Mercoledì 17 maggio alle ore 18.00 si è tenuta, presso la Pontificia Università Gregoriana, la prima giornata del corso di formazione organizzato dal centro Astalli “Diritti e Rovesci”, il cui tema quest’anno si concentra sulle politiche migratorie europee, con uno sguardo più approfondito sull’Africa, che ad oggi è il continente da cui traggono origine i maggiori flussi migratori diretti verso le nostre coste. Donatella Parisi, capo dell’ufficio stampa del Centro Astalli, sottolinea la necessità di guardare ai contesti che fanno da sfondo al fenomeno migratorio, al fine di non tralasciare un dato fondamentale nell’analisi delle strategie europee volte a gestire il fenomeno: ovvero il dato umano, le vite dei singoli e le motivazioni che spingono alle migrazioni forzate. L’obiettivo del corso, rivolto a volontari e operatori umanitari, è quello di “liberare l’immigrazione dall’uso strumentale e ideologico, smascherando le semplificazioni che dilagano ogni giorno sulle radio e sui giornali”, spiega in apertura ai lavori Padre Camillo Ripamonti, direttore del Centro Astalli. È fondamentale, per avere una prospettiva di ampio respiro, guardare alle persone, “ognuna delle quali ha il diritto al riconoscimento dei propri diritti, della propria dignità e della nostra considerazione”.Parte dai numeri Padre Fabio Baggio, sottosegretario del Dicastero Servizio Sviluppo Umano Integrale: stando agli ultimi dati delle Nazioni Unite, l’Africa ha registrato nel 2015 un numero pari a 20,6 milioni di migranti internazionali e 12 milioni di migranti intercontinentali. I migranti in Europa nel 2015 sono 9,2 milioni, un numero decisamente minore rispetto alle stime precedenti, ma assolutamente non trascurabile. Le cifre documentano il fatto che i flussi interni, in sensibile aumento negli ultimi 15 anni, sono maggiori di quelli esterni. Questo ci dice che la migrazione “sud-sud”, destinata a incrementare, porterà a una graduale chiusura dei circuiti migratori, per cui sempre più africani si sposteranno all’interno dell’Africa, così come sempre più asiatici migreranno verso i paesi dell’Asia. E questi dati indubbiamente sfatano anche il “mito delle invasioni”.Padre Baggio continua, ponendo l’attenzione sull’analisi del contesto africano. Perché la gestione del fenomeno migratorio non è semplicemente una questione di leggi: è necessario che l’Europa guardi alla complessità della crisi dei paesi africani, affinché prenda decisioni più efficaci e resistenti nel tempo. L’estrema povertà, generata da una forte asimmetria economica, così come da una pesante dipendenza successiva ai processi di decolonizzazione, è la causa primaria di queste migrazioni. Nel 2005, in Africa si registrava il 27% dello stock mondiale di rifugiati, pari a 4,4 milioni sui 16 mondiali. In tutto il mondo l’86% dei rifugiati è accolto dai paesi in via di sviluppo e tra i primi dieci paesi che ospitano i rifugiati, cinque sono africani: Etiopia, Kenya, Uganda, Repubblica Democratica del Congo e Ciad. Alla povertà si lega la crisi di sistemi politici instabili e corrotti, dittature e persecuzioni, che in tutto il mondo nel 2015 hanno spinto 19 milioni di persone a lasciare il proprio paese d’origine. Un elevato numero di questi vive in paesi africani, dove “molte persone escono di casa la mattina e non sanno se torneranno la sera”, commenta Padre Baggio. Importante non dimenticare un dato allarmante a livello mondiale: l’irreversibile cambiamento climatico del pianeta, che nel 2015 ha costretto alla fuga 8,6 milioni di persone.“Prima del crollo dei regimi dell’Africa del Nord, nel 2011, i paesi ricchi riuscivano a sostenere quelli del Terzo Mondo grazie a una politica di aiuti allo sviluppo. La divisione tra le due aree, prima di quella data, era più netta”. Lia Quartapelle, deputata del PD ed esperta di Africa, chiarisce che “ora è necessario un ripensamento di questi rapporti, perché le sfide globali, come quelle stabilite dall’Agenda 2030, ci riguardano tutti e l’impegno politico non deve essere semplicemente episodico, ma puntare a politiche più tecniche e operative”.Verso quale direzione l’Europa si sta muovendo oggi? “L’Europa oggi” spiega Quartapelle “ha una profonda consapevolezza che le sfide endemiche nel continente africano sono sfide che si impongono a livello globale. Le nuove politiche europee stanno agendo su tre nodi cruciali, che sono il controllo dei confini per limitare le azioni dei trafficanti, le operazioni navali nel Mediterraneo e in ultimo l’analisi delle cause strutturali della vicenda migratoria”. “Purtroppo” continua “se a livello europeo si stanno tracciando concrete linee d’azione, la politica dei singoli paesi membri appare ancora oggi poco strategica: il Consiglio Europeo nel 2015 aveva delineato i meccanismi di riallocazione dei migranti tra gli Stati membri. Entro luglio 2017, sarebbero dovuti essere riallocati 160.000 migranti, ma attualmente solo 4.000 di essi hanno trovato accoglienza in uno dei paesi dell’Unione. Alcuni paesi europei stanno facendo poco per gestire il problema”. “Un altro punto da considerare è anche la questione libica, un paese politicamente instabile, privo di un governo con cui poter dialogare in modo affidabile e continuo, senza contare che il recente dibattito politico per screditare le ONG probabilmente comprometterà proprio in Libia la libertà di azione di queste organizzazioni”.
Elisabetta Rossi
(24 maggio 2017)
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