Accoglienza profughi: in cerca di una vita normale.

Accoglienza profughi: San Saturnino e la storia di tre ragazzi africani.

 

Qual è il prezzo per una vita migliore? Quanta fatica c’è dietro un’esistenza normale? E cosa si prova ad aiutare qualcuno a raggiungere tutto ciò? Le risposte a queste domande sono in tre nomi: Babakar, Mountaga e Salif. Poche e oscure sillabe che per la maggior parte di noi, forse, non significano nulla. Eppure dietro a queste lettere si nasconde la ricerca tutta umana di una vita, di una normalità, di un’esistenza ordinaria, ma che di ordinario non ha nulla. Arrivati dal Senegal (Babakar e Mountaga) e dal Mali (Salif) più di due anni fa, questi tre ragazzi di appena vent’anni sono stati accolti nella Parrocchia di San Saturnino, grazie al progetto “Ero forestiero e mi avete ospitato”, nato un anno fa, insieme all’iniziativa in collaborazione con la Caritas, “ProTetto.Rifugiato a casa mia”, rivolta alle famiglie. Un progetto che ha visto la mobilitazione di 38 Parrocchie e istituti religiosi, di 12 Municipi diversi, e che ha dato ospitalità e accoglienza a 86 persone (11 famiglie, 31 uomini e 19 donne), provenienti da 24 Paesi. Babakar, Mountaga e Salif hanno seguito per un anno i corsi di lingua, tutte le mattine alla Caritas diocesana; hanno avuto l’aiuto volontario di insegnanti due pomeriggi a settimana; hanno studiato l’italiano così bene racconta Don Marco Valenti, che “conoscono quasi tutte le parolacce”. Hanno imparato un mestiere. E alla fine hanno trovato un lavoro: Salif è un cameriere di un B&B, Babakar lavora in una sartoria e Mountaga in una tavola calda. Hanno conosciuto Roma, le sue bellezze e le sue ostilità. “Sono contenti, prendono un piccolo stipendio, lavorano qui nei dintorni. Babakar ha fatto anche una sfilata”. Ora cercano una casa, una stanza, un posto letto da dividere con altre persone: è questo l’ultimo passo da compiere per una completa integrazione e per una indipendenza lavorativa e sociale. Per ora, dice Don Marco, “vivono ancora da noi. Gli affitti della zona sono molto alti ed è improponibile per ragazzi come loro trovare posti in subaffitto qui. Perciò stiamo cercando qualcosa al di fuori di questa zona, ma non troppo lontano per via del lavoro”. Storie a lieto fine che dimostrano però quanta fatica c’è dietro una vita normale. Cosa accadrà è una storia ancora tutta da raccontare.

 

 

Elisa Carrara

(11 gennaio 2017)