Sorridono soddisfatti Samaritana Rattazzi e il fratello Lupo rispettivamente vice presidente e presidente della Fondazione Il Faro quando Gianni Del Bufalo, direttore generale, chiama uno dopo l’altro sul palco Rachel, Lucie, Alina, Abdul Aziz, Alessandro, William e tanti altri ancora. Sono giovani migranti fra i 17 e i 30 anni provenienti da Africa, Asia, Europa, in fuga da guerre e dittature, ma anche italiani che combattono battaglie quotidiane, tutti hanno frequentato i corsi professionali della fondazione che oggi, 9 aprile, ha diplomato 14 aiuto cuoco con specializzazione anche in pasticceria, 14 panettieri e pizzaioli, 14 baristi e 14 parrucchieri. Si erano presentati in oltre 500 alle selezioni e i ragazzi che oggi concludono il loro percorso sono stati scelti perché sono risultati i più motivati.
Undici ragazze fuggite da altrettanti paesi africani, una giovane bosniaca e una ragazza ucraina hanno avuto un’opportunità speciale: un corso da aiuto cuoco pensato per loro, giovani rifugiate, affiancato da uno corso di teatro “per valorizzare le loro radici, non perderle per la lontananza e la sofferenza”. Il risultato è stato uno spettacolo “Il pranzo di Babel”, realizzato sotto la guida di Nube Santoval, artista di teatro che da anni si dedica alla riabilitazione psico-sociale dei rifugiati. Si è lavorato per recuperare e non rimuovere, per raggiungere l’integrazione attraverso la condivisione; tutte in cerchio, senza gerarchia, per riappropriarsi delle proprie radici, si canta, si balla, si mescolano cibi e suoni, si torna a sorridere.
“L’obiettivo de Il Faro è proprio questo” spiega Samaritana Rattazzi “lasciarsi alle spalle il passato doloroso, le ferite che si leggono negli occhi, e costruire una nuova vita”.
Ma l’impegno della squadra de Il Faro non finisce qui, e non è un caso se alla consegna dei diplomi in ogni corso manca qualcuno perché “sta facendo una prova lavoro”, infatti il 60% degli allievi ottiene un regolare
contratto in azienda dopo la formazione, sono duemilacinquecento i giovani formati da Il Faro in poco meno di dieci anni. Alcuni tornano nelle aule della fondazione da docenti, è il caso di Giulia, tutor pasticcera, e di Mikel docente pizzaiolo “Devo ringraziare Samaritana Rattazzi, lei crede tantissimo nei giovani e io sono una sua scommessa”. La vice presidente vorrebbe aumentare numero e tipologia dei corsi, “ce ne sarebbe bisogno”, ma si devono tenere sotto controllo i costi. Le attività de Il Faro sono finanziate per il 38% da privati, sopratutto banche e fondazioni che garantiscono entrate stabili nel tempo, il restante 62% sono risorse provenienti da progetti pubblici, di conseguenza sono più incerti.
I partecipanti ai diversi corsi professionali si alternano sul palco, fra abbracci e ringraziamenti “gli amici de Il Faro sono pronti a ricordarci continuamente quanto valiamo, siamo arrivati qui come disastri ambulanti e usciamo guerrieri”. La cerimonia si conclude sulle parole di Lupo Rattazzi “E’ una giornata dove l’allegria ha un ruolo importante, arriva a compimento la missione de Il Faro: modello di integrazione, scuola di mestieri, fabbrica di speranze”. Tornano sul palco le neo cuoche per un ultimo ringraziamento in musica, un misto di suoni e lingue, con il pubblico che applaude al ritmo dei tamburi africani. Poi tutti, sciolta l’emozione, vanno a gustare il pranzo, delizioso, preparato dagli allievi dei corsi: primi e secondi, pizze, dolci multicolori accompagnati da una abbondanza di pani, di tutte le forme.
Nicoletta del Pesco(9 aprile 2015)