Espulsioni e respingimenti: le novità normative per la fase esecutiva

Espulsioni e respingimenti al centro di recenti novità normative in Italia, per quanto riguarda la fase esecutiva di alcuni provvedimenti in materia. A darne conto è il sito di Asgi – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione – dove è possibile consultare una scheda pratica aggiornata curata dall’avvocato Guido Savio, e realizzata con il sostegno della Società Open Foundations. Il documento fornisce varie linee guida nel campo del diritto, indicando fonti e forme di tutela giurisdizionale previste per i cittadini stranieri in arrivo nel nostro paese. Una sua analisi permette di individuare alcune questioni specifiche, che attestano la non piena corrispondenza tra provvedimenti comunitari e diritto nazionale.

La Direttiva rimpatri, datata 2008, ha aperto la strada ad una revisione del sistema. Questa Direttiva è stata attuata malamente e con ritardo attraverso la Legge 129/2011, che ha introdotto la possibilità di concedere un termine temporale per la partenza volontaria:
l’espulsione non può avvenire nell’immediato,
• non può essere eseguita in modo coatto.

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CIE: centro di identificazione e di espulsione dei migranti. Le forme di trattenimento e di espulsione sono oggetto di un documento pubblicato di recente sul sito di Asgi, contenente alcune novità normative in Italia.

Tuttavia, il contenuto del testo risulta avere scarsa applicazione. I casi di concessione di una scadenza di tempo per la partenza volontaria sono ancora rari, ed il sistema italiano non si mostra adeguato rispetto agli obblighi comunitari, in termini di modalità di svolgimento di espulsioni e respingimenti.

Il quadro tracciato da Savio sulle possibili modalità di esecuzione di provvedimenti legati a questa disciplina apre ad un richiamo alla legge Bossi-Fini del 2002, che ha stabilito la previsione dell’immediata esecutività dei provvedimenti espulsivi. La normativa indicava la volontà politica di allontanare velocemente gli stranieri che non avessero più il diritto di soggiornare legalmente in Italia, senza per loro la possibilità di rispondere a tale disposizione con un esercizio concreto del diritto di difesa.
Secondo la legge Bossi-Fini, anche nei casi di contestazione dell’atto giuridico, non è prevista la sospensione automatica dell’espulsione, così che un eventuale accoglimento del ricorso in opposizione è consentito solo ad esecuzione avvenuta. Al momento in questione, lo straniero si troverebbe già fuori il confine UE, senza potervi fare ritorno se non prima del rilascio di un nuovo visto di ingresso, allo stesso modo di chi entri per la prima volta in Italia da un paese terzo.
La previsione dell’immediata esecutività dei provvedimenti espulsivi è stata mantenuta dalle maggioranze governative fino al 2011, e per la tutela del diritto all’unità famigliare o per i soggiornanti di lungo periodo non sono state introdotte efficaci forme di attenuazione di una simile facoltà di espulsione. Il sistema italiano rivela ancora un eccesso di drasticità e rigidezza, fattori che concorrono a spiegarne l’inefficienza. Ne consegue che meno della metà delle espulsioni disposte risulta effettivamente eseguita.

La scheda pratica dell’avvocato Savio illustra le modalità di esecuzione di provvedimenti che mettono a rischio i diritti degli stranieri, e le riunisce in due principali macro opzioni:
L’espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. La persona può essere accompagnata in modo immediato e coattivo alla frontiera, oppure essere trattenuta all’interno di un Centro d’identificazione ed espulsione (CIE). Quest’ultima forma di trattenimento, in particolare, è applicabile anche nei casi di respingimenti differiti. O ancora, può prevalere l’ordine del questore di abbandonare il territorio dello stato entro sette giorni dalla notifica del provvedimento stesso. Anche tale modalità è applicabile ai respingimenti differiti.
La concessione di un termine per la partenza volontaria. Un simile procedere non è estendibile ai respingimenti.

La Direttiva rimpatri ammette la durata temporale da 7 a 30 giorni per la partenza volontaria nell’ambito di una decisione di rimpatrio. È bene precisare che l’ordinario svolgimento stesso delle espulsioni implica la partenza volontaria della persona.

Se subentrano ragioni tecniche, quali l’assenza di mezzi di trasporto, oppure difficoltà di identificazione dello straniero, gli stati membri possono rinviare l’allontanamento. A questo punto vengono disposti alcuni obblighi, allo scopo di evitare il rischio di fuga:
• l’obbligo di presentazione periodica all’autorità,
• una garanzia finanziaria,
• la consegna di documenti o l’obbligo di dimora.

Il ricorso a misure coercitive in vista dell’allontanamento della persona può verificarsi solo in un’ultima fase (in ultima istanza in accezione giuridica). Inoltre, l’adozione delle stesse è ammessa quando altre misure non si siano rivelate sufficienti, per esempio nei casi in cui ci sia il rischio di fuga o lo straniero ostacoli la preparazione del rimpatrio.

È previsto un ripetuto riesame del trattenimento di una persona, perché quando non appare più giustificato a livello di ordine giuridico o altro, la persona è immediatamente rilasciata.

Guardando al diritto interno e a come la Direttiva è stata recepita in Italia, emergono alcune criticità. La concessione del termine per la partenza volontaria rappresenta l’eccezione e non la regola “qualora non ricorrano le condizioni per l’accompagnamento immediato alla frontiera”: è evidente l’accezione in negativo dell’istituto.

CIE di Trapani
CIE di Trapani

Se l’espulsione non può essere compiuta immediatamente per ragioni tecniche, la persona viene trattenuta nei CIE: pertanto, non è ammesso il mero rinvio della sua esecuzione con la possibilità di disporre le misure inserite nella Direttiva. Il ricorso alla misura coercitiva del trattenimento avviene in via ordinaria, se non in caso di indisponibilità di posti nei centri specifici, e quindi secondo cause indipendenti dalla volontà dello straniero.

Il documento di Savio sottolinea che non è infrequente che l’ordinanza di accoglimento del ricorso venga depositata ad espulsione avvenuta, così da rivelarsi di poca utilità: l’iscrizione dello straniero al SIS – Sistema Informativo Schengen – viene revocata, e la persona non è più ammessa nell’area Schengen. Di fatto, non le è consentito il rientro in Italia, se non è in possesso di un visto per lavoro, famiglia ecc. L’annullamento dell’espulsione non abilita al reingresso dello straniero illegittimamente espulso.

L’istituto del riesame del trattenimento ad istanza di parte non è stato recepito nel diritto nazionale; conseguentemente, molti giudici non lo applicano, seppure la disposizione della Direttiva sarebbe direttamente applicabile perché sufficientemente chiara. Il diritto nazionale ammette la proroga del trattenimento quasi nei termini di un riesame dello stesso dove:
• la proroga è richiesta dalla Pubblica Amministrazione, e mira alla continuazione del trattenimento;,
• il riesame è chiesto dalla persona interessata ed è volto alla cessazione del trattenimento.

Un’ulteriore questione riguarda la previsione dell’obbligo di cessazione della misura del trattenimento, qualora vengano a cadere ragionevoli prospettive di allontanamento: questa non è contemplata nel diritto interno, così da rappresentare un altro passaggio di trasposizione parziale della Direttiva, in base alle disposizioni apportate con la legge 129/2011. La conseguenza, neanche a dirlo, è una minor tutela delle garanzie dei trattenuti.

Il documento di Savio Espulsioni e respingimenti: la fase esecutiva è consultabile nella sezione Documenti del sito di Asgi.

Clara Agostini
(5 ottobre 2016)

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