Festa del cinema di Roma: tra identità violate e ritrovate

Moonlight di Barry Jenkins, film d'apertura dell'undicesima Festa del Cinema di Roma. Fonte:romacinemafest.it
Moonlight di Barry Jenkins, film d’apertura dell’undicesima Festa del Cinema di Roma. Fonte:romacinemafest.it

Sono storie di persone alla costante ricerca della propria identità quelle che verranno presentate alla Festa del cinema di Roma, in programma dal 13 al 23 ottobre 201645 tra film e documentari, provenienti da 26 paesi, storie di identità non ancora trovate, o dolorosamente conquistate, poi perdute e a volte dimenticate nei labirinti di una memoria fragile.

Moonlight, il film di Barry Jenkings che aprirà il festival, è il racconto archetipico di Chiron, un ragazzo afroamericano che vive in una periferia segnata da droga e violenza, alla costante ricerca di se stesso, della sua identità affettiva e di un posto nel mondo.

La cultura non solo rende liberi, ma rende anche capaci di trovare la propria strada: The birth of a nation di Nate Parker è la storia vera di Nat Turner lo schiavo afroamericano che dopo aver imparato a leggere, divenne il capo carismatico della rivolta degli schiavi scoppiata in Virginia nel 1831.

La caja vacìa (The empty box), coproduzione franco-messicana ci porta nei meandri della memoria perduta e del desiderio continuo di ritrovare i propri ricordi e le proprie radici: Jazmin una ragazza di Città del Messico, scopre che suo padre, un clandestino haitiano che non vede da anni, è malato di demenza. Non ha nessuno al mondo e lei se ne deve prendere cura: tra tentativi di ricostruire il proprio passato attraverso una memoria sempre più offuscata e la voglia di conoscere una famiglia dispersa, la regista Claudia Sainte-Luce indaga i fragili rapporti tra padre e figlia e tra culture diverse.

Ancora famiglie e legami che neppure il tempo riesce a scalfire: Lion di Garth Davis è la storia di Saroo, un bambino indiano di 5 anni che si perde nelle strade di Calcutta. Adottato da una coppia australiana, non dimenticherà le proprie origini né la famiglia perduta,affrontando da adulto un lungo viaggio verso casa.

Famiglie distrutte e che vengono ricostruite in modi imprevedibili e teneri, come quelle del giapponese Nagai Iiwake/ The long excuse, in cui un uomo che ha appena perso la moglie in un incidente stradale decide di occuparsi dei figli di un altro uomo, anche lui rimasto vedovo nello stesso incidente.

Land of the little people indaga le radici profonde del conflitto, della guerra e della violenza: un gruppo di bambini decide di formare una banda e di usare come loro rifugio segreto una vecchia base militare. Ma un giorno degli intrusi inaspettati occuperanno il loro territorio: il regista israeliano Yaniv Barman sposta il conflitto nel microcosmo dell’infanzia, per farcene vedere i lati più oscuri.

Cosa significa essere una ragazza pakistana in Belgio ce lo racconta Stephan Streker nel suo Noces: quando due culture si incontrano i risultati non sono sempre prevedibili.

A volte la nostra identità è la causa della nostra sofferenza: è il caso della protagonista di Todo lo demás, un’impiegata che da oltre trent’anni compie gli stessi gesti, per poi tornare in una casa vuota, dimostrando a tutti che spesso è la quotidianità a ucciderci.

Altre volte invece l’identità è così forte da oltrepassare lo spazio e il tempo: il novantenne Andrzej Wajda, recentemente scomparso, racconta la storia del grande artista polacco Wladyslaw Strzeminski e del suo impegno politico.

Alice nella città, sezione autonoma del Festival, presenterà film provenienti da 19 Paesi e una giuria composta anche da ragazzi immigrati di seconda generazione: storie di integrazione, di culture diverse e di scontri tra identità. Come in Layla M. (di Mijke de Jong) giovane di origini marocchine, costretta a fare i conti con i pregiudizi nella Amsterdam spaventata dal terrorismo.   O storie di sogni che si infrangono contro la dura realtà: Jeffrey (di Yanillys Pérez), un bambino che vive nelle strade di Santo Domingo, vuole diventare un cantante, a dispetto delle sue origini e della violenza che lo circonda. Ancora storie di formazione, di bambini alla ricerca di loro stessi e della loro strada: Hunt for the wilderpeople ci porta nei boschi della Nuova Zelanda e nei complicati rapporti famigliari attraverso gli occhi di Ricky, un ragazzo dato in affidamento.

Elisa Carrara(12 ottobre 2016)

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