Qual è il miglior modo per conoscere la varietà umana di una città multiculturale e cosmopolita come Roma? Prendere i mezzi pubblici: alla modica cifra di 1,50 euro, il prezzo del biglietto dell’Atac, puoi non solo fare un giro nella città ma anche conoscere il mondo che vi è racchiuso, e a tratti potrà sembrarti di non essere in Italia. Tra turisti, studenti fuori sede e lavoratori, è ampia la componente straniera dei passeggeri e non passa inosservata. Sono coloro che quotidianamente si imbattono nei disagi del trasporto pubblico romano, con i disservizi che si ripercuotono sulla già precaria situazione lavorativa di molti lavoratori stranieri che spesso per raggiungere la sede di lavoro passano anche due ore al giorno sui mezzi pubblici. Imprevisti, incidenti, corse sospese e ritardi sono, infatti, all’ordine del giorno.In un sabato mattina di settembre, cercando di evitare le ore di punta del traffico e del sovraffollamento tipico dei giorni infrasettimanali, decidiamo di salire sulla linea 3, dalla fermata di piazza San Giovanni in Laterano fino al capolinea di Valle Giulia. Passando per lo scalo di San Lorenzo e piazza Ungheria, incontriamo Faruk, un ragazzo bengalese di 29 anni. Alla domanda in che zona di Roma vivi, risponde ironicamente: “Se intendi dove dormo ti posso rispondere che mi capita spesso di farlo anche qui sul tram, certe volte dormo anche in piedi. Si lavora per pagare l’affitto, e si finisce per non stare mai a casa e purtroppo anche di non dormire”. Il suo volto stanco può dire più di mille parole ma ci spiega: “Stanotte ho fatto il guardiano notturno in un hotel vicino a San Giovanni, adesso sto andando a dare una mano al negozio di un mio compagno, forse oggi pomeriggio riuscirò a dormire qualche ora prima di attaccare al ristorante dove faccio l’aiuto cuoco e grigliere il fine settimana. Ho una stanza a Tor Pignattara, speriamo che i mezzi mi saranno d’aiuto.”Vivere a Roma comporta spese, “i lavori sono molto precari, e un lavoro solo spesso non basta, così mi divido tra tre lavori. Quando lavori almeno non hai il tempo per pensare e deprimerti. Per due mesi sono stato disoccupato e se non fosse stato per l’aiuto di alcuni amici probabilmente mi sarei ritrovato per strada”. Faruk vive a Roma da tre anni ma non nasconde che “mi aspettavo opportunità migliori, d’altronde a 25 anni è normale sognare. Ora il mio sogno sarebbe far venire mia moglie e mio figlio piccolo qui da me, ma ho paura. Loro non sanno come vivo e vorrei tenerli all’oscuro per sempre, ma mi mancano tanto, e spesso mi sento solo”. Con questi ritmi d’altronde è difficile fare amicizia. Prima di piazza Ungheria si alza di scatto e scende: “Scusami ma devo andare. Buona fortuna!“, esclama.Gallery: foto di Vincenzo Metodo
La conversazione prosegue con uno studente cinese. Si chiama Simone, ma ci spiega che si tratta di un equivalente italiano di nome Zimeng che si pronuncia Zi mon “Non fatevi ingannare dai cinesi che si presentano con nomi italiani. Cerchiamo equivalenti per venirvi incontro perché tanto non riuscirete mai a pronunciare i nomi cinesi”, dice sorridendo. È il suo secondo anno a Roma, dove sta facendo un master in economia . “I corsi sono in inglese ma mi sono reso conto che era importante imparare un po’ di italiano perché altrimenti sarebbe stato difficile sopravvivere, specialmente per risolvere le questioni burocratiche: gli impiegati degli uffici pubblici raramente parlano inglese. Per fortuna ho amici e coinquilini italiani: grazie a loro ho potuto praticare la lingua. Ho preso casa vicino a Valle Giulia: mi trovo bene ma sinceramente pensavo fosse collegata meglio con l’università. Tutto sommato il viaggio nel tram, anche se lungo, non è male, perché puoi vedere Roma, la gente…se non fosse che è raro trovare posti a sedere.” È consapevole che sta vivendo un’esperienza che lo sta facendo crescere: “Vivere in un altro paese, convivere con una cultura diversa dalla tua, studiarne la lingua, ha un valore incommensurabile, anche se spesso è difficile farsi comprendere dagli altri”. Ma la Cina non sembra più un paese così distante quando parli con Simone, un ragazzo molto socievole a dispetto del fatto che “molti italiani pensano che noi cinesi siamo chiusi e riservati: sicuramente non diamo subito confidenza ma ciò non vuol dire che non ci piace parlare, ridere, scherzare e socializzare”.Al capolinea a Valle Giulia, il viaggio si conclude con lui, soddisfatto di essere riuscito a scardinare uno stereotipo, e riparte con una signora di Santo Domingo di 50 anni, Tina, altrettanto soddisfatta per aver portato a termine la sua settimana di lavoro. “Faccio la badante in convivenza, in casa di una signora ottantenne. Il sabato ce l’ho libero, così vado a trovare i miei amici e cerco di risolvere le questioni burocratiche ma è difficile perché molti uffici il sabato sono chiusi. Durante la settimana sto tutto il tempo a casa della signora, esco solo per fare la spesa o a fare una breve passeggiata”. Confessa che spesso non vede l’ora che arrivi sabato per “staccare” da quella realtà cosi totalizzante: “La tua vita privata non esiste”. Dice tuttavia di ritenersi fortunata perché si trova bene con la signora ed è capitata presso una famiglia onesta che l’ha messa in regola e le da una buona paga. “Non dovendo pagare l’affitto, facendo questo sacrificio riesco a mandare un po’ di soldi a mio figlio. Lui ha avuto da poco un bambino che ha bisogno di cure mediche che purtroppo costano molto, e con il suo lavoro a Santo Domingo non sarebbe stato sufficiente sostenerle”. Spesso nei momenti di sconforto e malinconia pregare l’aiuta molto: “Se non fosse per la fede che ripongo in Dio, sarei caduta in depressione, ma ogni giorno mi sveglio la mattina “con la fuerza para luchar con el cuchillo entre los dientes” E cioè con la forza di lottare con il coltello tra i denti, parafrasando “con la forza di combattere sapendo che puoi farti del male”.Se vi capita di prendere la linea 3, cercate di osservare le persone: ognuna di loro porta con sé una storia da raccontare. Un breve viaggio condiviso, tante vite racchiuse in una vettura, vite diverse ma in fondo simili dove: ognuno aspetta la propria fermata.
(27 settembre 2016)
Ania Tarasiewicz
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