Gli Oromo: storia di una persecuzione silenziosa

ragazzi etiopi al centro per migranti in transito a via del frantoio 44
ragazzi etiopi al centro per migranti in transito a via del frantoio 44 (foto di Adamo Banelli)

Nel centro per migranti in transito della Croce rossa a via del Frantoio 44, Giorgio de Acutis, responsabile del progetto Migranti, ci presenta un gruppo di ragazzi.  “Sono soprattutto etiopi: è la novità delle ultime due settimane” puntualizza Giorgio.

Il primo a parlare è Miftah Abdalnaer. Viene dall’Oromia, una regione dell’Etiopia, lo specifica subito.

“Dovrebbe avere 25 anni ma non ne è sicuro perché nell’Etiopia, lontano dalle città, le nascite non vengono registrate” così spiega Adam, ex giornalista ora traduttore per la Croce rossa che fa da mediatore nel centro.

Da quando è qui Miftah ha deciso di assumersi la responsabilità d’informare il mondo sulla situazione della sua etnia.

Ha impiegato circa 8 anni per decidere di partire, e l’ha fatto perché voleva trovare la libertà, in paesi come l’Australia o l’America, e sensibilizzare la comunità mondiale su quanto stesse succedendo nel suo paese. Gli hanno però preso le impronte a Lampedusa e, secondo il regolamento di Dublino, è dovuto rimanere in Italia.

“Ho girato diverse prigioni in Libia e sono stato venduto ai trafficanti”. Per uscire di prigione bisogna pagare grosse cifre e lui non avrebbe mai potuto permettersele. Fortunatamente è riuscito a scappare.

“Il problema degli Oromo esiste da secoli ma nell’ultimo periodo la situazione è precipitata” conclude. L’etnia Oromo, pur essendo la più numerosa del Paese, corrispondente al 32% della popolazione nazionale, per secoli è stata discriminata e perseguitata, ma dal 2014 i problemi sono aumentati a causa dell’Addis Abeba Master Plan: la città, enclave dell’etnia “Tigre” nel territorio Oromo, ha varato un progetto che, in nome del governo, ha dato il via ad un massiccio sequestro di terre, la maggior parte delle quali sono state vendute a paesi esteri. Questo ha comportato la perdita di lavoro per gran parte degli Oromo, dediti soprattutto all’agricoltura.

Contro questa situazione si sono sollevati i contadini rimasti senza lavoro e gli studenti, con manifestazioni che sono state duramente represse.

In particolare, nel novembre 2015, le forze dell’ordine hanno risposto ad una manifestazione oromo aprendo il fuoco: 140 le persone uccise.

Si stima che dal 2014 siano 5.000 gli oromo imprigionati, perché sospettati di opporsi al governo. L’accusa, nella maggior parte dei casi, è quella di terrorismo. Una crisi che sembra essere la più grande subita dall’Etiopia dopo la carneficina seguita alle elezioni del 2005.

ragazzi oromo al centro CRI
Ragazzi di etnia oromo (foto di Adamo Banelli)

Contro questa dittatura silenziosa, di cui purtroppo in Occidente arrivano poche informazioni, Mohamed Aga Yussuf, presidente della comunità Oromo in Italia, e il suo gruppo hanno organizzato il 14 gennaio una manifestazione a Roma, in piazza Montecitorio. Altre manifestazioni si sono svolte a Bruxelles.

“L’unione europea deve smettere di finanziare Addis Abeba, alimentando un sistema in cui i dissidenti vengono torturati e imprigionati e i loro beni confiscati” – sostiene il leader Oromo.

Per questo è stato redatto il Manifesto democratico del popolo etiope oppresso indirizzato al governo italiano e volto a sensibilizzare la comunità internazionale sulla situazione della dittatura etnica dei “Tigre” in Etiopia.

Il 21 gennaio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che condanna l’uso della forza contro gli Oromo, il mancato rispetto dei diritti civili e invita il governo etiope a evitare ogni forma di discriminazione etnica e religiosa.

Resta dunque da vedere se questa decisione e la recente promessa da parte del governo etiope di ritirare il Master Plan in seguito alle proteste si tradurranno in realtà o rimarranno soltanto buoni propositi senza seguito.

                                                                                                                                                                          Elena Fratini

    ( 11/02/2016)

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