“C’avete rotto li…” dice l’anziana signora che cerca di tagliare una parte del corteo dei migranti col suo carrellino della spesa. Sul palco un manifestante urla “abbiamo distrutto le loro terre e ci siamo presi le loro ricchezze”, facendo riferimento al fatto che i paesi occidentali hanno sfruttato le risorse dei territori da cui oggi persone come quelle che ora lo ascoltano migrano. E’ in questo contrasto casuale di voci, dalla strada e dal palco, tra “rotture e distruzioni”, che si potrebbe cristallizzare il momento storico che stiamo vivendo. Da una parte i migranti che spingono ai confini e dall’altra un’Europa stanca che borbotta e alza muri. L’ambientazione della scena è Roma, piazza Vittorio. E’ martedì 1 marzo – giornata del migrante – e il corteo dei manifestanti è partito intorno alle 16.30 da via di Santa Croce in Gerusalemme per raggiungere la piazza del quartiere esquilino.”Mentre le destre e i discorsi xenofobi soffiano sul vento della paura e della diffidenza, stare dalla parte dei migranti significa oggi lottare concretamente contro una precarietà e una riduzione degli spazi di libertà che riguarda tutti e tutte. Questo è il messaggio lanciato in Europa dalla piattaforma dello Sciopero Sociale Transnazionale, che ha convocato una giornata di scioperi e azioni decentralizzate e coordinate il 1 marzo, con lo slogan: «24 ore senza di noi contro i confini e la precarizzazione»”. Questo è l’appello che puntava a mettere insieme Germania, Polonia, Regno Unito, Balcani, passando per Svezia, Francia e Grecia. L’Italia e Roma hanno risposto “presente” con il corteo.Tra 300 e 400 i manifestanti – molti migranti – dicono gli organizzatori. Tanti striscioni come “i vostri muri non fermeranno la nostra dignità”, cartelli “Nessuna frontiera per i diritti di tutti”, c’è anche la riproduzione di una “carretta del mare” – una barca – che vuole rappresentare “i fantasmi dei morti nel nostro mare Mediterranneo”. Intanto Giovanna Cavallo di Action – una delle realtà sociali che hanno aderito – intona “open the border”, aprite le frontiere.Tra i manifestanti anche Mamadou Serigne che, durante il corteo, altoparlante alla mano ha incitato e sostenuto la marcia. “Non siamo colpevoli.Veniamo da paesi alle prese con dittature o disastrati economicamente, siamo in cerca di una vita migliore”. Mamadou viene dal Senegal. E’ passato per la Francia. In Italia ha fatto le scuole serali, conseguendo la terza media e il diploma di geometria. Parla molto bene. Racconta della sua integrazione, ma anche del dolore delle tante persone che ha incontrato, che frequenta, che gli parlano del dramma del viaggio attraverso il mare. Lui è stato più fortunato, non lo ha dovuto fare. Ma sa cosa significhi. Sa cosa è accaduto ai confini tra Macedonia e Grecia la sera precedente. “Sto bene qui in Italia.Non sto bene quando sento parlare i politici”.
Fabio Bellumore(02 marzo 2016)