevolezza reciproca e per cercare di identificare, condividere e affrontare, in comune, le principali problematiche legate alla minaccia terrorista”. 

Fabio Bellumore(26 febbraio 2015)

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